Luna 40 anni fa: 21 ore di magnifica desolazione

Dopo aver messo piede sulla Luna a distanza di circa 6 ore e mezza dall’allunaggio, Armstrong procede quasi immediatamente al recupero di un campione di suolo lunare, una precauzione per scongiurare una ripartenza di emergenza senza aver raccolto almeno qualche etto di minerale.

credit: nasa.gov

Così l’astronauta descrive al centro di controllo le sue prime impressioni lunari:

La superficie è fina e polverosa. Posso prenderne poca con le dita. Aderisce in strati sottili come il carbone in polvere alla suole e ai lati dello stivale. Sprofondo per una piccola frazione di pochi centimetri. Forse un ottavo di pollice, ma posso vedere le impronte dei mie stivali tra i granelli di sabbia.

Direi che non c’è alcuna difficoltà nel muoversi come avevamo previsto. È persino più facile che nelle simulazioni a 1/6 della forza di gravità che abbiamo sperimentato a terra. Non è affatto difficoltoso muoversi. Il motore per la discesa non ha lasciato un cratere di alcuna dimensione. Ci sono circa 30 cm di spazio vuoto al suolo. Siamo sostanzialmente in un’area molto pianeggiante qui.

Da Houston ogni parola pronunciata da Armstrong viene trascritta e soppesata, le informazioni che giungono dalla Luna sono fondamentali non solo per il buon esito dell’Apollo 11, ma anche per le prossime missioni previste dal programma spaziale. L’astronauta effettua numerose fotografie del modulo lunare, utili per valutare le condizioni dell’Eagle dopo l’allunaggio, e colloca una telecamera a una dozzina di metri dal LEM.

Alcuni minuti dopo, anche Buzz Aldrin scende dall’Eagle raggiungendo il suolo lunare e divenendo così il secondo uomo a mettere piede sulla Luna. La sua prima frase è tanto sintetica quanto efficace:

Una magnifica desolazione.

I due sperimentano poi il modo migliore per muoversi sul suolo lunare. Armstrong qualche minuto prima aveva parlato di “grande balzo per l’umanità”, sullla Luna occorrono invece tanti piccoli saltelli per muoversi con sufficienti agilità e velocità. Ogni movimento va comunque pensato con largo anticipo, confidano i due astronauti a Houston.

Non senza difficoltà, gli astronauti montano la bandiera degli Stati Uniti e ricevono pochi minuti dopo una breve telefonata dal presidente Richard Nixon, che saluta Aldrin e Armstrong e si complimenta per l’importante risultato ottenuto. Il tempo è scarso e le cose da fare ancora molte.

credit: nasa.gov

I due posizionano l’Early Apollo Scientific Experiment Package (EASEP), un kit studiato dalla NASA per analizzare i lunamoti e fornire tramite un laser retro-riflettente un punto valido per misurare l’esatta distanza della Luna dalla Terra. Mentre Aldrin si allontana di circa 120 metri dal LEM per fotografare il Cratere Orientale, Armstrong si industria per raccogliere il materiale lunare utilizzando un martelletto. A causa delle tute e delle condizioni di luce e gravità, il lavoro si rivela estremamente faticoso e viene interrotto prima del previsto.

A fatica, i due issano i 22 Kg di materiale roccioso raccolto nell’Eagle e le strumentazioni utilizzate per immortalare il suolo lunare. Una volta al sicuro nel LEM, Armstrong e Aldrin si preparano per raggiungere nuovamente l’orbita della Luna e ricongiungersi con Collins a bordo del Columbia dopo alcune ore di riposo.

A 21 ore e 30 minuti circa dall’allunaggio, i due astronauti danno il via al motore di ascesa e iniziano il loro viaggio di ricongiungimento verso il Columbia. Le prime comunicazioni da parte dell’Eagle sono molto tranquillizzanti:

È stato magnifico. 7,9, 10,9 metri al secondo in ascesa.

Mentre abbandonano la Luna, Armstrong e Aldrin si lasciano alle loro spalle un’impresa epica resa possibile in meno di un decennio. La placca recante l’incisione:

Qui uomini dal pianeta Terra fecero
il primo passo sulla Luna Luglio, 1969 d.C.
Siamo venuti in pace per tutta l’umanità

diventa sempre più piccola all’orizzonte mentre fervono i preparativi per il rendezvous con il Columbia.

La strada verso casa è però ancora lunga.

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