La nostra saliva ha adattato la propria formula chimica nel corso di milioni di anni, consentendo ai nostri antenati di sopravvivere e trarre il massimo nutrimento anche dagli alimenti più complessi come l’amido. Questi i sorprendenti risultati di una recente ricerca guidata dal prof. George Perry dell’Arizona State University (USA), pubblicati recentemente sulla prestigiosa rivista scientifica Nature Genetics.
Ogni giorno il nostro organismo produce tra i 1.300 e i 1.500 cm³ di saliva per ripulire e umidificare il palato, ma soprattutto per favorire le complesse fasi della digestione. Composta prevalentemente da acqua (circa il 95%), la saliva contiene numerosi enzimi fondamentali nei processi di scissione delle sostanze chimiche che ingeriamo durante i nostri pasti.
Molti di questi enzimi, come l’amilasi, sono preposti al metabolismo dei carboidrati complessi (i polisaccaridi) come l’amido. Secondo la ricerca di Perry, nel corso dell’evoluzione umana, il nostro DNA si è profondamente modificato per adattare la nostra saliva a specifici tipi di alimentazione, trovando il modo di metabolizzare correttamente gli amidi, un’inestimabile riserva di energia per l’organismo umano.
Per trovare conferma alle sue teorie, il team di Perry ha svolto un’attenta e meticolosa ricerca sul campo, coinvolgendo centinaia di volontari gentilmente invitati a sputare per il bene della Scienza. I campioni di saliva raccolti sono stati poi analizzati in laboratorio per misurare la quantità di geni preposti alla produzione di amilasi presenti in ogni provetta.
I risultati del test hanno confermato la teoria di Perry. Il numero di geni con le istruzioni per produrre amilasi cambia considerevolmente tra DNA diversi. Ciò significa che alcuni individui sono in grado di produrre maggiori quantità di enzimi preposti alla digestione degli amidi.
Non pago del risultato ottenuto, George Perry ha sguinzagliato i propri ricercatori per tutto il mondo con l’ingrato incarico di raccogliere un’ampia varietà di sputi. Queste ulteriori analisi hanno confermato definitivamente la relazione tra abitudini alimentari e istruzioni genetiche utili per la costruzione delle amilasi. Popolazioni con una dieta ricca di amidi, come quelle della Tanzania, arrivano a possedere 7 geni specifici per le amilasi a fronte dei 5 geni posseduti dai pigmei.
Gli scimpanzé, i nostri diretti “parenti” nella catena evolutiva, posseggono solamente due geni del loro DNA preposti alla codifica delle amilasi. Secondo Perry, ciò dimostra che il progressivo adattamento del nostro DNA agli amidi si sia verificato centinaia di migliaia di anni fa e si sia acuito con l’introduzione dell’agricoltura stanziale circa 150.000 anni or sono.
La possibilità di metabolizzare completamente gli amidi rivoluzionò la nostra vita, abbattendo sensibilmente gli episodi di mortalità infantile e fornendo nuova linfa per l’evoluzione del nostro cervello. Niente male per un semplice sputo…
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