I brillamenti solari scuotono il Sole come una campana

Brillamento solare [credit: http://www.noaanews.noaa.gov]Le eruzioni esplosive solari (brillamenti) fanno vibrare il Sole quanto una campana, almeno secondo i ricercatori Christoffer Karoff e Hans Kjeldsen della Università di Aarhus (Danimarca). Dalle loro ricerche è infatti emerso come i brillamenti sugli strati più esterni della nostra stella causino profonde vibrazioni nell’intero corpo celeste, in modo analogo alla Terra quando viene sconquassata da un potente terremoto.

Un’eventualità del genere fu ventilata per la prima volta già nel 1970, ma solamente in via del tutto teorica. Secondo i ricercatori artefici della scoperta “sul campo”, il fenomeno potrebbe aiutare a comprendere con maggior precisione le leggi fisiche che regolano l’esistenza del Sole, ma anche a elaborare nuovi modelli sui cicli di vita delle stelle esterne al nostro sistema solare. I risultati delle loro importanti osservazioni saranno presto pubblicati sulla rivista scientifica Astrophysical Journal Letters.

L’eliosismologia, ovvero lo studio delle oscillazioni del sole, è una tecnica molto affidabile utilizzata ormai da tempo per studiare la struttura fisica del Sole, come la sua divisione in strati e livelli differenti di gas incandescenti e plasma (gas ionizzati, dotati quindi di carica elettrica totale pari a zero, ovvero nulla). Generalmente, le oscillazioni sono causate dalla natura estremamente turbolenta del Sole, che comporta la risalita di materiale caldo dalla parte centrale dell’astro verso l’esterno. Giunto negli strati più superficiali, il materiale tende a raffreddarsi divenendo quindi più pesante e risprofondando nelle “viscere” del Sole. Questi moti convettivi (simili, banalizzando molto, agli spostamenti dei chicchi di riso in una pentola con l’acqua in ebollizione) creano un vero e proprio rumore di fondo, innescando una vibrazione continua dell’intera stella. Leggi tutto “I brillamenti solari scuotono il Sole come una campana”

Sviluppato il raggio laser più intenso del mondo

Oltre a essere il nome di un eroe mitologico, Hercules è anche un innovativo e potente raggio laser sviluppato da alcuni ricercatori della University of Michigan (USA). Grazie a una particolare tecnologia, il team di ricerca è infatti riuscito a produrre un raggio laser con un altissimo grado di intensità, mai raggiunto prima.

Hercules, il laser più intenso mai realizzato fino ad ora [credit: Anatoly Maksimchuk/EECS]L’intensità di un raggio laser è data dalla quantità di energia che esso è in grado di veicolare in una certa unità di tempo in una determinata area. Il raggio dei record, progettato alla University of Michigan, sfrutta una quantità molto bassa di energia (circa 20 joule, un confetto TicTac è 400 volte più energetico) obbligata a passare in un microscopico foro di 1,3 micrometri di diametro, cento volte più sottile di un capello umano, per appena 30 femtosecondi (10-15 secondi, ovvero un milionesimo di miliardesimo di secondi).
Da ciò ne deriva che l’intensità complessiva del raggio laser è pari a 2×1022 watt per centimetro quadrato: il doppio rispetto al massimo grado di intensità raggiunto prima. Leggi tutto “Sviluppato il raggio laser più intenso del mondo”

Rubbia: Il nucleare in Italia? Non risolverebbe il problema dei costi energetici

Nel corso di una recente trasmissione televisiva, il premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia ha spiegato la sua visione sul delicato tema dell’energia nucleare. A chi propone la tecnologia delle centrali nucleari come unica risposta al problema di approvvigionamento energetico per l’Italia, Rubbia ha risposto con queste parole.

Carlo Rubbia«Dobbiamo tener conto che il nucleare è un’attività che si può fare soltanto in termini di tempo molto lunghi. Noi sappiamo che per costruire una centrale nucleare sono necessari da cinque o sei anni, in Italia anche dieci. Il banchiere che mette 4 – 5 miliardi di Euro per crearla riesce, se tutto va bene, a ripagare il proprio investimento in circa 40 – 50 anni.

