Chi dorme conserva i ricordi

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Com’è noto, la stanchezza non aiuta la memoria: la carenza di sonno per una notte passata in bianco, per esempio, può renderci smemorati e “assenti” il giorno seguente. Secondo una nuova ricerca scientifica, la mancanza di sonno distrugge una specifica molecola presente nei circuiti della memoria del nostro cervello rendendo difficoltosi i meccanismi legati ai ricordi.

I ricercatori hanno scoperto che la privazione del sonno interrompe l’accumulo dei ricordi, un processo che comporta la formazione di nuove connessioni tra i neuroni o il rafforzamento dei collegamenti già in atto. Tale meccanismo impiega solitamente alcune ore per giungere a termine e richiede un complesso e intricato sistema molecolare per poter funzionare. Leggi tutto “Chi dorme conserva i ricordi”

Se l’influenza A (H1N1) lascia senza fiato

H1N1Sembrano giungere notizie confortanti sull’influenza A (H1N1) dall’Australia e dalla Nuova Zelanda, aree nelle quali il virus ha già espresso buona parte del proprio potenziale durante l’inverno australe. Stando a una recente ricerca, la maggior parte degli individui colpiti da grave insufficienza respiratoria a causa dell’influenza A sono riusciti a sopravvivere grazie a un trattamento per arricchire il sangue di ossigeno.

Una delle complicazioni più pericolose legate all’influenza è la possibilità di incorrere in una sindrome da distress respiratorio (ARDS), una condizione che può portare a danni diffusi dei capillari alveolari a tal punto da causare una forte insufficienza respiratoria e il formarsi di liquido nei polmoni. Alcuni pazienti con H1N1, rivela lo studio, sono stati curati attraverso dispositivi biomedicali per la ossigenazione con membrana extracorporea (ECMO) per ridimensionare la gravità dell’insufficienza respiratoria ottenendo risultati molto promettenti.

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La recessione allunga la vita?

La recessione fa bene alla salute. A sostenerlo è un gruppo di ricercatori che ha da poco terminato l’analisi dei dati storici sulle crisi economiche che hanno investito gli Stati Uniti nel periodo della Grande Depressione.

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Nel 1932, il livello di disoccupazione negli States raggiunse il 22,9% e il prodotto interno lordo crollò di ben 14 punti percentuali. Eppure, nonostante le precarie condizioni economiche per decine di milioni di persone, l’americano medio era più in salute durante quel periodo che nei momenti di prosperità prima e dopo la crisi. Leggi tutto “La recessione allunga la vita?”

Quando l’obesità ostacola la chemioterapia

L’obesità rende meno efficace la chemioterapia e contribuisce ad aumentare le probabilità di una ricaduta tra i bambini affetti da leucemia. Sono queste le conclusioni cui sono giunti alcuni ricercatori impegnati sul fronte della lotta ai tumori.

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Cellule leucemiche (credit: chem.utoronto.ca)

La studio è stato realizzato da un team di ricerca guidato da Steven D. Mittelman (Division of Endocrinology, Childrens Hospital Los Angeles – USA) sulla base di un precedente paper scientifico che aveva messo in evidenza come i bambini obesi affetti da leucemia avessero in media il 50% di probabilità in più di andare incontro a una recidiva rispetto agli altri bambini di normale costituzione. Leggi tutto “Quando l’obesità ostacola la chemioterapia”

Enigma depressione: il gene della discordia

depressioneNon giungono buone notizie dal fronte della ricerca sulla depressione. Dopo una attena analisi di un precedente studio, un gruppo di ricercatori ha messo seriamente in dubbio la possibilità di un collegamento tra una variante genetica scoperta nel 2003 e l’insorgenza degli stati depressivi negli individui predisposti.

Circa sei anni fa,  attraverso l’analisi di 847 volontari il ricercatore Avshalom Caspi aveva scoperto che gli individui portatori di una versione corta (allele corto) del gene trasportatore della serotonina (un neurotrasmettitore implicato nella regolazione dell’umore) avevano molte più probabilità di entrare in stati depressivi rispetto a coloro con gli alleli lunghi. Si ipotizzava infatti che le condizioni avverse della vita potessero portare in qualche modo il gene a produrre meno serotonina, determinando così la depressione. Una scoperta rivoluzionaria, che portò molto ottimismo nella comunità scientifica, da tempo alla ricerca di cure più efficaci per contrastare gli stati depressivi.  Leggi tutto “Enigma depressione: il gene della discordia”

La lebbra è più vecchia del previsto

I segni della lebbra sullo scheletro ritrovato in India (credit: Gwen Robbins et al., PLoS ONE)
I segni della lebbra sullo scheletro ritrovato in India (credit: Gwen Robbins et al., PLoS ONE)

La lebbra affligge l’umanità da molto più tempo di quanto non si pensasse. A rivelarlo è un gruppo di ricercatori, che ha da poco scoperto in India uno scheletro risalente a circa 4.000 anni fa con evidenti tracce lasciate dalla terribile patologia. Il nuovo ritrovamento riporta indietro di circa 1500 anni le origini della malattia e fornisce nuovi elementi per comprendere come la lebbra si sia diffusa su scala globale.

Fino a oggi, le testimonianze più remote nel tempo della malattia erano state ritrovate in alcuni testi nel sud dell’Asia risalenti al VI secolo prima dell’era volgare, dove venivano descritte le disabilità solitamente causate dalla patologia. In maniera più ambigua, anche nei Veda, gli antichi testi sacri dell’induismo databili intorno a due millenni prima dell’era volgare, si faceva cenno a una malattia simile alla lebbra. Infine, in Egitto fu ritrovato lo scheletro con i segni della lebbra più antico finora conosciuto, risalente al II secolo prima dell’era volgare. Tracce inequivocabili, poiché la lebbra attacca sì la pelle e le terminazioni nervose più periferiche, ma nei casi più gravi può anche diffondersi fino al tessuto osseo. Leggi tutto “La lebbra è più vecchia del previsto”