Il coleottero che arrossisce

Il coleottero Cassidini, appartenente alla famiglia Chrysomelidae, vive principalmente in Centro America nello Stato di Panama. Questo particolare insetto è in grado di tramutare la colorazione del proprio “guscio” da una tinta oro brillante al rosso in meno di due minuti. Mentre molti coleotteri modificano la loro colorazione esterna in virtù di specifiche variabili come la temperatura, questo inquilino del Centro America è una delle poche creature conosciute in grado di controllare autonomamente il cambiamento della pigmentazione del proprio organismo.

Coleottero Cassidini [credit: Jean-Pol Vigeron]

Il segreto di questo piccolo insetto risiede nella sua capacità di modificare i flussi dei fluidi all’interno del proprio esoscheletro, costituito da una ventina di strati che cambiano colorazione quando sono colpiti dal sole. Quando la luce illumina gli strati dell’esoscheletro, il coleottero mostra la propria normale colorazione dorata. Per cambiare colore, questo piccolo insetto non fa altro che “asciugare” il proprio esoscheletro dall’umidità, così da assorbire una maggiore quantità di luce che, non riflettendosi, dà vita alla colorazione rossastra.
Lo scopo di questa trasformazione non è ancora del tutto chiaro, ma molti ricercatori suppongono che il coleottero arrossisca per allontanare i predatori fingendosi un insetto velenoso.

Secondo il ricercatore Jean-Pol Vigneron (Università di Namur – Belgio), che ha recentemente pubblicato una ricerca su questo insetto per l’American Physical Society, le proprietà del coleottero potrebbero essere presto imitate per creare una nuova generazione di materiali in grado di modificarsi con l’umidità. Le applicazioni potrebbero essere svariate dai vasi di fiori per segnalare l’aridità del terriccio alle lavagne ad acqua a nuove garze “intelligenti” per le medicazioni. E tutto per merito di un piccolo coleottero che, non certo per timidezza, è solito arrossire…

Coleottero Cassidini [credit: www.mobot.org]

Studiare l’infarto sui moscerini

Il moscerino della frutta, ingradito 350 volteLa riperfusione è la ripresa del flusso sanguigno in un tessuto, od organo, in cui era stato interrotto causando una forte scarsità di ossigeno. Si tratta di un fenomeno estremamente pericoloso, generalmente legato all’infarto cardiaco o ai casi di rigetto degli organi trapiantati, che porta a numerose morti ogni anno.
Un team di ricercatori della University of Nevada (Las Vegas – USA) e della University of California di San Diego ha scoperto che i danni causati da riperfusione possono essere studiati sui moscerini della frutta, con nuove tecniche estremamente affidabili ed economiche.

«Con questa nuova procedura, i ricercatori possono esplorare i meccanismi dei danni causati da riperfusione con un modello vivente molto conosciuto e molto più economico di quelli basati sui vertebrati» ha dichiarato il prof. John Lighton, che ha curato la ricerca recentemente pubblicata sulla rivista scientifica PLoS ONE. «Utilizzando Drosophila come modello principale, potremmo compiere progressi molto più rapidamente nello studio dei meccanismi della riperfusione, che ancora non riusciamo a comprendere pienamente.» Un passaggio fondamentale per implementare nuove procedura di cura.

Il primo passo di questo innovativo studio è nato, come spesso accade, per caso. I ricercatori hanno casualmente notato che sottoponendo improvvisamente un moscerino della frutta in ipossia (mancanza di ossigeno) a una forte dose di ossigeno si possono creare danni irreparabili al suo sistema respiratorio, e molto simili a quelli causati dal fenomeno della riperfusione.
Partendo da questa scoperta, Lighton e i suoi colleghi hanno rilevato l’entità del danno causato nel sistema respiratorio dei moscerini misurando le quantità di vapor d’acqua e di anidride carbonica perse da ognuno di loro. Il quantitativo di CO2 registrato ha consentito di misurare l’attività dei mitocondri (gli organuli deputati alla respirazione cellulare), mentre il vapore acqueo ha permesso di quantificare lo stato del sistema neuromuscolare di ogni moscerino.
Rilevare quantità così infinitamente piccole non è certo stato semplice, ma ha consentito ai ricercatori di registrare con certezza l’avvenuto fenomeno di riperfusione negli esemplari di Drosophila. Il gruppo di ricerca cercherà ora di sviluppare nuove tecniche per studiare con accuratezza il fenomeno, partendo proprio dai minuscoli moscerini della frutta, i beniamini degli scienziati e dei laboratori da almeno 70 anni.