«C’è un secondo problema: un errore che spesso la gente compie. Si pensa che il nucleare possa ridurre il costo dell’energia. Questo non è vero: un recente studio ha dimostrato, per esempio, che i costi per il nucleare in Svizzera continueranno ad aumentare.
I costi per il nucleare variano notevolmente da paese a paese: in Germania ha un prezzo di circa due volte e mezzo in più rispetto a quello francese. Ciò è dovuto al fatto che il nucleare in Francia è stato finanziato per anni dallo Stato, quindi dai cittadini. Ancora oggi, le 30.000 persone che lavorano per il nucleare francese sono pagate grazie agli investimenti massivi dello Stato. L’aumento del numero di centrali atomiche nel mondo in questi ultimi anni ha causato, inoltre, un considerevole aumento del costo dell’Uranio, che difficilmente tornerà a scendere. Il nucleare è dunque molto costoso, anche nel lungo periodo. Leggi tutto “Rubbia: Il nucleare in Italia? Non risolverebbe il problema dei costi energetici”

Il fiume che creò una montagna

Non sempre l’erosione comporta l’abbassamento di una montagna. È quanto sostiene un gruppo di ricercatori, che ha da poco studiato un particolare caso in cui un fiume non ha scavato, ma creato una montagna: un chiaro esempio di come la combinazione di clima, movimenti tettonici ed erosione possa portare a risultati a dir poco sorprendenti e controintuitivi.

Il fiume Yarlung Tsangpo ha scavato una profonda gola nel massiccio Namche Barwa-GyalaIl fiume Yarlung Tsangpo scorre attraverso le montagne dell’Himalaya in Tibet ed è uno dei fiumi più alti e impervi del mondo. Durante il suo lungo corso, oltre 1.700 km, il fiume percorre un dislivello di circa 3000 metri portando con sé, nella sua rapida corsa, terra e detriti. In prossimità del massiccio Namche Barwa-Gyala, il fiume percorre una gola profonda 5.000 metri, scavata dalle sue acque nel corso dei millenni. E proprio in questo punto altamente scenografico, i ricercatori sono giunti a una scoperta curiosa quanto inaspettata.

Movimento della placca indiana verso il continente asiaticoMentre la maggior parte delle cime dell’Himalaya lungo il corso del fiume Yarlung Tsangpo sono cresciute in maniera uniforme nel corso degli ultimi 50 milioni di anni, il massiccio di Namche Barwa-Gyala è cresciuto dieci volte più rapidamente. Alcune sue vette hanno già raggiunto i 7700 metri di altezza in meno di due milioni di anni, secondo le rilevazioni del gruppo di ricercatori che ha pubblicato la singolare scoperta sulla rivista scientifica GSA Bulletin della Geological Society of America.
Il singolare fenomeno, che i geologi hanno classificato come “aneurisma tettonico”, è avvenuto poiché nel suo rapido fluire il fiume Yarlung Tsangpo ha scavato ed eroso un consistente “spicchio” di un quadrante della placca indiana. Questo fenomeno di alleggerimento ha consentito a una piccola parte della placca di sollevarsi con maggiore rapidità rispetto alle altre sue aree, spingendo sempre più in alto le vette del massiccio Namche Barwa-Gyala.

Rappresentazione grafica dell’interno della Terra [credit: Wikipedia]Il geologo Noah Finnegan della Cornell University (USA), che ha coordinato la ricerca, non ha dubbi: «C’è un’evidenza inconfutabile che l’erosione abbia consentito alla montagna di crescere». Lo studio consolida le teorie secondo cui l’erosione rivesta un ruolo molto importante nelle dinamiche geologiche che interessano la crosta terrestre. L’Himalaya si conferma, ancora una volta, un’area cardine per lo studio e l’approfondimento delle dinamiche geofisiche del nostro irrequieto e al tempo stesso magnifico Pianeta. [fonte principale: Science]

Nuova ricerca consolida le basi della Teoria della relatività

“Einstein si era sbagliato” è ciò che pensano numerosi fisici che da anni cercano di confutare, o perlomeno ridimensionare, le rivoluzionarie scoperte del fisico tedesco che cambiarono radicalmente il nostro modo di pensare le leggi della fisica. Purtroppo per loro, i “confutatori cronici” non avranno vita facile, dopo che una recente ricerca ha consolidato le già solide basi della teoria della relatività di Einstein.

Paradosso dei gemelli: il gemello che viaggia a una velocità simile a quella della luce invecchia più lentamente rispetto al gemello sulla Terra [credit: sol.sci.uop.edu]La teoria della relatività ristretta unisce il tempo e lo spazio in un’unica entità, lo spaziotempo, che si presenta in maniera molto differente tra due osservatori che si muovono in un sistema relativo. Banalizzando molto, immaginiamo di trovarci dinanzi a due lampioni che si accendono nello stesso identico momento. Osservandoli noteremo le due lampadine accendersi e fornire luce nei medesimi istanti. Ora immaginiamo di poterci muovere verso i lampioni a una velocità vicina a quella della luce. Quando le lampadine si accenderanno, noteremo che esse iniziano a emettere luce in momenti diversi. Allo stesso modo, un orologio che viaggia a una velocità simile a quella della luce muoverà la propria lancetta dei secondi più lentamente rispetto a quanto farebbe se fosse al vostro polso. E ancora, se potessimo viaggiare a una velocità molto vicina a quella della luce invecchieremmo molto più lentamente rispetto agli essermi umani “fermi” sulla Terra.

