Vespe e scarafaggi al guinzaglio

Dopo una lunga serie di analisi, un gruppo di ricercatori ha scoperto il funzionamento del trucco utilizzato da alcune specie di vespe per rendere gli scarafaggi dei veri e propri “zombie schiavizzati”. La ricerca spiega con precisione come, una volta punti, i malcapitati scarafaggi possano essere condotti da un insetto molto più piccolo di loro a morte certa. I ricercatori hanno dimostrato la loro teoria replicando in laboratorio l’effetto che avviene normalmente in natura, utilizzando uno specifico antidoto per risvegliare gli scarafaggi dal loro stato di trance.

Esmplare di Ampulex Compressa trafigge uno scarafaggioAmpulex compressa appartiene alla classe degli imenotteri ed è una grande cacciatrice di scarafaggi, vive principalmente nelle regioni tropicali dell’Africa, in India e in alcune isole del Pacifico. Molto simile a una vespa, ma appartenente alla superfamiglia Apoidea, questo insetto preda gli scarafaggi per nutrire le numerose larve delle sue nidiate. L’intero ciclo di vita della Ampulex compressa è basato su quello degli scarafaggi. A differenza di molti suoi simili, questo imenottero non paralizza le proprie prede con una dose di veleno per poi mangiarle o portarne i resti al sicuro nella propria tana: le schiavizza. La particolare sostanza velenosa emessa dal suo pungiglione lascia gli scarafaggi liberi di camminare, ma non di scegliere e decidere il momento e la direzione in cui muoversi.
Una volta avvelenata la preda, Ampulex compressa afferra le antenne dello scarafaggio e lo guida all’interno della propria tana. «Lo scarafaggio cammina come un cagnolino al guinzaglio» spiega Frederic Libersat della Ben-Gurion University (Israele), che ha condotto la ricerca e fornito nuovo materiale sul comportamento di numerosi imenotteri. Appena giunti a “casa”, Ampulex compressa depone un uovo sull’addome dello scarafaggio che, una volta trasformatosi in larva, divora la malcapitata preda.

Ampulex compressaNonostante il fenomeno fosse già conosciuto e documentato, Libersat e i suoi colleghi non erano ancora riusciti a spiegare esattamente il particolare comportamento di questo insetto con gli scarafaggi. «Sappiamo che l’imenottero inietta un cocktail molto ricco di tossine» ha dichiarato il ricercatore, ma non era ancora chiaro come il veleno potesse alterare così efficacemente, e subdolamente, il comportamento dello scarafaggio.
I ricercatori sapevano che, generalmente, le vespe tendono a pungere una prima volta gli scarafaggi per sottometterli, e una seconda nel loro cervello, probabilmente per bloccare qualche recettore chimico nel sistema nervoso delle loro prede.

Partendo da questa ipotesi, il team di ricerca ha scoperto che il particolare veleno iniettato da Ampulex compressa serve a bloccare l’ottopamina, uno specifico neurotrasmettitore fondamentale per organizzare comportamenti complessi come il muoversi e camminare. Iniettando una molecola in grado di riattivare l’ottopamina, i ricercatori sono riusciti a ripristinare le capacità motorie degli scarafaggi punti, ripristinando le facoltà del loro sistema nervoso centrale. Il segreto del veleno della Ampulex compressa sarebbe quindi la capacità di inibire alcuni recettori nervosi, rendendo le prede dei veri e propri zombie assoggettati al loro potere. Un meccanismo sorprendentemente complesso per un insetto grande poco più di un centimetro. [fonte principale: Nature]

Filmato: Ampulex compressa in azione

L’Antartide a portata di mouse

Grazie a servizi come Google Maps non c’è ormai angolo del Pianeta abitato che non sia facilmente esplorabile e raggiungibile con pochi click del mouse. Partendo da questo presupposto, un consorzio di agenzie e società scientifiche, tra cui spiccano la NASA e British Antarctic Survey, ha recentemente messo a disposizione degli internauti un intero sito dedicato al continente più gelido di tutto il nostro pianeta: l’Antartide.

