Scoperti alcuni segreti della matematica degli Aztechi

Gli Aztechi estesero il loro controllo su buona parte del Messico centrale alcuni secoli prima dell’arrivo degli spagnoli, avvenuto intorno al 1519. Ottimo conoscitore delle scienze matematiche, il popolo azteco ha prodotto la più grande quantità di scritti sulla matematica tra tutte le società precolombiane.

Due manoscritti, in particolare, hanno incuriosito per molto tempo gli studiosi. Essi contengono la minuziosa suddivisione di alcune aree terriere nella Valle del Messico attuata dagli antichi aztechi per il loro particolare sistema di tassazione. Analizzando il Codice Vergara, uno dei manoscritti, due ricercatrici sono riuscite nella difficile impresa di decodificare il metodo utilizzato dai notai della popolazione precolombiana per misurare la superficie dei campi.

Per giungere all’importante scoperta, le due studiose – una matematica e una geografa – sono partite da ciò che già si conosceva sulla matematica degli Aztechi. Questa antica popolazione utilizzava un sistema vigesimale, ovvero a base 20. Nell’aritmetica azteca, un punto equivaleva a 1, un trattino a 5 e così via con numerosi altri simboli utilizzati per rappresentare interi e multipli.
Il Codice Vergara, risalente al 1540, contiene alcuni disegni e numerose misure schematiche per ogni singolo campo. Grazie ad alcuni studi precedenti sul documento, era stato possibile rilevare come gli Aztechi padroneggiassero perfettamente il concetto di moltiplicazione e divisione, così come alcuni principi elementari di geometria. Leggi tutto “Scoperti alcuni segreti della matematica degli Aztechi”

L’Odissea scientifica di Arthur Clarke

Ci sono pochi divulgatori scientifici in Italia validi e competenti come Piero Bianucci. Il papà dell’inserto di divulgazione scientifica Tuttoscienze del quotidiano La Stampa, ricorda in un meraviglioso articolo la mente e il mito di Arthur Clarke.
Da poco scomparso, Clarke non è stato semplicemente un romanziere di successo con il suo 2001 Odissea nello Spazio, ma anche un competente e visionario uomo di Scienza…

Quando telefoniamo da un continente all’altro, o vediamo in diretta una gara di Formula 1 che si svolge dall’altra parte del mondo, dovremmo ricordarci di lui. Invece lo conosciamo per un romanzo che nel 1968 il regista Stanley Kubrick trasformò nel più celebrato film di fantascienza, 2001: Odissea nello spazio. Arthur Charles Clarke la sua felice odissea di scienziato e scrittore di successo l’ha conclusa ieri a 90 anni nello Sri Lanka, dove si era trasferito fin dal 1956.

L’idea più brillante gli balenò nel 1945: c’è un’orbita intorno alla Terra che un satellite percorre esattamente in 24 ore e con la legge di Newton è facile calcolare che si trova a 35.800 chilometri di altezza, un decimo della distanza della Luna. Un satellite che percorra quell’orbita sopra l’equatore rimarrà fisso sopra un dato luogo come se fosse sulla cima di un altissimo palo. Per questo si chiama orbita geostazionaria, o anche, com’è giusto, «orbita di Clarke». [continua]

Così l’influenza aviaria del 1918 divenne epidemia

I ricercatori del Massachusetts Institute of Technology sono riusciti nella difficile impresa di comprendere come due mutazioni del virus H1N1, dell’influenza aviaria, siano state fondamentali nella diffusione della malattia tra gli esseri umani, che causò nel corso del 1918 circa 50 milioni di vittime.

