L’insetto stecco che visse due volte su due isole diverse

Dryococelus australis (credit: Wikimedia.org)
Dryococelus australis (credit: Wikimedia.org)

Questa è la storia di un insetto che visse due volte e vide affondare l’isola su cui si era evoluto. Un gruppo di ricercatori ha infatti scoperto che il Dryococelus australis, per gli amici l’insetto stecco dell’isola di Lord Howe, non ebbe le proprie origini sull’isola di Howe al largo delle coste australiane, ma in un’altra isola ora probabilmente sommersa dalle acque dell’Oceano Pacifico.

La storia dell’insetto stecco dell’isola di Lord Howe è molto curiosa. Appartenente all’ordine dei fasmidi, questo particolare insetto può raggiungere i 13 centimetri di lunghezza e – a differenza dei suoi cugini – presenta un corpo relativamente tozzo e poco mimetico. Molto raro e ritrovabile sulla sola isola di Lord Howe, nel corso degli anni trenta il Dryococelus australis fu dato ormai per estinto in seguito a un’invasione di ratti neri giunti sull’isola da una nave di rifornimenti arenatasi nei pressi della costa. I ratti si moltiplicarono rapidamente colonizzando l’intera isola e sterminando la già esigua popolazione di insetti stecco. Una vera ecatombe.

Negli anni Sessanta, alcuni esploratori giunti sull’isola identificarono alcuni esemplari morti di Dryococelus australis, senza però avvistare nemmeno un individuo ancora in vita. Così avvenne anche per alcune spedizioni successive, che rafforzarono la convinzione che quel particolare insetto stecco fosse ormai completamente estinto. Ma nel 2001, accadde l’insperato. Leggi tutto “L’insetto stecco che visse due volte su due isole diverse”

Lo scioglimento dell’Artico continua, senza tregua

Un canyon di ghiaccio causato dal progressivo discioglimento in Groenlandia
Canyon di ghiaccio causato dal progressivo discioglimento in Groenlandia

Notizie poco incoraggianti sul fronte del clima continuano a giungere dalla Groenlandia e dall’Artico. Lo scioglimento da record dei ghiacci dell’ultimo periodo e l’aumento del rilascio di gas metano da depositi un tempo congelati dalle coste della Siberia suggeriscono che numerosi cambiamenti stiano interessando come mai prima l’area dell’Artico.

Le ultime rilevazioni, presentate nel corso di un recente incontro dell’American Geophysical Union (San Francisco), hanno letteralmente sorpreso gli scienziati, che non si aspettavano cambiamenti così radicali nell’arco del breve periodo. Buona parte dell’area sudoccidentale della Groenlandia e parte dell’area settentrionale hanno fatto registrare nuovi record di scioglimento nel corso dell’estate del 2008. Secondo alcuni ricercatori la situazione sarebbe ormai critica anche in buona parte delle coste della Siberia, con numerosi cambiamenti osservati nel corso degli ultimi mesi.

Una spedizione guidata da Igor Semiletov, University of Alaska (USA), ha rilevato in centinaia di chilometri quadrati del fondale marino forti quantità di metano, che risalendo a galla dalle acque le fa sembrare in ebollizione. Le attuali concentrazioni di metano risultano essere 200 volte più alte rispetto alle misurazioni precedenti effettuate nel corso degli anni ’90. Secondo Semiletov, ciò dimostrerebbe che il discioglimento avrebbe aperto la strada a una enorme massa di metano presente al disotto della placca artica orientale della Siberia. Leggi tutto “Lo scioglimento dell’Artico continua, senza tregua”

Perché vediamo sempre la stessa faccia della Luna?

Area del polo Nord della Luna (credit: http://www.jaxa.jp)
Area del polo Nord della Luna (credit: http://www.jaxa.jp)

Alcuni giorni fa, chi ne ha avuto la fortuna, ha potuto ammirare come raramente accade la Luna. Il nostro satellite in questi giorni è infatti vicino alla Terra come non lo era mai stato negli ultimi 15 anni; un’occasione per ammirarne la meravigliosa conformazione ad occhio nudo. Nei secoli, il volto della Luna è stato scrutato da poeti, scienziati, marinai… e il nostro satellite, quasi per burla, si è sempre fatto osservare mostrando lo stesso lato. Ma perché vediamo sempre la medesima faccia della Luna?

La motivazione è semplice, ma talvolta appare meno intuitiva di quanto si possa immaginare. La Luna compie una rotazione attorno al proprio asse (ovvero compie un giro completo su sé stessa) in 27 giorni e un terzo, lo stesso tempo che le è necessario per compiere un’orbita intorno alla Terra. Una rotazione un poco più rapida o un po’ più lenta porterebbe la Luna a mostrarsi nel corso del tempo completamente e non solo per metà.

Le rotazioni della Terra e della Luna sono sincronizzate in maniera pressoché perfetta, quasi da sembrare due componenti di un medesimo meccanismo come in un orologio. Leggi tutto “Perché vediamo sempre la stessa faccia della Luna?”