Attraverso il mosaico di migliaia di fotografie satellitari ad altissima definizione, scattate da Landast 7, è possibile navigare tra i giganteschi crepacci di ghiaccio e tuffarsi là dove i ghiacci si trasformano nelle acque degli Oceani. Con i suoi 100 miliardi di pixel, il Landast Image Mosaic of Antarctica è dieci volte più dettagliato rispetto alle immagini satellitari finora raccolte sorvolando le distese ghiacciate dell’Antartide.
Grazie a questo gigantesco mosaico, i ricercatori potranno seguire in maniera molto più accurata l’evoluzione dei ghiacci e monitorarne movimenti e discioglimento. Per i profani si apre, invece, un viaggio mozzafiato verso i confini del Mondo.

 

Un parente stretto del vino rosso per curare il diabete

Alcune sostanze chimiche, che riproducono i medesimi effetti benefici di una molecola presente nel vino rosso, potrebbero costituire le basi per una nuova generazione di farmaci per la cura del diabete.

Il resveratrolo, un fenolo (composto aromatico) non flavonoide presente anche nel vino rosso, è in grado di attenuare gli effetti negativi di una alimentazione eccessivamente grassa, contribuendo a preservare il nostro organismo dalle gravi patologie collegate a un eccesso di grasso. Alcuni test in laboratorio hanno però recentemente dimostrato che la concentrazione del resveratrolo è molto bassa nel vino: ne occorrerebbero almeno quattro litri al giorno per poter beneficiare degli effetti positivi della molecola.
Un gruppo di ricercatori ha però scoperto alcuni composti chimici che imitano l’azione del resveratrolo anche a dosi molto più contenute. Queste nuove molecole si sono dimostrate estremamente efficaci nel trattare il diabete di tipo 2 (familiare non autoimmune) nei test di laboratorio, e potrebbero essere utilizzate presto anche nell’uomo.

Struttura chimica del resveratrolo [credit: Wikipedia EN]I farmaci derivati da queste molecole potrebbero costituire un’ottima alternativa alle cure, comunemente utilizzate per abbassare il livello di zuccheri nel sangue, come il rosiglitazone che ha però spesso considerevoli effetti collaterali legati a patologie cardiache.
Il segreto del resveratrolo è l’incredibile capacità della molecola di attivare una specifica proteina (SIRT1) in grado di condizionare il metabolismo. Partendo da questo presupposto, il team di ricercatori guidato da Christoph Westphal (Sirtris Pharmaceuticals – Massachussetts, USA) è andato alla ricerca di altre molecole in grado di stimolare la produzione della SIRT1. Dopo aver analizzato quasi mezzo milione di composti chimici, il gruppo di ricerca è riuscito ad isolare una molecola, SRT1720, mille volte superiore rispetto al resveratrolo.
I risultati della ricerca, pubblicata recentemente sulla prestigiosa rivista scientifica Nature, confermano l’importanza della scoperta di Westphal e dei suoi collaboratori. Nei test di laboratorio condotti sui roditori, la nuova molecola si è dimostrata estremamente efficace nel ristabilire i corretti livelli di insulina e ridurre la quantità di zucchero nella circolazione sanguigna. Il tutto a una velocità fino a cinque volte superiore rispetto ai tempi registrati con il resveratrolo.

Considerati i risultati incoraggianti ottenuti in laboratorio, nei primi mesi del 2008 inizieranno i primi test sugli esseri umani per la creazione di un nuovo farmaco contro il diabete. Solo registrando reazioni ed eventuali effetti collaterali sull’uomo, i ricercatori saranno in grado di capire l’effettiva sicurezza ed efficacia del nuovo principio attivo ottenuto grazie alla molecola SRT1720. Il passaggio da roditore a essere umano non è, infatti, mai scontato e potrebbe riservare qualche inaspettata sorpresa. Westphal e i suoi ricercatori sono comunque ottimisti e continuano a lavorare alacremente al loro progetto, fiduciosi nel verdetto finale dei trial clinici.

Un gene per spegnere il cancro

Un gruppo di ricercatori della University of Kentucky ha creato il primo essere vivente apparentemente immune al cancro e alle sue forme più aggressive. Questo considerevole passo avanti nella ricerca sui tumori è stato possibile grazie all’identificazione del gene “Par-4”, scoperto poco tempo fa da Vivek Rangnekar (UK College of Medicine – USA), un vero e proprio benefattore in grado di uccidere le cellule tumorali lasciando intatte quelle sane.

