48 anni fa il primo laser

credit: http://www.troise.net/Il laser (acronimo di Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation, ovvero amplificazione di luce per emissione stimolata della radiazione) fu costruito per la prima volta nel 1960 dall’americano Theodore H. Maiman. Per festeggiare la ricorrenza, il motore di ricerca Google ha dedicato la giornata di oggi all’inventore del primo laser. Ma come funziona in parole semplici questa tecnologia?

Uno dei primissimi modelli costruiti fu il laser a stato solido a rubino, un particolare dispositivo che si avvaleva di un cristallo di rubino (o di una bacchetta di rubino sintetico) contente lo 0,5 per mille di cromo, i cui atomi venivano stimolati per emettere la luce laser.

Banalizzando un poco, possiamo dire che il principio di funzionamento di un laser è basato su una lampada elettronica a spirale, avvolta attorno alla bacchetta di rubino, in grado di emettere intensi lampi di luce. Questi “flash” luminosi eccitano gli atomi di cromo, inducendoli a passare da uno stato a bassa energia ad uno ad altissima energia.
Dopo qualche millesimo di secondo, essi decadono, emettendo spontaneamente un fotone, un’entità che possiamo immaginare come un minuscolo pacchetto di energia. Quando uno di questi “pacchetti” incontra sulla propria strada un altro atomo di cromo nel suo stadio di massima energia, induce lo stesso a emettere un fotone identico. Le coppie di fotoni identici si muovono assieme nella stessa direzione, si dice dunque che essi si trovano “in fase”. Leggi tutto “48 anni fa il primo laser”

Come impara un cieco a leggere e a scrivere?

Era il 1829 quando il Censimento della popolazione di Francia classificò il giovane Louis Braille, allievo all’Istituto dei Giovani Ciechi di Parigi, come incapace di leggere o scrivere. All’epoca, l’insegnamento impartito nelle poche scuole per non vedenti era principalmente di natura orale. Esistevano alcuni testi prodotti con enormi lettere in rilievo, ma produrre interi libri in quel modo era impensabile e tecnicamente molto complicato.

Sempre nel 1829, il giovane Louis Braille mise a punto un metodo innovativo per consentire ai ciechi di leggere e scrivere. Il nuovo sistema, molto pratico e semplice da imparare venne impiegato a fasi alterne dai docenti dell’Istituto, per poi essere proibito dal nuovo direttore. Nonostante le avversità iniziali, il metodo ti lettura creato da Braille si impose nei decenni successivi, specialmente dopo la morte del suo ideatore. Leggi tutto “Come impara un cieco a leggere e a scrivere?”

Come si rende odoroso il gas metano?

Il gas metano è inodoreNonostante l’industria per l’estrazione e la gestione del gas naturale sia dotata di tecnologie all’avanguardia, parte della responsabilità nell’identificazione del metano negli ambienti è ancora affidata a uno strumento perfetto e inimitabile: l’olfatto umano.
A differenza di quanto pensano in molti, il gas naturale è completamente privo di odore. Questa particolare caratteristica rende il metano un pericoloso nemico per l’uomo, che non è in grado di riconoscerne la presenza. Per questo motivo, l’industria del gas provvede a miscelare il metano con un additivo inerte particolarmente odoroso, rendendo così anche una minima dose di gas rilevabile dal nostro olfatto.

Il componente principale del gas naturale è il metano, che si trova nel sottosuolo e sotto i fondali marini. E’ chiamato anche gas di palude, poiché a volte forma bolle che salgono in superficie dal fango organico delle paludi. Il particolare odore molto forte e caratteristico non deriva però dal gas, inodore, ma dai miasmi causati dalla putrefazione dei materiali vegetali che costituiscono la fanghiglia.

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Come si sopravvive a un fulmine?

FulmineRoy Sullivan, un ranger di un parco nazionale americano, passò alla storia per un primato particolare: fu l’uomo ad essere colpito più volte dai fulmini senza perdere la vita.
Il primo incontro ravvicinato con una saetta avvenne nel lontano 1942 quando Sullivan aveva trent’anni. Il ranger si trovava su una torretta di avvistamento del parco quando un fulmine lo colpì a un piede causandogli la perdita di un’unghia. Nel 1969 fu invece colpito mentre si trovava sulla sua jeep: sopravvisse all’incidente ma perse un sopracciglio. L’anno seguente, lo sfortunato ranger fu preso in pieno da un fulmine alla spalla: se la cavò con una piccola ustione.

