Terreni fertili in estinzione

Alle scottanti tematiche sul surriscaldamento globale e sull’estinzione delle specie animali, che occupano sempre più frequentemente le prima pagine dei giornali, si potrebbe presto aggiungere un nuovo allarme legato alla pericolosa e inarrestabile erosione dei terreni fertili utilizzati per le produzioni agricole.

La parte più scura è la porzione di suolo più fertile e maggiormente soggetta agli stress causati dalle coltivazioniOgni anno, le terre coltivate in tutto il mondo perdono mediamente un millimetro di suolo fertile. Non sembra molto, ma per ripristinare un millimetro di suolo la natura impiega almeno dieci anni, un tempo enorme per i ritmi forsennati delle moderne coltivazioni.
Il progressivo depauperamento di suolo fertile costringe così molti agricoltori ad utilizzare in maniera sempre più intensiva ed estesa i fertilizzanti chimici. Arare i terreni con metodi meno invasivi consentirebbe di limitare i danni ai campi, ma secondo recenti stime, solo il 7% di tutto il terreno coltivato nel mondo viene trattato con procedure eco-compatibili.

Per determinare con quale velocità stia avvenendo l’impoverimento del suolo fertile, il geomorfologo David Montgomery della University of Washington (Seattle – USA) ha analizzato un’enorme mole di dati sull’erosione dei terreni.
Pubblicata sul numero di settembre di GSA Today, la ricerca di Montgomery giunge a due importanti conclusioni.

  1. Le convenzionali tecniche di coltivazione, le più diffuse globalmente, comportano un’erosione del suolo fertile maggiore di numerose volte rispetto alla capacità della natura di ripristinare minerali e nutrienti nel terreno.
  2. L’utilizzo di tecniche di coltivazione non invasive combinate con l’agricoltura biologica e la rotazione nelle coltivazioni consentirebbe di mantenere elevati i livelli di produzione senza incidere negativamente sulla fertilità dei terreni agricoli.

L’aratura eccessivamente profonda dei terreni rallenta il naturale ripristino dei minerali e dei nutrienti del suolo“La longevità delle nostre società dipenderà sempre di più dalla disponibilità di terreni coltivabili e da come tratteremo il suolo” ha dichiarato Montgomery alla rivista scientifica Science. “Mentre Stati Uniti e Canada iniziano ad adottare tecniche poco invasive, guardo con molto timore alla produzione dei bio-carburanti che potrebbero attivare uno sfruttamento ancora più intensivo del suolo”.
Il lavoro di Montgomery è stato accolto con molto interesse da quei settori della ricerca scientifica che ormai da anni studiano i processi di erosione del suolo fertile, responsabili del progressivo rallentamento della produzione agricola. Secondo alcune proiezioni statistiche, senza interventi incisivi l’eventualità di perdere buona parte dei terreni coltivabili potrebbe diventare realtà in tempi molto brevi.
Un rischio che non possiamo permetterci…