Rangnekar è riuscito ad allevare in laboratorio una generazione di topolini che non solo godono di ottima salute, ma possiedono anche il gene Par-4 che assicura loro l’immunità dal cancro. Rispetto ai loro “colleghi” del gruppo di controllo, i topolini con il gene Par-4 vivono mediamente un mese in più senza contrarre particolari patologie, un indicatore molto importante per verificare la non tossicità dell’innesto genetico.
«Abbiamo scoperto per la prima volta il gene Par-4 nella prostata, per poi renderci conto che il medesimo gene era presente anche all’esterno di essa. Par-4 si è manifestato in tutti i tipi di cellula che abbiamo analizzato ed è in grado di indurre a morire un ampia gamma di cellule tumorali, incluse naturalmente quelle del cancro alla prostata» ha dichiarato Rangnekar , per poi aggiungere: «Questo gene killer è molto selettivo quando si tratta di uccidere le cellule tumorali. Non uccide mai le cellule sane ed è quindi tra le pochissime molecole selettive conosciute fino ad ora per questo importantissimo scopo».

dna.jpgPer approfondire le loro conoscenze sul gene, il team di ricercatori guidato da Rangnekar ha introdotto Par-4 in alcuni embrioni di topo, animali che manifestano molto raramente questo gene. A differenza dei loro genitori, i cuccioli della seconda generazione hanno espresso in maniera diffusa il gene Par-4. Gli studi si sono rivelati molto promettenti e potrebbero presto condurre a una nuova cura genica contro numerose forme di tumore

L’innovativa ricerca è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Cancer Research e ha già destato l’interesse della comunità scientifica, specialmente dei tanti genetisti impegnati ogni giorno nello studio di nuove cure contro il male del millennio. I risultati ottenuti dal prof. Rangnekar aggiungono un ulteriore tassello al complicatissimo mosaico della cura genetica.
È naturalmente ancora presto per arrivare alla produzione di nuovi farmaci, il passaggio da topo a essere umano non è certo scontato e richiederà numerose ricerche. Tuttavia, a differenza dei tradizionali trattamenti chemioterapici e di radioterapia, l’utilizzo del gene Par-4 potrebbe consentire cure molto più efficaci e mirate, eliminando i numerosi effetti collaterali dei già validi presidi terapeutici utilizzati contro i tumori. Un’opportunità da non perdere, per la ricerca e per tutti noi.

HiRISE immortala Spirit nel suo viaggio invernale su Marte

Spirit, fotografato da HiRISE [credit: hirise.lpl.arizona.edu]Il sensore ottico dell’High Resolution Imaging Science Experiment (HiRISE) montato sulla sonda spaziale Mars Reconnaissance ha immortalato ad altissima definizione l’area di Marte nota come “Home Plate” nel cratere di Gusev.
Mars Reconnaissance ha sorvolato questo settore il 27 settembre di quest’anno: osservando attentamente l’immagine è possibile scorgere Spirit, il Rover atterrato ormai tre anni fa – era il gennaio del 2004 – sul suolo marziano.

Il Rover Spirit [credit: NASA]Spirit continua il proprio viaggio vero il centro della “Home Plate” dove manterrà inclinati i propri pannelli solari per captare un po’ di luce, e quindi energia, nel lungo e oscuro inverno marziano. “Home Plate” è una vera e propria piattaforma naturale, creatasi probabilmente in seguito a un’antica eruzione che devastò e ridisegnò completamente l’area.
L’immagine a colori fornita dai sensori di HiRISE è stata creata utilizzando le porzioni di blu e rosso dello spettro del visibile. La fotografia è stata scattata dalla sonda a un’altitudine di circa 270 chilometri rispetto al suolo di Marte. Da quella distanza, l’occhio di HiRISE è in grado di distinguere perfettamente oggetti grandi almeno 81 centimetri. Al momento dello scatto il Sole si trovava a circa 56 gradi sull’orizzonte del cielo invernale di Marte.