H1N1Il gruppo di ricerca ha dimostrato come l’influenza del 1918 sviluppò due mutazioni sulla superficie di una molecola nota come emoagglutinina (HA), che permisero al virus di attecchire con molta più facilità nelle vie respiratorie superiori dell’organismo umano. L’importante scoperta, che potrebbe fornire informazioni per lo studio dei nuovi virus dell’influenza aviaria, è stata effettuata al MIT dal team guidato dal prof. Ram Sasisekharan, che ha pubblicato i risultati della ricerca sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS).
Come dimostrò Sasisekharan in uno studio precedente, i virus dell’influenza possono fare breccia nelle cellule dell’apparato respiratorio quando sono in grado di combaciare con la forma dei recettori (glicani) presenti sulle membrane cellulari. I recettori tipici delle cellule dell’apparato respiratorio umano sono conosciuti come recettori alpha 2-6, e si presentano con forme che ricordano quella di un cono e di un ombrello aperto. Per diffondersi nell’organismo, i ricercatori hanno scoperto che il virus dell’influenza aviaria deve forzatamente acquisire la capacità di legarsi con il recettore a forma di ombrello. Leggi tutto “Così l’influenza aviaria del 1918 divenne epidemia”

Come impara un cieco a leggere e a scrivere?

Era il 1829 quando il Censimento della popolazione di Francia classificò il giovane Louis Braille, allievo all’Istituto dei Giovani Ciechi di Parigi, come incapace di leggere o scrivere. All’epoca, l’insegnamento impartito nelle poche scuole per non vedenti era principalmente di natura orale. Esistevano alcuni testi prodotti con enormi lettere in rilievo, ma produrre interi libri in quel modo era impensabile e tecnicamente molto complicato.

Sempre nel 1829, il giovane Louis Braille mise a punto un metodo innovativo per consentire ai ciechi di leggere e scrivere. Il nuovo sistema, molto pratico e semplice da imparare venne impiegato a fasi alterne dai docenti dell’Istituto, per poi essere proibito dal nuovo direttore. Nonostante le avversità iniziali, il metodo ti lettura creato da Braille si impose nei decenni successivi, specialmente dopo la morte del suo ideatore. Leggi tutto “Come impara un cieco a leggere e a scrivere?”

Formiche argentine, le carnivore vegetariane

La capacità delle temibili formiche argentine di cambiare regime di alimentazione, da carnivoro a vegetariano, ha consentito a queste piccole creature di invadere rapidamente le aree costiere fino in California, stabilendo numerose nuove colonie per migliaia di chilometri.

Esemplari di formica argentina attaccano una specie autoctona [credit: Alex Wild]Non hanno dubbi in proposito i biologi dell’University of California (San Diego) e dell’University of Illinois, che hanno scoperto la considerevole capacità delle formiche Linepithema humile di adattare la loro dieta all’ambiente in cui si trovano. Per otto anni, i ricercatori hanno studiato con attenzione numerose colonie di formiche nell’area meridionale di San Diego. I risultati della loro ricerca sono stati recentemente pubblicati sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences. «Nonostante queste specie di formiche fossero conosciute per il loro effetto su numerosi ecosistemi in molti Paesi, gli entomologi non sapevano ancora con precisione quale potesse essere la loro dieta» ha dichiarato Davi Holway, docente alla università di San Diego, che ha guidato la lunga ricerca sulle formiche in Argentina e California.

Lo studio californiano evidenzia, per la prima volta, il particolare comportamento di questi insetti. Quando le formiche argentine giungono in una nuova area da colonizzare si trasformano in voraci cacciatrici, pronte a fare incetta degli insetti nativi del luogo nutrendosi del loro sangue. Eliminata la possibile concorrenza, e di conseguenza la loro principale fonte di cibo, le formiche argentine invertono completamente la loro dieta abbandonando l’alimentazione altamente proteica per dedicarsi a carboidrati, zuccheri e acqua.
Il repentino cambio di dieta non solo consente alle formiche di sopravvivere, ma anche di prosperare: la quantità di vegetali è sempre decine di volte maggiore rispetto a quella degli insetti da cacciare. Holway non ha dubbi: «Grazie alla loro dieta flessibile, le formiche argentine sono in grado di consumare una grande varietà di cibi, ed è proprio la possibilità di consumare carboidrati che rende le loro comunità così forti».

