OGM contro l’infarto

Alcune particolari qualità di piante geneticamente modificate, in grado di produrre omega-3 con i loro oli essenziali, potrebbero costituire un’ottima protezione contro l’infarto e altre patologie vascolari. Utilizzando questi vegetali nella nutrizione degli animali, si potrebbero aumentare sensibilmente le quantità di omega-3 nella dieta senza intaccare le riserve ittiche sempre più scarse.

La lunga catena degli acidi grassi omega-3 [credit: Wikipedia IT]Le catene di acidi grassi EPA e DHA, contenute principalmente nell’olio di tonno, salmone e sgombro, possono fornire un’alta protezione contro le malattie cardiovascolari a rallentare la degenerazione neuronale negli anziani, nonché favorire lo sviluppo delle capacità mentali del feto nel grembo materno.
Gli esperti raccomandano di assimilare almeno 450mg di oli contenenti omega-3 ogni giorno, ma la maggior parte degli adulti ne assume mediamente la metà. Tra gli adolescenti, la quantità precipita ad appena 100mg al giorno, meno di un quarto della razione giornaliera consigliata. La carenza di questi importanti nutrienti può avere numerosi effetti negativi sulla salute delle persone maggiormente predisposte a patologie vascolari e di degenerazione cerebrale.
Il progetto europeo Lipgene raccoglie circa 200 scienziati ed economisti, impegnati da numerosi anni nello studio di precise strategie per aumentare l’assunzione di omega-3 nella dieta dei cittadini europei. Un’analisi svolta dal progetto ha dimostrato che la spesa per implementare l’uso di omega-3 si tradurrebbe in un considerevole risparmio per le cure sanitarie.

Secondo Ian Givens, professore alla University of Reading (Regno Unito) e membro del progetto Lipgene, una soluzione per la scarsa assunzione di omega-3 potrebbe essere l’integrazione di questi nutrienti nei cibi maggiormente graditi dai consumatori. «Ci eravamo posti l’obiettivo di raggiungere la quantità di 300mg di EPA e DHA in una porzione di carne da 200g. L’obiettivo è stato raggiunto e, se questa strategia venisse applicata in maniera estensiva, potremmo arrivare a un consumo giornaliero effettivo di 120-130mg al giorno di omega-3». Per ottenere questo risultato, Givens ha sperimentato un innovativo alimento per il pollame, basato su un mangime ricco di oli ottenuto dai pesci. Nonostante i risultati incoraggianti, questa soluzione non ridurrebbe però il depauperamento delle riserve ittiche mondiali.
Per molti ricercatori l’unica soluzione sostenibile per aumentare i livelli di omega-3 nella nostra dieta sarebbe il ricorso agli organismi geneticamente modificati: «È l’unica strada percorribile. In natura non esistono piante in grado di sintetizzare gli omega-3, per questo motivo la genetica è quindi la nostra unica alternativa» ha dichiarato il ricercatore Johnathan Napier.

EPA e DHA sono normalmente prodotti da alcune microscopiche alghe marine, che costituiscono la principale fonte di alimentazione per i piccoli pesci, che danno il via alla diffusione di questi acidi grassi nella catena alimentare. Napier ha così prelevato alcuni geni dalle alghe e li ha inseriti nelle piante di colza, che hanno così iniziato a sintetizzare gli oli ricchi di omega-3. Questi OGM potrebbero essere impiegati negli allevamenti, con benefici sia per il bestiame che per i consumatori delle loro carni. Questi oli sarebbero inoltre privi di contaminazioni da mercurio, un metallo sempre più presente in mare e di conseguenza in numerose specie ittiche.
La proposta di Napier ha naturalmente destato molta inquietudine tra i convinti oppositori all’introduzione degli OGM nella nostra alimentazione. Ancora una volta occorrerà capire, in maniera scientifica e rigorosa, se i vantaggi offerti dalle carni ricche di omega-3 supereranno i potenziali svantaggi di una tecnologia le cui conseguenze sono ancora poco note.

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