A un passo dal vaccino universale contro l’influenza

C’è poco da fare: essersi ammalati di influenza un anno non esclude la possibilità di ammalarsi nuovamente di influenza l’anno successivo e quello dopo ancora, e così via.

L'emaglutinina apre la strada al virus all'interno delle cellule (credit: nih.gov)
L'emaglutinina apre la strada al virus all'interno delle cellule (credit: nih.gov)

Come è noto, il virus dell’influenza si evolve molto rapidamente sfuggendo al controllo del nostro sistema immunitario e degli stessi ricercatori, coinvolti ogni anni in una vera e propria corsa contro il tempo per preparare il giusto vaccino per mettersi al riparo da questa malattia stagionale. Il famigerato virus potrebbe, però, avere presto vita difficile grazie a una recente scoperta, che ha consentito di identificare una serie di anticorpi in grado di contrastare un’ampia gamma di virus influenzali. L’importante passo avanti potrebbe portare alla creazione di vaccini ad ampio spettro in grado di prevenire anche le forme più violente di influenza come l’aviaria.

Il segreto della nuova scoperta risiede in una particolare proteina conosciuta con il nome di emaglutinina. Questa proteina ricopre la superficie dei virus e consente loro di attecchire ai recettori delle cellule dando così il via al contagio. Attraverso alcuni passaggi molecolari, l’emaglutinina consente alla membrana del virus di fondersi con quella della cellula, aprendosi una via per la contaminazione a livello cellulare.

Generalmente, i vaccini creano degli specifici anticorpi per colpire la parte iniziale della catena molecolare che costituisce l’emaglutinina e impedire ai virus influenzali di attecchire alle membrane cellulari per avviare il contagio. La porzione della proteina colpita muta però molto rapidamente, rendendo necessario un nuovo vaccino ogni anno per trattare nella maniera più efficace l’emaglutinina. Leggi tutto “A un passo dal vaccino universale contro l’influenza”

Un’alga più vecchia del previsto mette in crisi gli evoluzionisti

Volvox aureus
Volvox aureus

L’unione fa la forza, e anche la scienza lo conferma. Se le prime cellule che popolarono il nostro pianeta non avessero iniziato ad unirsi e organizzarsi, dando vita a organismi complessi, non si sarebbe verificata una piena evoluzione e oggi la Terra sarebbe probabilmente una landa desolata come tanti altri corpi celesti.

Una nuova ricerca ha da poco messo in luce come le cellule di una particolare alga, Volvox, abbiano imparato a collaborare tra loro molto prima di quanto ipotizzato fino ad ora. Se così fosse, questi particolari organismi potrebbero comportare una retrodatazione dell’inizio dei processi evolutivi di diversi milioni di anni. La controversa scoperta potrebbe dunque portare a una revisione dell’attuale suddivisione temporale legata all’evoluzione di alcune specie.

L’alga Volvox è oggetto di studio da parte dei ricercatori ormai da diverso tempo. Nel corso degli anni Settanta del secolo scorso, alcuni studi suggerirono come le cellule di questa alga verde si fossero specializzate tra i 50 e i 75 milioni di anni fa. Un processo evolutivo iniziato dunque più di un miliardo di anno dopo la nascita dei primi organismi multicellulari, e dunque un ottimo terreno di studio per comprendere i segreti dell’evoluzione. Leggi tutto “Un’alga più vecchia del previsto mette in crisi gli evoluzionisti”

AIDS: un gel microbicida contro l’HIV

Schema stilizzato di una sezione del virus dell'HIV
Schema stilizzato di una sezione del virus dell'HIV

Dopo numerosi anni di prove e risultati poco soddisfacenti, ora un gruppo di ricercatori potrebbe essere a un passo dalla realizzazione di un microbicida vaginale utile per contrastare le infezioni dovute all’HIV, il virus dell’AIDS. Un importante progresso, che dovrà essere ora testato approfonditamente attraverso numerosi test clinici, utili per costruire una solida statistica per il nuovo farmaco.

I numeri dello studio sono comunque già notevoli: la ricerca ha interessato oltre 3.000 donne in cinque Paesi, quattro dei quali nell’area dell’Africa subsahariana, dove le donne con l’HIV costituiscono circa il 60% della popolazione adulta. Le donne che hanno utilizzato il microbicida Pro2000 prima di avere rapporti sessuali hanno fatto registrare un calo di circa il 30% nell’incidenza delle infezioni da HIV rispetto alle donne cui era stato assegnato un differente microbicida, un placebo o nessun gel da applicare.

Risultati importanti e di poco distanti dalla riduzione del 33% ritenuta statisticamente significativa dai ricercatori. Gli autori della ricerca si attendevano in realtà risultati migliori, ma il trend segnato sembra essere comunque positivo e incoraggiante per le prossime fasi di sviluppo del microbicida. Secondo Abdul Karim, responsabile del Centre for the AIDS Programme Research di Congella (Sud Africa) e coordinatore sul campo dello studio, i risultati ottenuti costituiscono una prima importante speranza per le giovani donne di un intero continente ove il virus dell’HIV è ormai dilagante. Leggi tutto “AIDS: un gel microbicida contro l’HIV”

Due proteine rendono le cellule tumorali più resistenti alla chemioterapia

Quali differenze fanno sì che alcune cellule tumorali rispetto ad altre sopravvivano alla chemioterapia, lasciando così la porta aperta a nuove metastasi?