Immagine a colori della Shalbatana Vallis [credit: hirise.lpl.arizona.edu]Il centro di controllo per HiRISE si trova presso l’Università dell’Arizona negli Stati Uniti, poco distante da Flagstaff la città del Grand Canyon. Grazie ai suoi sofisticati sensori, HiRISE è la fotocamera più potente fino ad ora realizzata per l’esplorazione di un pianeta diverso dalla Terra. Da quando ha raggiunto l’area di Marte nel 2006, la sonda spaziale Mars Reconnaissance ha inviato migliaia di immagini estremamente suggestive e accomunate da un altissimo valore scientifico. Generalmente, una singola immagine catturata da HiRISE misura 20,000 pixel per 50,000 (è quindi 50 volte più larga della colonna di testo che state leggendo ora) e occupa diversi gigabyte, tanto da richiedere circa tre ore di calcolo ai computer della NASA per elaborare correttamente ogni singolo scatto.

La saliva delle piante carnivore, pesticida del futuro?

Le piante carnivore integrano la loro dieta povera, dovuta al suolo privo di sali minerali in cui crescono, intrappolando e digerendo insetti e piccoli artropodi. Mentre un tempo si pensava che le piante appartenenti al genere Nepenthes catturassero le loro prede con un semplice sistema passivo, una innovativa ricerca pubblicata sulla rivista scientifica PLoS One ha svelato come queste particolari piante utilizzino una secrezione simile alla saliva per imprigionare le loro vittime.

“Anatomia” di un esemplare di Nepente [credit: honda-e.com]Attraverso un’attenta e accurata analisi, i ricercatori Laurence Gaume e Yoel Forterre (rispettivamente dell’Università di Montpellier e dell’Ateneo di Marsiglia) hanno dimostrato come il fluido contenuto all’interno del calice della pianta sia sufficientemente viscoso da impedire a una preda di fuggire, anche in presenza di un diluente come le gocce d’acqua di un acquazzone del Borneo.
Charles Darwin, il padre della teoria dell’evoluzione, fu tra i primi uomini di scienza ad osservare e descrivere il meccanismo della Nepente. Come molti altri botanici che seguirono, egli ipotizzò che la sostanza viscosa presente all’interno della pianta fosse utilizzata unicamente per digerire la preda, e non per intrappolarla.

Esemplari di Nepenthes [credit: tropicaldesigns.com]Gaume e Forterre hanno così deciso di unire le loro rispettive conoscenze in biologia e fisica per risolvere l’arcano legato alla Nepente. I due ricercatori hanno così scoperto il ruolo fondamentale del liquido secreto dalla pianta per catturare le prede. Per arrivare a questa conclusione, Gaume e Forterre hanno utilizzato sofisticate telecamere in grado di riprendere immagini ad altissima velocità.
Osservando la dinamica di numerosi insetti catturati dalla pianta, è stato possibile determinare con precisione l’incredibile efficacia del liquido viscoso secreto dalla Nepente. Anche in presenza di una diluizione superiore al 90%, la “saliva vegetale” si è dimostrata estremamente efficace compiendo a dovere il proprio dovere, intrappolando la preda senza lasciarle alcuno scampo. Analizzando alcuni campioni, i due ricercatori sono stati in grado di carpire il segreto del viscoso liquido secreto dalla pianta. Questo fluido è infatti composto da migliaia di microscopici filamenti viscoelastici dotati di una eccezionale resistenza, in grado di non lasciare scampo agli insetti che, nel tentativo di liberarsi, segnano progressivamente la loro condanna avviluppandosi intorno agli appiccicosi filamenti.

Le incredibili proprietà viscoelastiche del fluido rimangono praticamente invariate anche ad altissime diluizioni, dimostrando la grande capacità di adattamento di questa pianta ai climi estremamente umidi in cui vive. La consistenza del liquido ricorda molto quella della saliva prodotta da molti rettili e anfibi, che la utilizzano per scopi molto simili durante la loro caccia agli insetti.
I due ricercatori francesi cercheranno ora di comprendere la composizione chimica di questo liquido, unico nel suo genere in tutto il regno vegetale, e già si ipotizzano i primi usi per l’impiego di pesticidi completamente eco-compatibili., basati su questo fluido, da impiegare nelle piantagioni.

https://youtu.be/_mLGDvO9xfo