Narcolessia, malattia autoimmune? Una nuova ricerca sembra confermarlo

dormireSono milioni le persone che in tutto il mondo soffrono di narcolessia, la malattia del sonno. Da tempo si indagano le cause che portano a questa particolare patologia con esiti talvolta molto promettenti. Di recente, per esempio, un gruppo di ricercatori è riuscito a ricollegare la narcolessia a due geni contenenti le informazioni per il sistema immunitario, suggerendo dunque che la malattia sia di tipo autoimmune. La nuova scoperta potrebbe portare a nuove e più efficaci procedure di cura per i narcolettici.

Mediamente, la narcolessia interessa un individuo su 2000 e possiede dunque un’incidenza sulla popolazione paragonabile ad altre gravi malattie come la sclerosi multipla. La patologia comporta la comparsa di numerosi sintomi, che variano solitamente da una incontrollabile sonnolenza diurna a colpi di sonno improvvisi, passando per la catalessia (impossibilità di contrarre volontariamente i muscoli). La malattia non può essere curata e dunque chi ne soffre è obbligato ad assumere diversi farmaci lungo il corso della giornata per mantenere sotto controllo il sonno.

Emmanuel Mignot, ricercatore della Stanford University School of Medicine di Palo Alto (California), è un vero esperto delle patologie legate al sonno e studia ormai da 20 anni la narcolessia. Nel corso degli anni Novanta, insieme al suo team di ricercatori, Mignot ha scoperto che la narcolessia è in parte dovuta alla mancanza di ipocretina – un ormone prodotto dal cervello per mantenere vigile il nostro organismo e quello di numerose specie animali. Nei pazienti narcolettici, il sistema per produrre l’ormone è presente, ma mancano le cellule deputate alla sua materiale produzione. Partendo da questo presupposto e dalle sue precedenti ricerche, Mignot è giunto alla conclusione che nei narcolettici qualcosa distrugga le cellule produttrici di ipocretina.

Chi soffre di narcolessia risulta solitamente positivo a una specifica variante dell’antigene umano leucocitario (HLA). In un individuo sano, l’HLA ha il compito di stimolare le risposte immunitarie dell’organismo presentando alle cellule immunitarie i patogeni, ovvero quegli agenti biologici che possono causare una malattia se non contrastati da una reazione immunitaria. Quando questo meccanismo si inceppa, a causa di una variante genetica, si scatenano delle reazioni autoimmuni che portano il sistema immunitario a scambiare l’organismo come un patogeno da combattere e debellare. Una reazione di questo tipo potrebbe dunque spiegare l’assenza delle cellule preposte alla creazione dell’ipocretina.

Per verificare l’ipotesi, Mignot ha coinvolto nella propria ricerca una intera rete di genetisti. I ricercatori hanno analizzato il DNA di circa 4mila volontari in possesso dell’HLA legato alla narcolessia, metà dei quali narcolettici. Il codice genetico ha così rivelato la presenza di un altro gene che regola le cellule T – le cellule immunitarie incaricate di distruggere gli intrusi all’interno del nostro organismo – e che le istruisce sulla reazione da assumere quando le molecole di HLA presentano loro i patogeni. La variante genetica riscontrata fa sì che le cellule T e l’HLA lavorino insieme per distruggere le cellule deputate alla creazione dell’ipocretina, innescando così il meccanismo che porta alla narcolessia.

Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Nature Genetics, è il primo a portare prove concrete su una possibile reazione autoimmune alla base dell’insorgenza della narcolessia. Benché la ricerca non spieghi perché le cellule T attacchino proprio le cellule produttrici di ipocretina e non altri apparati cellulari, i risultati raggiunti costituiscono un considerevole passo in avanti nella comprensione della malattia del sonno. Una volta confermata la natura autoimmune della patologia, i ricercatori potranno elaborare nuovi protocolli di cura più efficaci per arginare le reazioni autoimmuni e consentire all’ipocretina di svolgere il proprio compito.