Celulla cancerogena al microscopio elettronico
Celulla cancerogena al microscopio elettronico

Rispondere a una domande del genere non era certo semplice, ma i ricercatori del Weizmann Institute non si sono dati per vinti e hanno avviato una meticolosa ricerca, sviluppando nuove procedure per immortalare e analizzare migliaia di cellule sottoposte agli effetti della chemioterapia. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Science, ha consentito di comprendere meglio le reazioni innescate dai farmaci chemioterapici nelle cellule e le loro risposte ai trattamenti clinici antitumorali.

I ricercatori Ariel Cohen, Naama Geva-Zatorsky ed Eran Eden hanno analizzato il comportamento di circa 1000 differenti proteine coinvolte nei processi di sopravvivenza delle cellule. L’intero lavoro di ricerca è durato diversi anni: per ogni gruppo di cellule tumorali si è resa necessaria la corretta mappatura delle proteine in esse presenti grazie a un gene, rilevabile perché fluorescente, e a una serie di fotografie scattate a intervalli regolari per 72 ore consecutive. Terminata la mappatura, i ricercatori hanno iniettato in ogni gruppo di cellule un farmaco chemioterapico, osservando poi i processi che portavano alla morte di alcune cellule e alla resistenza di altre. Leggi tutto “Due proteine rendono le cellule tumorali più resistenti alla chemioterapia”

C’è un enzima tra le cause dell’artrite reumatoide

microscopioLa ricerca per contrastare l’artrite reumatoide segna un nuovo punto a suo favore. Un gruppo di ricercatori ha scoperto nuovi importanti dettagli sulle cause che portano a questa particolare patologia, che comporta un progressivo assottigliamento delle ossa e una dolorosa deformazione delle articolazioni tale da precludere anche i più semplici movimenti a chi ne è affetto.

Semplificando molto, l’artrite reumatoide è causata da un comportamento errato del nostro sistema immunitario – la nostra principale difesa contro malattie, virus e batteri – che identifica le ossa come corpi estranei del nostro organismo e dunque da distruggere attraverso specifiche reazioni chimiche. Il Fattore di Necrosi Tumorale alfa (TNF-alfa) è uno degli elementi che portano alla distruzione delle ossa e delle cartilagini. Il TNF-alfa è inoltre in grado di influenzare la massa delle ossa condizionando sensibilmente le dinamiche che portano alla costante rigenerazione dell’apparato scheletrico.

Per mantenere costante la resistenza delle ossa, l’organismo umano procede ha una continua opera di smantellamento e ricostruzione. Due tipi di cellule, gli osteoclasti e gli osteoblasti, si occupano di questo delicato compito seguendo i segnali che ricevano da alcune molecole regolatrici come quelle del TNF-alfa. Gli osteoclasti provvedono a smantellare le cellule dell’osso ormai invecchiate preparando la strada per gli osteoblasti che costruiscono invece le nuove parti dell’osso. In un organismo sano, osteoblasti e osteoclasti lavorano in perfetto equilibrio, consentendo una costante rigenerazione delle ossa. Leggi tutto “C’è un enzima tra le cause dell’artrite reumatoide”

Nel sonno i segreti del diabete?

Sembra esserci un rapporto particolare tra il sonno e il diabete di tipo 2. A rivelarlo è un gruppo di ricercatori, che ha recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Nature Genetics gli esiti di uno studio sulla mutazione di un gene in grado di regolare i ritmi giornalieri del nostro organismo, ma anche di accrescere le possibilità di contrarre il diabete.

Il nostro organismo è munito di una sorta di orologio interno, i ritmi circadiani, regolato da un ormone chiamato melatonina, i cui livelli variano tra il dì e la notte determinando le fasi di riposo notturne e le attività diurne. La melatonina riveste un ruolo fondamentale regolando il ciclo sonno-veglia ed ha specifiche interazioni con il nostro metabolismo. Secondo alcuni studi recenti, per esempio, chi dorme poco ha una maggiore probabilità di essere obeso e contrarre il diabete. Studi di laboratorio hanno dimostrato come ritmi circadiani disturbati possano effettivamente causare un aumento di peso.

Da tempo i ricercatori ipotizzano che la melatonina possa anche influenzare i livelli di un altro ormone, l’insulina, fondamentale per la regolazione del prelievo degli zuccheri presenti nel sangue da parte delle cellule. Un risvolto molto importante per comprendere meglio le dinamiche del diabete di tipo 2, che causa un’alterazione del normale prelievo di zuccheri, portando a conseguenze anche gravi per l’organismo in assenza di integrazioni dall’esterno di insulina. Leggi tutto “Nel sonno i segreti del diabete?”