Perché i cammelli hanno le gobbe? A che cosa servono?

Secondo una credenza popolare molto diffusa, i cammelli userebbero le curiose gobbe che hanno sul dorso per conservare l’acqua, così da consentire a queste “navi del deserto” di percorrere grandi distanze sotto al sole cocente senza alcun bisogno di bere. Nulla di più sbagliato.

Le gobbe dei cammelli non sono riserve d’acqua, ma veri e propri serbatoi di emergenza in cui conservare il grasso, da cui possono trarre le energie quando il cibo scarseggia. La maggior parte dei mammiferi immagazzina il grasso in eccedenza in uno strato omogeneo, generalmente collocato intorno agli organi vitali, così da proteggerli e mantenerli al caldo. I cammelli, però, vivono in ambienti aridi caratterizzati da temperature diurne molto alte e, a differenza di molti altri loro colleghi mammiferi, hanno la continua esigenza di eliminare il calore in eccesso. Leggi tutto “Perché i cammelli hanno le gobbe? A che cosa servono?”

Gli uccelli migratori ricorrono al doping per i loro lunghi spostamenti

Calidris pusilla (credit: bio-diversity-nevis.org)
Calidris pusilla (credit: bio-diversity-nevis.org)

Affrontare i lunghi spostamenti tra i due emisferi per gli uccelli migratori è un’esperienza massacrante, così alcune specie ricorrono a soluzioni che ricordano da vicino il doping negli sport. Ogni anno, per esempio, gli esemplari di Calidris pusilla compiono un lungo viaggio dall’area dell’artico canadese fino alla loro “residenza” invernale nell’America del Sud, una delle migrazioni più ad ampio raggio finora conosciute.

Mentre affrontano il viaggio, questi particolari volatili fanno scalo tecnico nella Baia di Fundy (costa orientale del Canada) per assumere la loro sostanza dopante: alcuni gamberetti estremamente nutrienti. Gli individui di Calidris pusilla si nutrono infatti per due settimane degli esemplari di Corophium volutator, dei piccoli gamberetti estremamente ricchi di omega-3, i famosi acidi grassi polinsaturi indicati spesso come valido integratore per tenere a bada le patologie cardiache nell’uomo e alcuni stati depressivi. Leggi tutto “Gli uccelli migratori ricorrono al doping per i loro lunghi spostamenti”

Perché le tartarughe possono vivere così a lungo?

Le tartarughe sono tra gli esseri viventi più antichi della Terra, sopravvissuti a un’epoca addirittura precedente a quella in cui comparirono i dinosauri. Le tartarughe palustri e marine, come dice il loro stesso nome, passano la maggior parte della loro vita in acqua, mentre le testuggini entrano nelle acque solamente per bere o raffreddare la loro temperatura corporea.

Testuggine delle Isole Galapagos [credit: newt.com]La maggior parte di questi rettili vive fino a tarda età e numerosi aneddoti e fonti storiche testimoniano efficacemente la longevità di questi animali. Nel 1766, l’esploratore francese Marc-Joseph Marion du Fresne portò sull’isola di Mauritius un esemplare di testuggine, catturata 28 anni prima nell’Oceano Indiano. Adattatasi perfettamente all’ecosistema dell’isola, l’animale morì nel 1918, a 152 anni dal proprio sbarco alle Mauritius. La testuggine visse quindi fino alla considerevole età di 180 anni. Sono noti numerosi casi di testuggini ultracentenarie: alcune superarono abbondantemente i due secoli di età.

Tartaruga marina [credit: answersingenesis.org]Uno dei segreti che rende questi animali così longevi risiede nella particolare capacità dei loro organi interni di non degenerare con l’età. Inoltre, le loro richieste energetiche sono estremamente basse, buona parte del cibo che metabolizzano viene quindi utilizzato per “restaurare” e ottimizzare le principali funzionalità organiche. La rigenerazione cellulare in questi rettili è lenta, ma costante, e consente una crescita lungo tutto l’arco di vita.

Le cause principali di morte prematura sono quasi sempre esterne. Un piccolo di tartaruga può essere facilmente predato da numerosi uccelli, da alcuni pesci e da piccoli mammiferi. Spesso su una nidiata di cento esemplari ne sopravvive uno soltanto. Durante i primi mesi di vita, i gusci dei neonati non costituiscono ancora una reale protezione, i tempi di indurimento del carapace sono molto lunghi e in alcuni casi può occorrere un intero anno perché sia portato a compimento.