Vespe e scarafaggi al guinzaglio

Dopo una lunga serie di analisi, un gruppo di ricercatori ha scoperto il funzionamento del trucco utilizzato da alcune specie di vespe per rendere gli scarafaggi dei veri e propri “zombie schiavizzati”. La ricerca spiega con precisione come, una volta punti, i malcapitati scarafaggi possano essere condotti da un insetto molto più piccolo di loro a morte certa. I ricercatori hanno dimostrato la loro teoria replicando in laboratorio l’effetto che avviene normalmente in natura, utilizzando uno specifico antidoto per risvegliare gli scarafaggi dal loro stato di trance.

Esmplare di Ampulex Compressa trafigge uno scarafaggioAmpulex compressa appartiene alla classe degli imenotteri ed è una grande cacciatrice di scarafaggi, vive principalmente nelle regioni tropicali dell’Africa, in India e in alcune isole del Pacifico. Molto simile a una vespa, ma appartenente alla superfamiglia Apoidea, questo insetto preda gli scarafaggi per nutrire le numerose larve delle sue nidiate. L’intero ciclo di vita della Ampulex compressa è basato su quello degli scarafaggi. A differenza di molti suoi simili, questo imenottero non paralizza le proprie prede con una dose di veleno per poi mangiarle o portarne i resti al sicuro nella propria tana: le schiavizza. La particolare sostanza velenosa emessa dal suo pungiglione lascia gli scarafaggi liberi di camminare, ma non di scegliere e decidere il momento e la direzione in cui muoversi.
Una volta avvelenata la preda, Ampulex compressa afferra le antenne dello scarafaggio e lo guida all’interno della propria tana. «Lo scarafaggio cammina come un cagnolino al guinzaglio» spiega Frederic Libersat della Ben-Gurion University (Israele), che ha condotto la ricerca e fornito nuovo materiale sul comportamento di numerosi imenotteri. Appena giunti a “casa”, Ampulex compressa depone un uovo sull’addome dello scarafaggio che, una volta trasformatosi in larva, divora la malcapitata preda.

Ampulex compressaNonostante il fenomeno fosse già conosciuto e documentato, Libersat e i suoi colleghi non erano ancora riusciti a spiegare esattamente il particolare comportamento di questo insetto con gli scarafaggi. «Sappiamo che l’imenottero inietta un cocktail molto ricco di tossine» ha dichiarato il ricercatore, ma non era ancora chiaro come il veleno potesse alterare così efficacemente, e subdolamente, il comportamento dello scarafaggio.
I ricercatori sapevano che, generalmente, le vespe tendono a pungere una prima volta gli scarafaggi per sottometterli, e una seconda nel loro cervello, probabilmente per bloccare qualche recettore chimico nel sistema nervoso delle loro prede.

Partendo da questa ipotesi, il team di ricerca ha scoperto che il particolare veleno iniettato da Ampulex compressa serve a bloccare l’ottopamina, uno specifico neurotrasmettitore fondamentale per organizzare comportamenti complessi come il muoversi e camminare. Iniettando una molecola in grado di riattivare l’ottopamina, i ricercatori sono riusciti a ripristinare le capacità motorie degli scarafaggi punti, ripristinando le facoltà del loro sistema nervoso centrale. Il segreto del veleno della Ampulex compressa sarebbe quindi la capacità di inibire alcuni recettori nervosi, rendendo le prede dei veri e propri zombie assoggettati al loro potere. Un meccanismo sorprendentemente complesso per un insetto grande poco più di un centimetro. [fonte principale: Nature]

Filmato: Ampulex compressa in azione

Scarafaggi robot e scelte di gruppo

Un gruppo di ricercatori della Vrije Universiteit Brussel ha recentemente creato una nuova generazione di robot in grado di interagire con… gli scarafaggi. Come dei provetti pifferai magici, questi minuscoli concentrati di tecnologia comunicano con gli scarafaggi, convincendoli a seguirli lungo un determinato percorso. I risultati di questa innovativa, e curiosa, ricerca sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Science e non serviranno certo per elaborare nuovi metodi di disinfestazione, ma per studiare con maggiore accuratezza le scelte comportamentali di questi insetti. «Gli scarafaggi agiscono in gruppo, cercano di muoversi sempre insieme. Ci siamo quindi chiesti: “Come riescono a coordinare le decisioni? Chi comanda? Che genere di informazioni si scambiano? In che modo le condividono?» ha dichiarato Jose Halloy, alla guida del team di ricercatori.

