Cocktail oceanico

“Perché non mischiamo le acque degli oceani per raffreddare il Pianeta?”
Questa la singolare proposta espressa da James Lovelock e Chris Rapley in una lettera aperta alla prestigiosa rivista scientifica Nature.

Schema del ciclo di emissione e assorbimento di CO2 degli oceani [photo credit: Planktos.com]Secondo Lovelock, passato alla cronaca per la sua controversa teoria sulla capacità della Terra di “curarsi” da sola, e il curatore del London Science Museum Rapley, si potrebbero utilizzare delle imponenti tubature verticali per mescolare le acque ricche di nutrienti vegetali dei fondali marini con le acque di superficie, meno dense e povere di vegetazione. Ciò comporterebbe un maggior consumo di anidride carbonica (CO2) grazie alla fotosintesi delle alghe, con un conseguente abbattimento della concentrazione di gas serra nell’atmosfera.
Nella loro lettera aperta pubblicata su Nature, i due autori ammettono che quella del “cocktail oceanico” sia ancora una semplice idea, perfetta nella teoria, ma difficile da applicare nella pratica. Lovelock e Rapley sono però convinti che solamente utilizzando le enormi potenzialità naturali ed energetiche del Pianeta sarà possibile arrestare il surriscaldamento globale.

Sommità di un “pozzo di pompaggio oceanico” [photo credit: Atmocean]Quella di mescolare le acque degli oceani può apparire un’idea balzana e irrealizzabile, eppure un’azienda di Santa Fe (New Mexico – USA) sta cercando già da alcuni mesi di creare un sistema per il pompaggio verticale dell’acqua oceanica.
Secondo Phil Kithil, amministratore delegato della Atmocean, un utilizzo intensivo dei sistemi di pompaggio potrebbe raddoppiare la capacità degli oceani di sottrarre anidride carbonica dall’atmosfera. La sua azienda ha già sviluppato un particolare tipo di tubi galleggianti larghi tre metri e lunghi 300m in grado di svolgere perfettamente il compito suggerito da Lovelock e Rapley.

L’idea di rendere più fertile gli oceani per aumentare la loro capacità di assorbimento dell’anidride carbonica non è una novità. Il biologo ed oceanografo David Karl (University of Hawaii, USA) si dedica da molti anni allo studio delle alghe e dei loro nutrienti coinvolti nei cicli di emissione e assorbimento della CO2.
Interessato a misurare l’effettiva capacità delle acque oceaniche di “ripulire l’aria”, il prossimo anno Karl condurrà un esperimento su larga scala utilizzando le strumentazioni messe a disposizione dalla Atmocean. Raccolti i dati, Karl cercherà poi di calcolare il bilancio finale del processo comparando la quantità di anidride carbonica riportata in superficie dalle profondità oceaniche con quella effettivamente assorbita dalle alghe.

onda.jpgAlcuni scienziati temono infatti che il bilancio finale del processo proposto da Lovelock e Rapley possa essere negativo.
Secondo i detrattori del “cocktail oceanico”, le sostanze presenti nelle profondità oceaniche contengono ingenti quantità di anidride carbonica che, una volta portate in superficie a una pressione molto più bassa, potrebbe liberarsi rapidamente nell’atmosfera come avviene con le bollicine in un bicchiere d’acqua gassata.
Inoltre, per estrarre l’acqua dalle profondità oceaniche sarebbero necessarie ingenti quantità di energia che, allo stato, non potrebbero essere ottenute da fonti rinnovabili e a basso impatto (anche se la Atmocean afferma che per il suo sistema sia sufficiente l’energia fornita dai moti ondosi).
Nonostante le numerose stroncature di questa teoria, David Karl prosegue con pionieristico ottimismo le sue ricerche: “È un progetto magnifico, anche se so che potrebbero esserci forti difficoltà per tramutare la teoria nella pratica…”