Perché i tubi fluorescenti durano più a lungo delle comuni lampadine?

Filamento incandescente di una comune lampadina [credit: sustainabledesignupdate.com]Una normale lampadina produce luce grazie al principio dell’incandescenza. Ogni volta che accendiamo la luce, la corrente elettrica passa attraverso un sottile filamento di tungsteno collocato al centro del bulbo della lampadina. Il passaggio di corrente surriscalda il filamento, che raggiunge in pochi istanti una temperatura media di 2600°C. Un particolare gas inerte iniettato nella lampadina impedisce al filamento di bruciare e di consumarsi troppo rapidamente, tuttavia l’estremo calore raggiunto causa il distaccamento di alcuni atomi di tungsteno. Questi si condensano all’interno del bulbo e, a poco a poco, lo anneriscono dando l’impressione di aver letteralmente “bruciato” il vetro.

Grazie al gas inerte, il tungsteno evapora molto lentamente, ma in maniera disomogenea e comunque costante. Così, in alcuni punti il filamento diventa più sottile, offrendo maggiore resistenza al flusso dell’elettricità, che comporta un maggior surriscaldamento della porzione di tungsteno compresa nella “strozzatura”. Gli atomi del metallo accelerano il loro processo di evaporazione e, mediamente dopo 1000 ore di utilizzo della lampadina, il filamento si spezza creando una piccola esplosione.

Schema dei principali elementi di un tubo a fluorescenza (credit: eere.energy.gov)
Schema dei principali elementi di un tubo a fluorescenza (credit: eere.energy.gov)

Le lampadine a incandescenza producono la luce disperdendo enormi quantità di energia sotto forma di calore, solo il 30% dell’elettricità utilizzata si trasforma in luce. Da questo punto di vista, le lampade fluorescenti hanno un rendimento migliore e una maggior durata.

Come nelle lampadine a incandescenza, anche nei tubi fluorescenti troviamo un piccolo filamento, che viene però utilizzato per una funzione molto diversa. Un tubo fluorescente è rivestito al proprio interno da uno strato di fosfori, particolari sostanze chimiche che assorbono la luce ultravioletta invisibile all’occhio umano per poi restituirla con un fascio di luce nello spettro del visibile. A differenza delle lampade a incandescenza, per avvenire questo processo non richiede grandi quantità di calore. E’ infatti sufficiente che i due elettrodi si scaldino a sufficienza per emettere elettroni e non luce. Gli elettroni trasmettono la corrente tra le due estremità del tubo, attraversando un particolare gas generalmente al mercurio.

Semplificando un poco: durante la loro traversata, gli elettroni si scontrano con gli atomi di mercurio causando uno spostamento di livello degli elettroni del gas (gli elettroni orbitano con differenti distanze dal nucleo dell’atomo a seconda dell’intensità della loro carica). Quando gli elettroni del mercurio recuperano la loro posizione iniziale si “scaricano” emettendo una luce ultravioletta, che attiva i fosfori con cui è rivestito l’interno del tubo producendo luce visibile. Questo processo avviene miliardi di volte in pochi secondi, assicurando una luce stabile e costante.

Gli elettrodi dei tubi fluorescenti, la fonte degli elettroni, funzionano a temperature assai più basse rispetto a quelle delle lampade a incandescenza, tanto da durare fino a otto volte di più. Col tempo gli elettrodi si degradano e perdono progressivamente la capacità di sviluppare un arco elettrico da una estremità all’altra del tubo fluorescente.

A differenza di quanto si sente spesso affermare, i tubi a fluorescenza e le lampade a basso consumo (che funzionano grazie a un procedimento simile) sono meno dannose per gli occhi rispetto alle comuni lampadine a incandescenza. Queste, infatti, producono un impercettibile sfarfallio che può – dopo molte ore – stancare la vista. Se ben mantenuti, i tubi a fluorescenza offrono una luce molto più stabile e riposante per i nostri occhi.