Chi dorme conserva i ricordi

credit: pending

Com’è noto, la stanchezza non aiuta la memoria: la carenza di sonno per una notte passata in bianco, per esempio, può renderci smemorati e “assenti” il giorno seguente. Secondo una nuova ricerca scientifica, la mancanza di sonno distrugge una specifica molecola presente nei circuiti della memoria del nostro cervello rendendo difficoltosi i meccanismi legati ai ricordi.

I ricercatori hanno scoperto che la privazione del sonno interrompe l’accumulo dei ricordi, un processo che comporta la formazione di nuove connessioni tra i neuroni o il rafforzamento dei collegamenti già in atto. Tale meccanismo impiega solitamente alcune ore per giungere a termine e richiede un complesso e intricato sistema molecolare per poter funzionare.

Determinato a scoprire il legame tra mancanza di sonno e smemoratezza, Ted Abel (University of Pennsylvania – USA) ha studiato insieme ai propri colleghi i segnali elettrici emessi da alcune aree dell’ippocampo (il centro della memoria del cervello) di alcune cavie animali private delle loro ore di sonno. Il team di ricerca ha analizzato la long term potentiation (LTP), un processo che porta a una serie di modificazioni molecolari e al rafforzamento delle connessioni tra i neuroni nei centri della memoria, inducendo alcune stimolazioni chimiche o elettriche in alcune zone dell’ippocampo.

Tale sperimentazione ha consentito ai ricercatori di notare livelli più bassi (-50%) di adenosina monofosfato ciclico (cAMP) nelle cavie private del sonno rispetto al gruppo di controllo con un normale ciclo veglia – sonno. Il cAMP è una sorta di “messaggero” molecolare che trasferisce i segnali tra le proteine e – in questo caso specifico – tra le molecole che regolano i meccanismi legati alla formazione dei ricordi. Il gruppo di ricerca ha così approfondito le indagini intorno al cAMP rilevando nel cervello delle cavie con carenza di sonno quantità superiori del 40% dell’enzima PDE4A5 rispetto al gruppo di controllo. L’enzima in questione è un tipo di fosfodiesterasi ed è in grado di disgregare il cAMP.

dormireI ricercatori hanno così deciso di somministrare un farmaco alle cavie private del sonno per inibire l’effetto del PDE4A5 e di altri enzimi simili. Il principio attivo del farmaco (Rolipram) ha riportato a una normale LTP e dunque alla possibilità per i neuroni di collegare e rinforzare nuovamente le loro connessioni. Ottenuto “l’antidoto”, il gruppo guidato da Abel ha condotto una serie di test per verificare i ricordi delle cavie attraverso la somministrazione di alcune piccole scariche elettriche associate a diverse gabbiette.

Le cavie mantenute sveglie per circa 5 ore hanno fallito buona parte dei test, mentre un altro gruppo di cavie sempre private del sonno ma trattate con Rolipram hanno portato a termine il compito loro assegnato, dimostrando di essere in grado di gestire i ricordi come le cavie riposate del gruppo di controllo. La mancanza di circa metà della quantità di sonno giornaliera grazie all’inibizione dell’enzima non ha portato ad alcuna interruzione dei meccanismi legati alla memoria.

L’importante risultato ottenuto da Abel e colleghi è stato pubblicato sulla rivista scientifica Nature e potrebbe portare presto a nuovi importanti risultati sulle nostre conoscenze legate agli effetti del sonno sul nostro cervello. Ulteriori ricerche potrebbero consentire la creazione di nuovi protocolli di cura utili per i soggetti affetti da patologie che disturbano i naturali ritmi sonno – veglia.

Una risposta a “Chi dorme conserva i ricordi”

  1. Vale sempre l’antico adagio secondo il quale chi dorme lavora per se stesso. Anche se sarebbe tanto bello poter dormire un po’ meno e leggere un po’ di più…ricordando tutto.

    Pierbacco

I commenti sono chiusi.