Nel sangue viaggiano i segreti dei tumori

Cellula cancerogena al microscopio elettronico
Cellula cancerogena al microscopio elettronico

In un futuro non troppo lontano, i ricercatori potrebbero essere in grado di utilizzare semplici test del sangue per identificare le tipologie di tumore cerebrale al posto delle tradizionali e spesso invasive biopsie. Tale possibilità deriva da una recente scoperta molto importante, che ha gettato nuova luce su come le cellule tumorali comunichino con l’ambiente che le circonda.

Le cellule, infatti, comunicano in continuazione con ciò che le circonda attraverso i segnali elettrici e lo scambio di materiale proteico. Per garantirsi una buona possibilità di sopravvivenza e proliferazione, le cellule tumorali inviano spesso ai vasi sanguigni degli impulsi per segnalare la loro presenza e farli crescere nella loro direzione. Molti tipi di cellule, tra cui spiccano anche quelle legate al cancro, sono solite comunicare tra loro tramite l’emissione di piccole “bolle” di materiale cellulare chiamate microvescicole. Queste minuscole bolle contengono al loro interno le informazioni, in genere sotto forma di proteine e lipidi, destinate ad altre cellule in grado di decodificare il messaggio e comportarsi di conseguenza.

Partendo da questo presupposto, i ricercatori dell’Harvard Medical School di Boston (USA), guidati da Johan Skog, hanno deciso di esaminare con maggiore attenzione le microvescicole prodotte dalle cellule del tumore cerebrale, il glioblastoma. Precedenti analisi avevano evidenziato all’interno delle microvescicole la presenza di alcune sequenze di RNA, le istruzioni genetiche per ricreare il materiale cellulare. Insieme alla neurologa Xandra Breakefield, Skog ha così pensato di sviluppare un nuovo tipo di test per rilevare le informazioni genetiche contenute nell’RNA delle microvescicole. Leggi tutto “Nel sangue viaggiano i segreti dei tumori”

Fotografati per la prima volta quattro pianeti extrasolari

L'immagine ritrae due pianeti extrasolari ("b" e "c") per la prima volta senza alcuna simulazione grafica
L'immagine ritrae due pianeti extrasolari ("b" e "c") per la prima volta senza alcuna simulazione grafica

Per anni gli astronomi hanno ipotizzato la presenza di pianeti in orbita intorno ad altre stelle. Dopo oltre un decennio di ricerche, per la prima volta sono stati identificati visivamente alcuni pianeti extrasolari. La fondamentale scoperta è stata annunciata dalla rivista scientifica Science, che riporta due lavori di ricerca distinti che hanno portato alla luce le immagini di quattro pianeti in orbita intorno a due stelle. Un passo avanti estremamente importante per lo studio del cosmo, che potrebbe presto aprire la strada a nuove teorie sulla formazione dei pianeti al di fuori del nostro sistema solare.

Fino ad ora, infatti, la presenza degli esopianeti era stata evidenziata solamente da alcuni indizi indiretti come le forze gravitazionali o le oscillazioni nella luminosità delle stelle condizionate dai moti planetari. Nessuno era mai riuscito a “vedere” materialmente un pianeta extrasolare. Grazie all’implementazione delle ottiche di nuova generazione dei telescopi terrestri, in grado di compensare l’effetto di distorsione dell’atmosfera, un gruppo di astronomi guidati da Christian Marois (National Research Council dell’Herzberg Institute of Astrophysics – Canada) è riuscito a identificare tre oggetti nei pressi di una stella lontana 128 anni luce dalla Terra e denominata HR 8799. Un gruppo della University of California di Berkeley è invece riuscito a identificare un esopianeta a circa 25 anni luce dal nostro Pianeta. Leggi tutto “Fotografati per la prima volta quattro pianeti extrasolari”

Bugie di sopravvivenza per i granchi violinisti

A volte la finzione può diventare la migliore arma per la sopravvivenza. Sembrano averlo imparato molto bene i Granchi violinisti (Uca Uca), che si fingono molto più forti e potenti di quanto in realtà non lo siano per spiazzare i loro contendenti.

Granchio violinista
Granchio violinista

Questi particolari crostacei presentano una evidente sproporzione nella loro conformazione fisica, con una chela enormemente più grande rispetto all’altra e utilizzata come arma di difesa e attacco per proteggere la loro tana dai nemici. Nel corso dei combattimenti più accesi può accadere che un Granchio violinista perda la propria chela in seguito a un colpo ben assestato da parte del suo contendente. La perdita non si rivela quasi mai mortale e nel giro di qualche settimana l’organismo del granchio colpito riesce a rigenerarsi, creando una nuova chela del tutto simile alla precedente, ma meno resistente e mobile.

La differenza tra la chela precedente e il nuovo arto, più leggero e meno affidabile ma più grande, è nota solamente al granchio che la possiede e non ai predatori e agli altri suoi simili che continuano a vedere la solita chela sovradimensionata. Così, stando ad una recente ricerca, i Granchi violinisti farebbero finta di nulla mostrando il loro nuovo – debole – arto ai contendenti per intimorirli ancor prima di ingaggiare la lotta vera e propria. Un inganno che pare si riveli quasi sempre vincente e tale da assicurare buone opportunità di sopravvivenza ai Granchi violinisti reduci dalla perdita della loro enorme chela. Leggi tutto “Bugie di sopravvivenza per i granchi violinisti”

Acido solfidrico: da veleno a cura per il cuore

Nonostante possa rilverarsi un pericoloso veleno, a basse concentrazioni l’Acido Solfidrico (H2S) potrebbe diventare presto un ottimo alleato dell’uomo per combattere l’infarto.

Modello struttura H2S Acido solfidrico
Modello struttura H2S Acido solfidrico

Un gruppo di ricercatori della Emory University School of Medicine (Atlanta, USA) ha, infatti, scoperto come l’acido solfidrico possa contribuire ad attenuare i devastanti effetti dovuti a un arresto cardiaco. Il team di ricerca ha analizzato alcuni particolari enzimi presenti nel nostro organismo che sintetizzano piccole dosi di acido solfidrico, utilizzate per regolare la pressione sanguigna e contrastare le infiammazioni. Una difesa prodotta naturalmente dal nostro organismo che ha incuriosito non poco i ricercatori, determinati ad approfondire gli effetti dell’acido solfidrico sull’apparato cardiocircolatorio.

Attraverso una serie di esperimenti in laboratorio su alcune cavie, il team di ricerca ha riscontrato come una somministrazione regolare di acido solfidrico mitiga nei soggetti predisposti a infarto gli effetti di un attacco cardiaco. Dopo quattro settimane, le cavie trattate con l’acido solfidrico hanno fatto registrare un sensibile miglioramento della loro capacità cardiaca rispetto al gruppo di controllo. Il medesimo risultato è stato poi ottenundo inducendo l’organismo dei topolini a produrre autonomamente più H2S. Leggi tutto “Acido solfidrico: da veleno a cura per il cuore”