Nel 1972, a trent’anni dal primo incontro con una saetta, Sullivan fu colpito alla testa da un fulmine. La forte scarica elettrica mandò a fuoco i suoi capelli. Fortunatamente non ebbe nessuna grave conseguenza, ma da allora il leggendario ranger iniziò a circolare con una boccetta piena d’acqua in tasca. Nel 1973 un nuovo colpo alla testa rischiò quasi di ucciderlo. Nel 1974, Sullivan fu colpito al bacino: se la cavò con un po’ di ossa rotte e un grandissimo spavento. Infine, nel 1977 il ranger fu travolto da una scarica mentre si trovava a pescare. Venne ricoverato con gravi ustioni su gambe e addome, ma se la cavò. L’uomo visse i restanti sei anni della sua vita senza incontri ravvicinati con altri fulmini.

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Come funzionano i Post-it?

post-it.jpgNei primissimi anni Ottanta, un esercito di piccoli foglietti gialli di carta adesiva invasero gli uffici e le case di tutto il mondo. Pratici e poco costosi, questi quadrati di carta adesiva erano uno strumento ideale per appuntare brevi promemoria o catalogare documenti e trascrivere messaggi. Il loro grande vantaggio consisteva nella peculiarità di poter essere staccati e riattaccati da numerose superfici, senza lasciare alcuna traccia di colla. In meno di un decennio i foglietti adesivi conobbero un crescente successo, che perdura ancora oggi nonostante la rivoluzione digitale. Ma qual è il segreto di questi piccolo quadrati di carta adesiva?

Post-itCome le invenzioni più curiose e geniali, anche i foglietti gialli nacquero – nel 1968 – per puro caso grazie a una scoperta in un laboratorio di Saint Paul, Minnesota (USA), in cui un gruppo di ricercatori stava effettuando alcuni esperimenti per la creazione di una nuova supercolla. Ma, a dispetto del proprio nome, l’adesivo era invece estremamente debole, tanto da indurre la società 3M, che aveva finanziato la ricerca, ad abbandonare drasticamente il progetto. Art Frye, uno dei chimici della 3M, non si rassegnò alla decisione della società per cui lavorava, e iniziò ad utilizzare la colla per scopo personale. Ogni domenica, Frye inseriva dei particolari foglietti adesivi nel proprio innario, per sottolineare i passaggi più importanti della canzoni che eseguiva con il coro della chiesa. La colla poco adesiva permetteva di incollare e staccare i pezzetti di carta senza danneggiare le pagine del libro.
Per quasi dodici anni, Frye cercò di convincere i dirigenti della 3M sulla bontà della propria invenzione, ma senza ottenere la minima considerazione. Il cambio di alcuni dirigenti, evidentemente più lungimiranti, permise a Frye di mandare in produzione la propria scoperta. Era il 1980 e la 3M iniziava a vendere i primissimi blocchetti di Post-it.

Vista al microscopio, la superficie della banda adesiva di questi foglietti è cosparsa di minuscole bolle di resina ureica e carbammidica, che contengono un blando adesivo. Sotto la pressione delle dita, le bolle si rompono rilasciando la colla. Questa “rottura” non interessa però tutte le piccole sfere piene di collante: per questo motivo i Post-it possono essere attaccati e staccati numerose volte prima di perdere la loro collosità. Un piccolo miracolo della fisica quotidiano. Rigorosamente in giallo. [Fonte principale: Reader’s Digest]

Come si fa la Coca-Cola?

In una camera blindata della Trust Company of Georgia (USA) si trova il segreto di una delle bevande più popolari al mondo: la Coca-Cola. Pochissime persone hanno le autorizzazioni necessarie per accedere a uno dei più grandi segreti industriali che da oltre un secolo incuriosisce e affascina decine di milioni di persone.

Benché numerose aziende dislocate in tutto il mondo siano autorizzate a confezionare la Coca-Cola in lattine, bottigliette di vetro e bottiglie di plastica, il segreto sulla ricetta della bibita viene mantenuto grazie al particolare metodo impiegato per la produzione. Le aziende autorizzate non ricevono, infatti, i singoli ingredienti, ma uno sciroppo estremamente denso da addizionare a pochi altri componenti e all’acqua gassata.
Nel corso di quasi un secolo, in molti hanno provato a scoprire i segreti della Coca-Cola. L’americano William Poundstone condusse a tal proposito numerose e minuziose ricerche, pubblicando poi i risultati nel libro Big Secrets. Secondo Poundstone, gli ingredienti fondamentali numerati da 1 a 9 dalla Coca-Cola Company, e chiamati in gergo “merce”, sarebbero: 1. zucchero; 2. caramello; 3. caffeina; 4. acido fosforico; 5. estratti di foglia di coca (da cui viene eliminata la cocaina) e, in minore quantità, di noce di cola; 6. acido citrico e citrato di sodio; 7x. oli di limone, arancia, limetta, cassia (simile alla cannella), noce moscata e pochi altri; 8. glicerina; 9. vaniglia.