Charles DarwinIl guscio è la principale difesa per questo tipo di rettili. Quando avvertono un pericolo nascondono testa e zampe all’interno del carapace. La pianta delle loro zampe è molto callosa e “tappa” perfettamente le fenditure presenti nel guscio. Per questi animali il cibo non è quasi mai un problema. Grazie al loro metabolismo estremamente lento, tartarughe e testuggini possono rimanere a digiuno di cibo e acqua per molto tempo.

Le testuggini hanno un solo grande nemico: l’uomo. Si stima che tra il 1831 e il 1868, i balenieri abbiano catturato almeno 10.000 esemplari dalle Isole Galapagos, un paradiso naturale nel Pacifico orientale. Gli individui di queste isole raggiungevano i 250kg di peso e un diametro del guscio di oltre un metro e mezzo. Osservandone particolari e peculiarità nella crescita, Charles Darwin elaborò la sua fondamentale teoria dell’evoluzione. E chissà, forse su quelle isole le testuggini più anziane si ricorderanno ancora di quel buffo ometto barbuto che le osservava…

Brookesia, il camaleonte da record

Camaleonte
Brookesia

Lunghi poco più di un centimetro, i camaleonti appartenenti al genere Brookesia sono tra i rettili più piccoli al mondo. Noti agli etologi da pochi decenni, questi camaleonti vivono principalmente in Madagascar.

Fino ad oggi sono state identificate 26 specie differenti di Brookesia, ma alcuni ricercatori non escludono l’esistenza di ulteriori esemplari ancora sconosciuti. Questi camaleonti popolano aree molto ristrette e, a causa delle loro minuscole dimensioni, incontrano spesso grandi difficoltà di sopravvivenza nelle folte foreste del Madagascar.

La caccia a una semplice zanzara deve essere un piccolo safari per questi rettili…

Quelle barriere per pipistrelli chiamate autostrade

Bab3Alcuni pipistrelli sembrano nutrire una vera e propria repulsione per le autostrade. Un gruppo di ricercatori ha infatti scoperto come taluni pipistrelli preferiscano non sorvolare le grandi arterie di scorrimento che collegano le città. Il nuovo studio getta nuova luce sull’impatto delle autostrade sull’ambiente non solo in termini di inquinamento e pone nuove sfide per la loro progettazione.

Correndo per centinaia di chilometri, le autostrade costituiscono una barriera impenetrabile per le specie animali. La lunga lingua di asfalto e cemento taglia spesso a metà un ecosistema, impedendo alla fauna di godere interamente dello spazio offerto da un determinato territorio. Tale impedimento era noto già da tempo ai ricercatori, che nel corso degli anni hanno suggerito la costruzione di tunnel adatti per consentire il transito degli animali in sicurezza da un lato all’altro delle autostrade, ma nessuno studio si era mai occupato delle specie volanti fortemente legate al territorio in cui vivono, come i pipistrelli.

I ricercatori Gerald Kerth (Università di Losanna, Svizzera) e Markus Melber (Università di Würzbur, Germania) hanno così deciso di approfondire la questione, studiando il comportamento di due specie di pipistrelli a rischio di estinzione che vivono nella foresta di Guttenberg nell’area settentrionale della Baviera. La foresta in questione è attraversata dalla BAB3, una grande autostrada sulla quale circolano giornalmente oltre 80mila veicoli. Leggi tutto “Quelle barriere per pipistrelli chiamate autostrade”

All’orangotango Bonnie piace fischiare da autodidatta

Deve essere stata una grande sorpresa sentire Bonnie fischiettare per la prima volta. Bonnie non è infatti una cantante di prima fila di un gruppo country, ma una femmina di orangotango di circa 30 anni ospite da tempo dello Smithsonian National Zoo negli Stati Uniti.

I ricercatori dell’importante istituzione non avevano idea che il primate sapesse fischiare, mentre pare lo sapessero bene alcuni custodi dello zoo, dai quali Bonnie ha appreso del tutto spontaneamente il segreto nel corso dei suoi anni di vita. L’importanza di questa scoperta in differita è notevole: la femmina di orangotango dello Smithsonian risulta essere il primo primate al mondo ad aver spontaneamente imitato i suoni prodotti da un’altra specie, e nel caso specifico dagli uomini.

Bonnie non è in grado di produrre una sequenza melodiosa di note, ma pare proprio si diverta a fischiettare. Se invitata a fischiare dai ricercatori, la lontana cugina del genere umano risponde felice soffiando l’aria tra le sue labbra e producendo così un suono. Per raccontare il dono di Bonnie, un gruppo di ricerca ha recentemente dedicato uno studio alla ospite dello zoo pubblicato sulla rivista scientifica Primates, documentando anche le sue doti da insegnante di musica. A quanto pare, infatti, la femmina di orangotango è riuscita a insegnare a un suo simile, Indah, a fischiare.

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