Passione e lungimiranza riportano in vita dopo 40 anni le prime foto della Luna

Che cosa ci fanno 2.000 fotografie ad alta definizione del suolo lunare in un McDonald’s? Questa è la loro incredibile storia.

lunaTutto ebbe inizio 43 anni fa circa, quando gli Stati Uniti erano impegnati in una corsa contro il tempo per conquistare la Luna prima del blocco sovietico. In vista dello sbarco sul nostro satellite naturale, tra il 1966 e il 1967 la NASA aveva inviato cinque sonde nello spazio per immortalare il suolo lunare e studiare le aree migliori per l’atterraggio delle missioni Apollo. Ogni sonda era equipaggiata con due telescopi – in grado di visualizzare oggetti nell’ordine di grandezza di un metro – e alcune particolari fotocamere Kodak dotate di pellicola da 70 millimetri. Una camera oscura a bordo provvedeva a sviluppare le immagini che venivano poi trasmesse verso la Terra. Le cinque sonde effettuarono complessivamente 2.000 scatti della Luna.

Alcune immagini consentirono agli esperti della NASA di approfondire le loro conoscenze per identificare il luogo più adatto per la discesa dei moduli delle missioni Apollo, ma buona parte delle pellicole non furono nemmeno analizzate: l’obiettivo era raggiungere la Luna prima dei sovietici e gli aspetti puramente scientifici passavano spesso in secondo piano. Talune fotografie, come il primo scatto che ritraeva il nostro pianeta nella sua totalità, furono anche mostrate al pubblico ma attraverso una grezza riproduzione con pellicole da 35 millimetri, molto meno dettagliate rispetto agli scatti originali. Nel 1969, le nuove immagini provenienti dal primo sbarco sulla Luna fecero rapidamente dimenticare le 2.000 fotografie delle cinque sonde della NASA, che finirono così presto nel dimenticatoio.

Tre anni dopo, l’esperienza delle missioni Apollo era ormai esaurita, e l’attenzione verso la Luna da parte dell’opinione pubblica e della politica statunitense iniziò a scemare. Per un soffio le pellicole delle foto scattate tra il 1966 e il 1967 rischiarono di finire al macero, ma l’intervento tempestivo della lungimirante archivista della NASA Nancy Evans consentì di salvare tutte le bobine. Incontrando non poche difficoltà, la scienziata ottenne uno spazio in un magazzino dell’ente spaziale americano per conservare il prezioso materiale in attesa di una possibile archiviazione.

Nancy sapeva che per preservare le pellicole era necessario entrare in possesso di una macchina in grado di leggerle, un visore FR-900 Ampex estremamente costoso (300mila dollari) e pesante (circa una tonnellata) del quale erano esistenti solamente una dozzina di unità in tutti gli Stati Uniti. L’archivista tentò di ottenere i costosi macchinari dalla NASA, ma invano: l’ente non era intenzionato a spendere una cifra così esorbitante per salvare fotografie reputate ormai datate e poco utili.

Finalmente, nel corso degli anni Ottanta Nancy ottenne ben tre visori da una base aerea statunitense e un quarto macchinario per vie maggiormente traverse, nessuno dei quattro era tuttavia funzionante. Non volendo gravare ancora una volta sulla NASA, la donna decise di immagazzinare nel suo garage i quattro macchinari in attesa di possibili nuovi sviluppi. L’archivista propose qualche tempo dopo alla NASA di riparare i visori, ma l’ente si tirò rapidamente indietro quando i tecnici stimarono in 6 milioni di dollari la spesa per rendere nuovamente funzionanti i vecchi macchinari.

Gli anni Novanta passarono veloci, senza alcuna novità per le pellicole ancora consegnate al silenzio in un capannone della NASA. Esasperata, nel 2005, Nancy Evans decise di farsi avanti pubblicamente chiedendo l’aiuto di appassionati e autodidatti per dare una svolta al suo annoso problema. L’appello colpì Dennis Wingo, un convinto sostenitore delle spedizioni spaziali gestite dai privati e non dai governi, che grazie a una serie di conoscenze riuscì in breve tempo a ottenere un po’ di spazio all’Ames Research Center della NASA in California.

La Terra sorge sull'orizzonte lunare (credit: NASA.gov)
La Terra sorge sull'orizzonte lunare (credit: NASA.gov)

I visori furono così traslocati dal garage di Nancy al McDonald’s ormai dismesso presente all’interno del famoso centro di ricerca. Là dove si consumavano panini e patatine fritte, troneggiavano ora i macchinari FR-900 Ampex. Insieme a Ken Zin, un vero esperto di paleo-elettronica, il gruppetto di appassionati guidato da Wingo identificò il visore meglio conservato e iniziò a cannibalizzare gli altri per ottenerne uno completamente funzionante. Il loro lavoro fu accolto con favore dai responsabili dell’Ames Research Center che, mano ai bilanci, riuscirono a elargire 100mila dollari per contribuire alla complessa operazione di restauro di un FR-900 Ampex.

Dopo numerosi insuccessi, verso la fine dello scorso anno gli appassionati sono finalmente riusciti a raggiungere il loro intento. A distanza di circa 43 anni, la mitica immagine con l’alba del nostro Pianeta vista dalla Luna è tornata alla sua sorprendente definizione iniziale. Così anche la suggestiva fotografia dell’immenso cratere Copernico, esteso oltre 90 km e profondo quasi 4 Km, è tornata da poco a fare bella mostra di sé. Due successi fenomenali, che potrebbero essere ora ripetuti per tutte le 2.000 fotografie custodite nelle preziose pellicole tornate da poco a una seconda vita.

Il progetto è costato fino a ora 250mila dollari, una cifra ben distante dagli oltre 6 milioni di dollari stimati dai tecnici della NASA. Dopo quattro decenni, le immagini mostrano ora il loro inestimabile valore scientifico: la loro alta definizione consentirà infatti agli astronomi di comprendere come sia cambiato il suolo lunare negli ultimi 40 anni, un particolare fondamentale per organizzare al meglio le prossime missioni per colonizzare la Luna.

Senza lo straordinario impegno di Nancy Evans, Dennis Wingo, Ken Zin e di tutti coloro che hanno creduto nel progetto di recupero di quelle immagini, oggi saremmo orfani di un passaggio fondamentale nella storia delle esplorazioni spaziali. La caparbietà e la lungimiranza di poche persone hanno salvato dall’oblio un intero pezzo di umanità.

3 risposte a “Passione e lungimiranza riportano in vita dopo 40 anni le prime foto della Luna”

  1. Pingback: CattivaMaestra
  2. Complimenti, Anecòico. Un bellissimo pezzo degno del miglior giornalismo scientifico. Pierbacco

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