Scarafaggi alle prese con un loro simile robotizzato [credit: ULB-EPFL]Per osservare il comportamento degli scarafaggi, il gruppo di ricerca ha ricreato un particolare ambiente in cui ha installato un paio di tane molto particolari dotate di un doppio intercapedine, in cui gli insetti si potessero nascondere molto rapidamente se esposti alla luce, elemento che rifuggono istintivamente. Inseriti in questo particolare ambiente, gli scarafaggi hanno vagato senza una meta precisa per un po’ di tempo, per poi ritrovarsi tutti sotto la medesima tana. Che questi insetti si siano riuniti sotto un’unica tana non ha sorpreso più di tanto i ricercatori, gli scarafaggi sono infatti estremamente socievoli. Nonostante ciò, la mente di uno scarafaggio è molto poco evoluta e non consente la creazione di un “pensiero”, se pur istintivo, legato al concetto di leader. Il fatto che tutti gli esemplari abbiano scelto la medesima tana è dunque parso come un fenomeno “magico” agli occhi dei ricercatori.

Scarafaggi naturali e scarafaggi robot [credit: homepages.ulb.ac.be/~jhalloy/]Secondo numerosi entomologi, gli scarafaggi basano la loro decisione sulla direzione da percorrere in base a due criteri: la quantità di oscurità di un determinato luogo e quanti “colleghi” possono trovare in quel posto. Quando un certo numero di scarafaggi costituisce una massa critica riunita in un medesimo luogo, accade che gli altri esemplari seguano la massa unendosi al gruppo.
Partendo da questo presupposto, Halloy e i suoi colleghi hanno pensato di creare un meccanismo in grado di spingere gli scarafaggi a compiere un gesto innaturale. La scelta è ricaduta così sulla costruzione di alcuni scara-bot, piccoli insetti robotizzati, in grado di condizionare il comportamento degli scarafaggi. Debitamente cosparsi con una particolare sostanza odorosa, gli scara-bot sono stati facilmente riconosciuti e accettati dalla comunità di scarafaggi. Programmati con un semplice software in grado di far preferire ai robot l’oscurità e i luoghi affollati, gli scarafaggi artificiali si sono perfettamente integrati senza destare alcun sospetto tra i loro simili naturali.

Scarafaggi si raggruppano sotto la medesima tana dello scara-bot [credit: Jean-Louis Deneubourg]I ricercatori hanno poi modificato il software degli scara-bot, insegnando loro a prediligere ambienti meno oscuri, quindi meno tollerati dagli scarafaggi. Inseriti nel particolare ambiente ricreato per gli esperimenti, gli scarafaggi – naturali e non – hanno vagato senza una precisa meta per diversi minuti. Gli scara-bot si sono poi rifugiati nella tana maggiormente luminosa e per questo meno gradita agli scarafaggi. Nonostante ciò, gli insetti hanno imitato il comportamento dei robot rifugiandosi nella loro stessa tana. Questo considerevole risultato dimostra in maniera diretta quanto un ristretto gruppo di insetti sia in grado di prendere una decisione collettiva, successivamente condivisa dall’intera comunità.

Questa peculiarità potrebbe essere estesa ad insetti e animali molto più complessi. Non a caso i ricercatori sono ora impegnati nella creazione di un particolare robot per analizzare il comportamento dei polli. Da questo genere di studi potrebbero giungere molti elementi per approfondire le nostre conoscenze non solo nelle procedure cognitive degli animali, ma anche nella creazione di un’intelligenza artificiale sempre più complessa e autonoma: il futuro della robotica.
Certo, un robot-pifferaio magico contro gli scarafaggi non sarebbe poi tanto male…

Le ragnatele decorate piacciono agli insetti

 

I ragni appartenenti al genere Argiope sono dei veri e propri artisti, in grado di tessere incredibili ragnatele caratterizzate da motivi a zig-zag unici nel loro genere. Queste piccole opere d’arte sono molto gradite dagli insetti che, secondo un innovativo studio, sarebbero estremamente attratti dai motivi disegnati dagli Argiope: una passione che costa loro la vita.

