Il buco nero più leggero finora scoperto

Un gruppo di astronomi ha da poco scoperto quello che appare come il buco nero più piccolo mai identificato dall’uomo nel Cosmo. La nuova tecnica che ha consentito l’insolita scoperta potrebbe aiutare i ricercatori ad affinare le loro conoscenze sui processi che portano alla formazione di questi oggetti spaziali estremamente massivi.

Mutuando un famoso detto, si potrebbe dire che il destino di una stella risiede nella sua massa. Le nane rosse, stelle grandi meno di un terzo del nostro Sole, apparentemente non sembrano destinate a morire. Le stelle supergiganti, invece, vivono generalmente alcuni milioni di anni prima di esplodere trasformandosi in supernove, per poi collassare in buchi neri. Tale processo avviene, secondo le teorie più accreditate, quando la massa della stella è pari, o superiore, a tre volte quella solare, altrimenti il corpo celeste si trasforma in una stella di neutroni.
Da tempo gli astrofisici cercano di capire con precisione quali siano le modalità e la soglia esatta in grado di portare una supernova a trasformarsi in un buco nero o in una stella di neutroni.

Poiché questi corpi celesti non possono essere osservati direttamente, gli astronomi analizzano gli effetti collaterali sulle stelle e sui campi gravitazionali prossimi al luogo in cui si trovano i buchi neri. Questo metodo di osservazione si rivela generalmente efficace, ma non consente di osservare buchi neri con caratteristiche vicine alla fatidica soglia pari a tre volte la massa del Sole. Non a caso, il buco nero più “leggero” identificato prima della recente scoperta aveva una massa pari a 6,3 volte quella solare.
Determinati ad affinare il metodo di ricerca e analisi dei buchi neri, due astrofisici del Goddard Space Flight Center della NASA hanno utilizzato una innovativa tecnica che gli ha consentito di trovare il più leggero buco nero finora conosciuto, caratterizzato da 3,8 masse solari in orbita a circa 10.000 anni luce (9,4×1016 Km) dalla Terra nella costellazione Altare. I ricercatori sono riusciti a compiere la scoperta grazie alla sonda Rossi X-ray Timing Explorer, utilizzata per registrare le esplosioni cicliche di materiale stellare ai margini del buco nero.

L’importane scoperta, preziosa per comprendere i meccanismi che portano alla formazione delle stelle di neutroni o dei buchi neri, è stata recentemente pubblicata sulla rivista scientifica Astrophysical Journal. I dati raccolti sembrano confermare, almeno indirettamente, le teorie e i modelli matematici elaborati per calcolare la soglia che determina la nascita di una stella di neutroni o di un buco nero. Il nuovo metodo utilizzato dai ricercatori del Goddard Space Flight Center non è ancora pienamente riconosciuto dalla comunità scientifica, ma i risultati ottenuti – in sintonia con studi precedenti – sembrerebbero confermare l’affidabilità delle procedure di ricerca messe a punto dagli astrofisici della NASA.