Anche se la maggior parte degli ingredienti della Coca-Cola possono essere identificati con alcune semplici analisi chimiche, l’ingrediente più importante e misterioso è il miscuglio di oli essenziali utilizzati al punto 7x. L’aroma della bevanda non è quindi semplicemente dato dalla somma di questi oli, poiché numerosi altri aromi si creano grazie all’interazione degli oli stessi. Questa fusione degli elementi chimici che costituiscono gli aromi rende praticamente impossibile la decodifica certa di ogni singolo olio essenziale. Grazie a questa peculiarità, il segreto della Coca-Cola continua a rimanere inviolato da oltre un secolo.

E ora un po’ di storia…
Un carico di Coca-Cola in partenza La formula della Coca-Cola fu creata dal farmacista americano John S. Pemberton di Atlanta oltre un secolo fa. Nel 1885 egli aveva preparato una sua personalissima versione della bevanda Vin Mariani, un intruglio ottenuto grazie all’aggiunta di foglie di coca al vino rosso. Deluso dallo scarso successo del proprio tonico, l’anno seguente Pemberton corresse la formula: tralasciò il vino e aggiunse la noce di cola africana, che contiene caffeina, e zucchero e aromi per attenuarne il gusto amarognolo. Frank M. Robinson, amico e socio di Pemberton, disegnò poi il logo della Coca-Cola destinato a diventare una vera icona del Novecento.

La nuova bevanda fu poi distribuita nelle farmacie di Atlanta e venduta come “tonico cerebrale”, bevibile sia liscia che con l’aggiunta di acqua. L’operazione commerciale riscosse un discreto successo: le farmacie ne vendevano mediamente una dozzina al giorno. Grazie ai buoni risultati, Pemberton riuscì a vendere la formula a Willis E. Venable e George S. Lowdones, che a loro volta vendettero i diritti a Woolfolk Walker e M. C. Dozier che l’anno seguente decisero di venderli ad Asa G. Candler.
Conducendo numerose prove per migliorare la bevanda, Candler provò a miscelare il tonico con dell’acqua gassata. Soddisfatto dal risultato ottenuto, pensò poi di far uscire la bevanda dalle farmacie per renderla una vera e propria bibita popolare. Benché almeno sette persone fossero a conoscenza della ricetta, fu proprio Candler a costruire il mito del segreto della Coca-Cola. Grazie alla sua geniale intuizione, nel 1892 Candler fondò con il socio Frank Robinson la Coca-Cola Company.

Asa G. CandlerPer una decina d’anni, Candler e Robinson furono le uniche due persone al mondo autorizzate a miscelare in gran segreto lo sciroppo con l’acqua gassata. Il mito andava consolidato, così i due escogitarono un piano per ordinare le materie prime da fornitori dislocati su tutto il territorio nazionale. Quando giungevano i fattorini, Candler e Robinson si precipitavano a rimuovere tutte le etichette dalla merce consegnata per accrescere l’alone di mistero.
Gli affari andavano molto bene e i due soci furono presto costretti ad allargare il loro business. Per mantenere il segreto sulla composizione della bibita, Candler e Robinson decisero di numerare gli ingredienti per creare la Coca-Cola con una numerazione da 1 a 9. Ai direttori delle filiali veniva semplicemente comunicata la procedura di miscelazione, con le quantità per ogni singolo ingrediente.

Nel 1909 il governo federale degli Stati Uniti dispose il sequestro di 40 barili e 20 fusti di Coca-Cola, accusando l’azienda di violare le leggi vendendo un prodotto contenente “coca”. Seguì un lungo e durissimo processo che durò quasi dieci anni, in cui l’accusa non fu però in grado di produrre alcuna prova legata alla presenza di cocaina nella bibita. Durante il dibattimento, però, un fornitore rivelò con dovizia i particolari legati all’ingrediente n.5. Sotto giuramento, il testimone dichiarò che quell’ingrediente era ricavato dalle foglie di coca private della cocaina, e da un estratto di noce di cola.
I due componenti svelati dal fornitore non aiutarono più di tanto i cacciatori degli ingredienti segreti della Coca-Cola: foglie di coca e noce di cola influiscono infatti pochissimo sul gusto della bevanda. Da allora in molti hanno cercato di carpire il segreto della bevanda gassata più conosciuta al mondo, ma con scarsi risultati. Da alcuni anni il progetto condiviso “Open-Cola” cerca di risolvere il mistero sfruttando le potenzialità del Web. [fonte principale: Reader’s Digest]