Alberi a metano

credit: planetware.comIl metano può essere prodotto dalle piante? Da tempo numerosi ricercatori stanno tentando di dare una risposta a questa domanda. Alcuni ipotizzano che i vegetali siano in grado di produrre il noto gas naturale e che la quantità prodotta sia pari al 10 – 30% delle emissioni di metano su scala globale. Una prima ipotesi in merito fu formulata nel corso del 2006 e sembra abbia da poco trovato una parziale conferma.

Secondo un recente studio, infatti, gli alberi trasporterebbero il metano prodotto dai microorganismi che vivono nel suolo dalle radici alle foglie, liberando infine il gas nell’atmosfera. Tale condizione spiegherebbe come mai le quantità di metano rilevate tendono ad aumentare più del previsto nelle aree tropicali umide, dove le zone paludose favoriscono i processi di decomposizione in ambiente anaerobico del materiale organico, ovvero la formazione del gas naturale. Leggi tutto “Alberi a metano”

Le angiosperme conquistarono il Pianeta grazie alle loro foglie

fogliaLe angiosperme sono le piante più diffuse al mondo e contano diverse centinaia di migliaia di specie diverse. Ma come ha fatto questa divisione di piante a colonizzare così efficacemente buona parte del mondo?

Per lungo tempo scienziati ed esperti di botanica hanno attribuito questo successo planetario ai fiori delle angiosperme e agli efficaci sistemi per veicolare i pollini tramite gli insetti, gli animali e le condizioni atmosferiche. Una recente ricerca potrebbe ora sovvertire tale impostazione, spostando l’attenzione dei ricercatori verso le foglie. Secondo un gruppo di studiosi, infatti, le angiosperme avrebbero vinto la competizione con le altre piante grazie al maggior numero di nervature sulle loro foglie. Leggi tutto “Le angiosperme conquistarono il Pianeta grazie alle loro foglie”

Al Bombus terrestris piace caldo

apefiore.jpg

Una ricerca pubblicata diverso tempo fa sulla prestigiosa rivista scientifica Nature ha svelato una peculiarità davvero inaspettata dei bombi (Bombus terrestris) e di altri insetti impollinatori.

Per questi piccoli insetti, una corretta amministrazione delle energie diventa fondamentale per mantenere una buona autonomia, in grado di assicurare non solo il volo da fiore a fiore, ma anche un ritorno rapido e sicuro al favo. L’evoluzione ha quindi premiato quegli esemplari maggiormente predisposti a conservare energia, selezionando nuove generazioni costituite da elementi sempre più efficienti e autonomi. Leggi tutto “Al Bombus terrestris piace caldo”

Così le piante sopravvissero al disastro atomico di Chernobyl

Ciò che resta del reattore di Chernobyl
Ciò che resta del reattore di Chernobyl

Nonostante sia stato lo scenario del più grave incidente nucleare della storia, alberi, piante e cespugli continuano a proliferare intorno al comprensorio del dismesso reattore nucleare di Chernobyl, in Ucraina. Ma come hanno fatto questi vegetali a sopravvivere e a ripopolare la zona del disastro?

La risposta sembra giungere da una recente ricerca condotta su alcune specie vegetali nei dintorni del reattore nucleare. I ricercatori hanno infatti scoperto alcuni cambiamenti nelle proteine di alcune piante di soia nei pressi di Chernobyl che potrebbero spiegare come la vegetazione sia riuscita a sopravvivere nonostante la costante esposizione alle radiazioni.

Nell’aprile del 1986 un reattore della centrale nucleare ucraina esplose, dando origine a una nube radioattiva che contaminò buona parte del comprensorio e i cui effetti sono ancora oggi rilevabili, come la presenza di cesio-137. L’area compresa in un raggio di 30 Km dal reattore è tuttora off-limits per gli alti livelli di radioattività. La contaminazione ha portato a numerosi casi di deformazioni nella fauna, ma non ha sostanzialmente impedito alla flora di prosperare e diventare rigogliosa, a tal punto da rendere quasi incredibile che in quel luogo 23 anni fa si sia potuto scatenare un inferno atomico. Leggi tutto “Così le piante sopravvissero al disastro atomico di Chernobyl”

Il mais era utilizzato dai coltivatori già 9000 anni fa

maisQuello tra mais e genere umano è un rapporto di lunga data. Un gruppo di ricercatori ha da poco scoperto le tracce più antiche finora conosciute del cereale, risalenti a circa 9.000 anni fa, in un’area del Messico. Il ritrovamento è molto importante, poiché sembra dimostrare come i primi coltivatori se ne cibassero invece di ottenere solamente alcune bevande alcoliche come finora ipotizzato.

I passaggi che portarono all’adozione della coltivazione del mais costituiscono da tempo un enigma per gli antropologi. Fino a ora molti ricercatori avevano ipotizzato una lontana parentela tra il teosinte (una pianta selvatica che cresce in alcune aree del Messico) e il mais senza però trovare prove sufficienti per dimostrare la loro ipotesi. Nel 2002, un gruppo di ricerca riuscì infine a trovare una prova inconfutabile analizzando il patrimonio genetico delle due piante e giungendo alla conclusione che il mais è un parente del teosinte. Leggi tutto “Il mais era utilizzato dai coltivatori già 9000 anni fa”

Afidi, provetti parassiti e muratori kamikaze

Molti di voi lo troveranno difficile da credere, ma anche insetti apparentemente semplici come gli afidi sviluppano una forte collaborazione sociale per il bene delle loro colonie. Per proteggere le loro tane, gli afidi sono in grado di riparare e rigenerare le piante che – loro malgrado – li ospitano, come ha dimostrato una recente scoperta.

Galla contenente afidi (credit: ag.arizona.edu)
Galla contenente afidi (credit: ag.arizona.edu)

Generalmente siamo portati a immaginare gli afidi come semplici parassiti impegnati a trascorrere la loro vita sulle foglie delle piante, dalle quali traggono nutrimento attraverso il rostro del loro apparato buccale. La vita per questi piccoli insetti è invece molto più complicata. Per sopravvivere, infatti, numerose specie devono costruirsi all’interno della pianta che le ospita un riparo in grado di ospitare la loro colonia. Le galle, le tane degli affidi, sono generalmente delle escrescenze che si formano sulle foglie, sui rami, sulle parti superficiali del tronco e che richiedono la costante manutenzione da parte di alcuni esemplari “soldato”.

Nel corso di uno studio su questi insetti condotto nel 2003, il ricercatore Takema Fukatsu (National Institute of Advanced Industrial Science and Technology di Tsukuba – Giappone) e i suoi collaboratori scoprirono come gli afidi soldato della specie Nipponaphis monzeni fossero in grado di svolgere una mansione mai osservata prima: riparare le galle della colonia. Forti eventi climatici o l’intervento di altri insetti ghiotti di vegetali, come i bruchi, possono rompere la membrana delle galle che ospitano le colonie, rendendo così visibili e vulnerabili gli afidi nei confronti dei predatori. Fukatsu osservò che, quando si verifica uno squarcio in una tana, gli afidi soldato si dirigono rapidamente verso il foro e iniziano a colmare la ferita con i loro fluidi vitali, depositando il loro sangue particolarmente ricco di zuccheri. Leggi tutto “Afidi, provetti parassiti e muratori kamikaze”