Dalle pentole allo spazio: come si fa il Teflon?

Le pentole antiaderenti ci consentono di cucinare senza far attaccare i cibi, ma come funzionano di preciso?

padelleLa maggior parte dei contenitori per la cottura dei cibi presenti sul mercato utilizzano come rivestimento il Teflon, un materiale con un basso coefficiente di attrito scoperto quasi per caso nel lontano 1938 da Roy Plunkett, un ingegnere americano della società Du Pont. Teflon è il nome commerciale del prodotto, mentre la sostanza che lo costituisce si chiama politetrafluoroetilene (PTFE).

Fino agli anni Cinquanta ingegneri e tecnici faticarono non poco per trovare la giusta destinazione d’uso per il Teflon, fino a quando il francese Marc Grégoire ne ipotizzò un utilizzo domestico e iniziò a commercializzare le prime pentole antiaderenti della storia sotto il nome Tefal. Constatato il successo dei nuovi recipienti per la cottura dei cibi, numerosi altri produttori seguirono la medesima strada della Tefal producendo numerose linee di pentole e padelle rivestite con il Teflon.

Il medesimo materiale, resistente e in grado di diminuire sensibilmente l’attrito, fu anche utilizzato nei cuscinetti a sfera “autolubrificanti”, eliminando così la necessità di dover periodicamente lubrificare le sfere che costituivano i medesimi cuscinetti. Negli anni seguenti nuovi studi indagarono le proprietà del Teflon, giungendo alla conclusione che la sostanza potesse essere utilizzata in numerosi altri ambiti.

Il Teflon, infatti, non subisce l’azione di alcuna sostanza chimica comune, compresi gli acidi bollenti e gli alcali, rivelandosi persino immune all’acqua ragia; solamente il sodio fuso e il fluoro a temperature estremamente elevate sono in grado di danneggiarlo sensibilmente. Grazie alla sua considerevole inerzia chimica, il Teflon non contamina i cibi con i quali viene in contatto, lasciandone inalterate le caratteristiche. Un particolare non indifferente e non solo per la cucina, ma anche per la chirurgia.

Struttura chimida del Teflon (credit: Wikipedia IT)
Struttura chimida del Teflon (credit: Wikipedia IT)

Se integra e ben trattata, questa particolare sostanza non ha, infatti, alcun effetto sui tessuti umani. Il Teflon è stato così utilizzato spesso nella chirurgia sostitutiva per l’applicazione delle protesi, specialmente nelle articolazioni artificiali grazie alla sua capacità di rendere le superfici estremamente scivolose riducendo l’attrito. Il Teflon ha poi una notevole resistenza elettrica, che lo rende ideale per il rivestimento dei fili; conserva inoltre la sua flessibilità anche a temperature estreme (da -270 °C a +260 °C) rivelandosi molto utile per isolare i componenti elettrici nei veicoli spaziali, esposti al calore bruciante del sole e al gelo dell’ombra terrestre.

Tali caratteristiche sono dovute alla particolare composizione chimica del Teflon. La sua molecola è costituita da una lunga serie di atomi di carbonio, a ciascuno dei quali sono collegati due atomi di fluoro. I legami chimici tra queste due sostanze sono estremamente forti e conferiscono una notevole inerzia e antiaderenza al politetrafluoroetilene.

Ma come riuscì Roy Plunkett a creare il Teflon? Tutto iniziò, pare, dall’osservazione di una sostanza depositatasi all’interno di una bombola di gas occlusa. L’ingegnere partì dal freon 22, un gas refrigerante, che riscaldato dà origine al gas tetrafluoroetilene. Sottoponendo questo aeriforme miscelato con un perossido a una pressione di circa 45 atmosfere, Plunkett ottenne una polvere di politetrafluoroetilene che rese plasmabile sottoponendola ad altissime temperature.

Per produrre i recipienti antiaderenti, la polvere di Teflon viene generalmente disciolta in acqua e poi applicata sui contenitori che vengono successivamente esposti ad altissime temperature per fissare la pellicola sulla loro superficie. Benché il Teflon sia completamente inerte, si consiglia sempre di iniziare la cottura dei cibi con il recipiente freddo, senza scaldarlo prima per evitare danni alla pellicola protettiva o lo sprigionamento di sostanze tossiche dovute agli additivi utilizzati nella fabbricazione. Sempre a titolo precauzionale, i produttori di recipienti per la cottura foderati con il Teflon consigliano di sostituire i loro contenitori non appena la pellicola antiaderente presenta le prime scalfiture.