Ma non è solamente l’alimentazione a rendere particolari questi piccoli insetti. I ricercatori hanno infatti scoperto che il DNA delle specie radicatesi nella costa meridionale è pressoché identico a quello delle formiche argentine che vivono più a nord. La ridotta differenziazione genetica ha consentito alle colonie di crescere enormemente per centinaia di chilometri nella sola California. Fenomeno che non è invece avvenuto in Argentina, dove le colonie sono di dimensioni ridotte a causa della più marcata differenziazione genetica.
Lunghe appena due millimetri, le formiche argentine sarebbero giunte negli Stati Uniti grazie ai passaggi offerti dalle navi mercantili che trasportavano caffè e zucchero dall’Argentina negli ultimi anni del diciannovesimo secolo.
Giunte negli States le formiche trovarono ideali gli ecosistemi della California, dove portarono numerose devastazioni uccidendo molte specie locali di insetti per stabilire le loro colonie. Una vera e propria guerra di invasione, che continua ancora oggi nelle nuove aree in cui l’uomo ha portato, con l’irrigazione, un nuovo rigoglio per la flora: un delizioso manicaretto per le fameliche formiche argentine.

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La cometa dei Re Magi è realmente esistita?

Secondo le sacre scritture, quando Gesù nacque, i tre Magi videro una stella brillare ad est che segnalava la “nascita di un nuovo re”. Da un punto di vista prettamente scientifico, cosa videro realmente i Re Magi, o da cosa trasse l’ispirazione chi raccontò/inventò la loro storia? Secondo Fred Grosse, docente di fisica e astronomia alla Susquehanna University di Selinsgrove (USA), una particolare teoria potrebbe svelare l’arcano.

Il corpo celeste avvistato dai Magi sarebbe stato il frutto di una congiunzione planetaria, un particolare fenomeno che avviene quando due astri possiedono la medesima longitudine rispetto a un punto di osservazione sulla Terra. Spesso, questo genere di congiunzioni venivano interpretate dagli antichi come un unico grande astro e non la somma di due distinti corpi celesti.
«Nell’anno 6 prima dell’Era Volgare (avanti Cristo), Giove e Saturno si incrociarono per ben tre volte, in Maggio, Settembre e Dicembre originando una congiunzione planetaria» ha dichiarato il prof. Grosse. Il periodo indicato potrebbe essere un ottimo candidato per spiegare cosa realmente videro i re Magi: da alcuni anni si immagina, infatti, che l’anno di nascita di Gesù sia precedente al convenzionale anno zero. Inoltre, un evento del genere accade molto di rado, mediamente ogni 140 anni.

Luna, Saturno, Giove e Marte in congiunzione planetaria [credit: http://www.dosgatos.com/au/4620conjunc.html]«Un’ipotesi potrebbe essere che i Magi abbiano visto uno dei due primi incroci prima di giungere a Betlemme con il terzo incrocio di Dicembre». Nonostante questa sia la tesi maggiormente affermata sul falso avvistamento di una cometa intorno all’anno zero, avallato anche dal grande astronomo Keplero, altre teorie cercano di spiegare il curioso fenomeno astronomico.
Grosse ipotizza che il forte bagliore colto nei cieli d’oriente possa essere stato causato da una Nova, o da una Supernova: corpi celesti estremamente luminosi che compaiono in cielo per una breve durata di tempo. «Alcuni osservatori delle stelle segnalarono, nel 1006, un corpo celeste luminoso quasi quanto il sole, e visibile ad occhio nudo per almeno un paio d’anni nei cieli notturni». Secondo alcuni documenti recuperati in Cina, una “stella temporanea” apparve nel cielo intorno agli anni della nascita di Gesù, tra il 4 e il 5 prima dell’Era Volgare.

Forse non sapremo mai se ciò che raccontano le Sacre Scritture sia realmente autentico, o il frutto di numerose stratificazioni culturali che hanno trovato la loro sintesi nei Vangeli. È indubbio, però, che un evento nella volta celeste sconvolse in quegli anni la vita di numerose persone. Ciò vale per la Scienza, materiale e razionale, quanto per i percorsi di fede dei credenti che a quel punto luminoso attribuiscono un particolare valore trascendentale.