Questa “dilatazione temporale” potrebbe apparire pretestuosa, se non addirittura campata in aria. Eppure, nel 1907, Einstein propose un esperimento per verificare la propria teoria. Gli atomi e gli ioni emettono rispettivamente una particolare luce, e la lunghezza d’onda della luce è paragonabile allo  scandire regolare dei secondi di un orologio. Partendo da questi presupposti, Einstein ipotizzò che se gli ioni fossero stati accelerati a una velocità vicina a quella della luce, il tempo avrebbe subito un rallentamento e di conseguenza sarebbe cambiata la lunghezza d’onda della luce emessa. In pratica, a quella velocità gli ioni avrebbero emesso una luce contraddistinta da una frequenza minore.

Schema semplificato di un’onda [fonte: Wikipedia]Il prof. Gerald Gwinner ha testato, con il suo team di ricerca della University of Manitoba (Winnipeg – Canada), la “dilatazione temporale” con l’esperimento suggerito dallo stesso Einstein. Utilizzando un acceleratore di particelle, i ricercatori hanno fatto raggiungere ad alcuni ioni di litio una velocità pari al 6% della velocità della luce per poi bombardarli con alcuni raggi laser per stimolarne l’emissione di radiazioni. Il team di ricerca ha poi misurato la frequenza della luce emessa dagli ioni scoprendo, con una precisione di 1 a 10 milioni, che essa rallenta come previsto dalla teoria della relatività ristretta.
L’eccezionale risultato, 100.000 volte più preciso e accurato rispetto a un analogo esperimento effettuato nel 1938, è stato recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Nature Physics. Naturalmente anche questo test non dimostra l’assoluta certezza di quanto sostenuto da Einstein – è impossibile fornire una prova certa – ma riduce considerevolmente le probabilità che la teoria della relatività non sia corretta.
Un risultato niente male per una teoria concepita cento anni fa…

Celle combustibili più efficienti grazie ai batteri

Apportando particolari modifiche a un prototipo di celle a combustibile, un gruppo di ricercatori è riuscito a far produrre idrogeno a dei comunissimi batteri con un altissimo grado di efficienza. Coadiuvato dai suoi colleghi della Penn State University, il prof. Bruce Logan era già riuscito a dimostrare con successo la possibilità di produrre energia elettrica grazie ad alcuni microbi. Ora, partendo da materiali molto semplici, il team di ricerca è riuscito a “convincere” quelli stessi microbi a produrre idrogeno.

credit: psu.edu Dopo aver sperimentato alcune modifiche, migliorando il microclima per i batteri e modulando alcune piccole scariche elettriche, il gruppo di ricercatori è riuscito nella considerevole impresa di portare la produzione di idrogeno da esseri viventi a un nuovo record.
«Abbiamo ottenuto la più alta produzione di idrogeno mai raggiunta con questo tipo di procedimento legato a sorgenti organiche. Utilizzando l’aceto abbiamo raggiunto un efficienza produttiva pari al 91%, con la comune cellulosa il 68%» ha dichiarato entusiasta Bruce Logan, responsabile del progetto scientifico. Nella maggior parte degli esperimenti, praticamente tutto l’idrogeno contenuto nelle molecole di partenza è stato convertito dai batteri in gas, con un efficienza che potrebbe aprire le porte per una nuova era nella produzione di idrogeno per celle a combustibile su larga scala.
I risultati della ricerca sono stati recentemente pubblicati sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences.

Cella combustibile [credit: nsf.gov] Esistono altri sistemi che consentono la produzione di idrogeno su larga scala, ma praticamente nessuno raggiunge il livello di efficienza energetica. «Questo è possibile perché i batteri sono in grado di estrarre con estrema rapidità ed efficacia l’energia dalla materia organica» ha dichiarato Logan.
I ricercatori coinvolti nello studio intendono ora perfezionare ulteriormente la loro scoperta, rendendo l’habitat dei batteri nella cella a combustibile sempre più simile a quello in cui normalmente vivono. Ciò dovrebbe aumentare ulteriormente l’efficienza energetica ottenuta fino a dieci volte rispetto ai processi di elettrolisi oggi esistenti. La nuova cella a combustibile potrebbe rendere molto più performanti numerosi dispositivi, nonché accelerare l’eterna gestazione dell’auto a idrogeno.