Lo zoo accorcia la vita degli elefanti

Gli elefanti mantenuti in cattività hanno un’aspettativa di vita di molto inferiore rispetto ai pachidermi che vivono in libertà. A rivelarlo è un recente studio, che ha messo a confronto la durata media della vita degli elefanti nelle aree protette di Africa e Asia con l’età a cui muoiono generalmente gli elefanti in cattività in alcuni dei principali zoo del mondo.

Stando ai risultati della ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Science, a soffrire maggiormente sarebbero le femmine di elefante, la cui durata della vita è pari a meno della metà rispetto agli esemplari che possono vivere in libertà. La difficoltà ad adattarsi alla cattività non interessa solamente gli elefanti importati dalle loro zone di origine, ma anche le nuove generazioni nate già all’interno degli zoo. La maggior parte dei piccoli elefanti non supera i primi anni di vita, morendo molto giovani.

La ricerca è stata realizzata da Ros Clubb ( England’s Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals in London) in collaborazione con Georgia Mason (University of Guelph, Canada) utilizzando principalmente i dati forniti dall’European Elephant Group, un vero e proprio registro degli elefanti che tiene traccia della vita e dei trasferimenti in cattività dei pachidermi. Insieme ai suoi colleghi, Clubb ha confrontato la durata della vita di circa 800 elefanti vissuti negli zoo europei con gli esemplari mantenuti in libertà in alcune riserve in Kenya e in Asia, realtà confrontabili tra loro poiché un elefante riceve protezione in uno zoo quanto in una riserva naturale. Leggi tutto “Lo zoo accorcia la vita degli elefanti”

Per 16 anni nel cuore della nostra Galassia a caccia di stelle

Il centro della Via Lattea (credit: Credit: ESO/S. Gillessen et al.)
Il centro della Via Lattea (credit: ESO/S. Gillessen et al.)

Spesso la costanza viene ripagata. Lo sanno bene gli astrofisici del Max Planck Institut (Monaco) che hanno condotto studi e rilevazioni per 16 anni su una trentina di stelle situate nell’area centrale della nostra galassia, la Via Lattea. La ricerca ha consentito di affinare le conoscenze sul buco nero “Sagittarius A” e sulle stelle collocate vicino al suo perimetro.

Utilizzando dispositivi di rilevazione basati sull’infrarosso, necessari per penetrare la fitta coltre di polvere interstellare presente in quell’area della Galassia, i ricercatori guidati da Reinhard Genzel sono stati in grado di osservare i movimenti di 28 stelle utili per comprendere e monitorare le caratteristiche di Sagittarius A. Secondo gli astrofisici, i dati raccolti negli anni costituirebbero una chiara dimostrazione empirica dell’esistenza dei buchi neri supermassici, ovvero caratterizzati da una massa di milioni e miliardi di volte superiore a quella del Sole.

Le orbite delle stelle rilevate al centro della Galassia sembrano infatti confermare la presenza di un elemento estremamente massivo, pari a circa 4 milioni di volte la massa del Sole, un indizio sufficiente per concludere che in quell’area della Via Lattea vi sia un buco nero vero e proprio. Le osservazioni hanno inoltre consentito agli astrofisici di misurare con maggiore accuratezza la distanza della Terra del centro della Galassia. Stando alle rilevazioni condotte osservando per 16 anni l’area, il nostro Pianeta dovrebbe trovarsi a circa 27.000 anni luce dal centro della Galassia. Leggi tutto “Per 16 anni nel cuore della nostra Galassia a caccia di stelle”

Perché la neve è così leggera e soffice?

La pioggia inizia generalmente il proprio viaggio sotto forma di neve. Ma allora perché talvolta le molecole di vapore acqueo lasciano improvvisamente una nube e cadono sotto forma di nebbia, pioggia torrenziale o bianca e soffice neve?

La geometria esagonale di un fiocco di neve [credit: ajstudio.smugmug.com]Nei primi decenni del Novecento alcuni fisici e meteorologi, come Tor Bergeron, ipotizzarono che alla base del meccanismo che causa una precipitazione atmosferica vi dovesse essere un catalizzatore. Ovvero una sostanza in grado di innescare un processo senza variare la propria composizione. Anche quando fa molto caldo, le nubi presenti alle grandi altitudini contengono al loro interno migliaia di minuscoli cristalli di ghiaccio (i catalizzatori), che si ingrandiscono man mano che intercettano le molecole di vapore acqueo presenti nell’aria.

Le gocce d’acqua pura contenute in una nube non congelano a 0 °C, grazie alle particolari condizioni di pressione e alle loro dimensioni infinitesimali, possono mantenere lo stato liquido anche a -40 °C. Quando queste gocce d’acqua vengono “investite” da un cristallo di ghiaccio, presente in una nube, congelano all’istante trasformandosi rapidamente in neve. E’ un processo pressoché istantaneo, che porta al congelamento di milioni di gocce d’acqua. Non a caso, ogni fiocco di neve che cade può provenire da centinaia di migliaia di minuscole gocce d’acqua che, sotto forma di cristalli di ghiaccio, si collegano in un reticolo di forma esagonale. Ogni fiocco contiene più aria che acqua congelata, per questo motivo in assenza di vento, può impiegare molto tempo per precipitare al suolo. Leggi tutto “Perché la neve è così leggera e soffice?”