Tipica tela a zig-zag creata da un esemplare di Argiope [credit: home.att.net/~larvalbugrex]Da oltre un secolo numerosi scienziati hanno cercato di capire lo scopo delle particolari ragnatele disegnate dagli esemplari di Argiope. Alcuni erano convinti che la loro conformazione attirasse le prede, altri che fosse un ottimo deterrente contro i predatori dei ragni, mentre altri ancora sostenevano che i motivi a zig-zag evitassero ai volatili di impigliarsi nelle tele distruggendole. Nessuna di queste teorie aveva però potuto beneficiare di una dimostrazione pratica o di qualche prova oggettiva.
Intenzionati a scoprire la verità, i biologi Ren-Chung Cheng e I-Min Tso della Tunghai University (Taiwan) hanno approntato un laboratorio da campo in un angolo della foresta della contea di Nantou. I ricercatori hanno installato delle telecamere dinanzi alle ragnatele di alcuni esemplari di Argiope, registrano più di 700 ore di filmati durante due mesi di intensa osservazione. Il gruppo di ricerca ha così potuto immortalare 56 ragnatele “decorate” appartenenti alla specie di Argiope aemula e 59 ragnatele semplici.

[credit: home.att.net/~larvalbugrex]Osservando meticolosamente i filmati registrati nella foresta, i due ricercatori hanno rilevato che le ragnatele dotate di decori consentono ai ragni di catturare il 60% di prede in più rispetto alle tele tradizionali. La conformazione a zig-zag non comporta, però, solamente dei benefici: le ragnatele dotate di decorazioni rendono i ragni molto più soggetti all’azione dei predatori, che riescono a identificarli e quindi colpirli con estrema facilità.
Come hanno sottolineato i due autori della ricerca sul recente numero della rivista scientifica Behavioral Ecology, non è ancora chiaro quale meccanismo neurologico spinga gli insetti a prediligere le ragnatele decorate a quelle semplici. Secondo alcuni entomologi, la scelta di dirigersi verso una tela a zig-zag come quella prodotta dagli Argiope potrebbe essere causata dalla simmetria delle forme, un elemento di forte attrattiva per numerosi insetti volanti.

È genetico l’equilibrio numerico tra i sessi

La maggior parte delle specie viventi cerca di mantenere un sostanziale equilibrio tra il numero di maschi e di femmine nella propria popolazione. Dopo un’attenta ricerca, un gruppo di genetisti è riuscito ad identificare il gene responsabile per questo bilanciamento tra i sessi, almeno per quanto riguarda i moscerini della frutta (Drosophila).

In natura gli esemplari di Drosophila mantengono una sostanziale parità numerica tra i sessi, mentre in laboratorio accade spesso che siano predominanti gli individui di sesso femminile. Si immaginava che la disparità fosse dovuta a una generale predominanza del cromosoma sessuale femminile X su quello maschile Y, ma non vi erano dati certi per comprendere il curioso fenomeno.
Determinato a ottenere una risposta concreta e basata sul DNA, un team di genetisti guidati da Tao Yun della Emory University (Georgia, USA) ha analizzato i geni della Drosophila scovando finalmente il responsabile. I ricercatori hanno confrontato il DNA dei moscerini da laboratorio, che danno origine al 90% di nuove femmine, con il DNA di alcuni moscerini appena catturati in natura, che danno origine a un numero equilibrato di maschi e femmine. È stato così possibile isolare un gene collocato sul cromosoma sessuale X dei moscerini da laboratorio, battezzato dai ricercatori Dox.

I ricercatori hanno così scoperto che i moscerini in possesso del gene Dox hanno un’alta concentrazione di cromosomi X nel loro liquido seminale e pochissimi cromosomi Y. Secondo la ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica PLoS Biology, il gene Dox sarebbe in grado di disattivare il cromosoma Y, portando alla nascita di più femmine (XX) rispetto agli esemplari di sesso maschile (XY). Nei moscerini privi di gene Dox, invece, le probabilità di fecondazione rimangono pressoché identiche a quelle registrate in natura.
Ma cosa determina la presenza del gene Dox? Grazie a un’altra serie di esperimenti, i ricercatori hanno identificato un altro gene, chiamato Nmy, in grado di inibire il gene Dox. In laboratorio, i moscerini dotati di Dox e Nmy hanno prodotto un numero uguale di esemplari maschi e femmine, mentre i moscerini privi di Nmy hanno dato origine a un numero maggiore di esemplari di sesso femminile.

Non è ancora chiaro se un meccanismo simile a quello rilevato negli esemplari di Drosophila possa essere comune ad altre specie viventi. Secondo il prof. Tao Yun, la scoperta potrebbe contribuire a spiegare i complessi meccanismi di soppressione dei cromosomi X e Y che portano alla creazione dei gameti, le cellule sessuali che danno poi vita all’embrione.