Fu proprio l’emofilia a decimare alcune case reali

Vittoria del Regno Unito
Vittoria del Regno Unito

I discendenti maschi della regina Vittoria non ebbero vita facile a causa di una salute molto cagionevole. Leopoldo, uno dei figli della monarca britannica, morì a causa di una emorragia dopo esser scivolato e caduto a terra. Il nipote di Vittoria, Friedrich, morì dissanguato all’età di due anni, mentre gli altri due nipoti Leopold e Maurice morirono prematuramente a 32 e 23 anni. Il “male regale” si diffuse poi tra le famiglie regnanti europee in seguito ai matrimoni dei discendenti della regina Vittoria portando gravi conseguenze per i monarchi di Germania, Russia e Spagna. Ma quale male affliggeva la stirpe della regina britannica?

Sulla base dei sintomi, intorno agli anni Settanta alcuni studiosi ricondussero il “male regale” all’emofilia, una malattia ereditaria che impedisce al sangue di coagularsi, anche se non vi erano prove schiaccianti in merito. Ora una nuova ricerca basata su alcune analisi del DNA effettuate sulle ossa dei Romanov (l’ultima famiglia reale russa) sembra confermare l’ipotesi della emofilia. Leggi tutto “Fu proprio l’emofilia a decimare alcune case reali”

Perché la pressione sanguigna ha un massimo e un minimo?

Il sangue che ci scorre nelle arterie e nelle vene è un liquido sotto pressione. Se così non fosse, la “linfa” che ci tiene in vita non potrebbe fluire dal cuore alla circolazione sanguigna. Questa pressione varia continuamente: quando il cuore si contrae, il sangue raggiunge il suo picco di pressione massima, chiamata sistolica, quando invece il muscolo cardiaco si rilascia (fra un battito e l’altro), la pressione scende raggiungendo il suo valore più basso, chiamato valore diastolico.

Per fini diagnostici, la pressione viene misurata in millimetri di mercurio (mm/Hg) con un particolare strumento chiamato sfigmomanometro. In media la pressione sistolica (“la massima”) di un adulto di media costituzione si aggira intorno ai 110-120 mm/Hg, mentre quella diastolica (“la minima”) è di circa 75-85 mm/Hg. Leggi tutto “Perché la pressione sanguigna ha un massimo e un minimo?”

Risultati incoraggianti per i vasi sanguigni creati in laboratorio

Sezione di un vaso sanguigno (credit: hypertension.ca)
Sezione di un vaso sanguigno (credit: hypertension.ca)

Si stanno rivelando molto efficaci i primi vasi sanguigni sperimentali realizzati con le cellule dei pazienti sottoposti ciclicamente all’emodialisi. I nuovi vasi sanguigni costituiscono il primo caso di innesto derivato totalmente dai tessuti del medesimo paziente e potrebbero eliminare l’incubo delle dolorose e pericolose reazioni immunitarie.

Quotidianamente, in tutto il mondo diversi milioni di persone con gravi insufficienze renali si sottopongono ai cicli di emodialisi per ripulire il loro sangue. Per rendere più rapida la procedura, i medici generalmente impiantano una fistola – ossia una congiunzione praticata tramite un vaso sanguigno tra una vena e una arteria – nel braccio del paziente, per consentire così al sangue di fluire all’esterno verso il rene artificiale (il macchinario che ripulisce il sangue) e di rifluire poi nel normale circolo sanguigno del dializzato. Leggi tutto “Risultati incoraggianti per i vasi sanguigni creati in laboratorio”

Diagnosticare l’Alzheimer dalle proteine del sangue

Una ricerca condotta su alcuni pazienti affetti da Alzheimer ha rilevato l’esistenza di alcune specifiche proteine nel sangue che potrebbero essere utilizzate per diagnosticare il “morbo dell’oblio” in maniera precoce ed efficace.
L’unico metodo finora utilizzato dai medici per diagnosticare l’Alzheimer prevede una serie di analisi mirate ad escludere altre possibili patologie. A oggi, infatti, non esiste un test definitivo per questa terribile malattia, se non l’analisi post mortem dei tessuti cerebrali e dei marcatori del morbo.

Area in cui è riscontrabile la presenza dell’Alzheimer nel cerebro umanoDopo numerosi anni di studio, il neurologo Tony Wyss-Coray (Stanford University School of Medicine in California) ha recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Medicine i sorprendenti risultati delle sue ricerche sui biomarcatori dell’Alzheimer, la “firma” del morbo riscontrabile negli individui affetti dalla malattia.
Grazie all’impegno del suo gruppo di ricercatori, Wyss-Coray ha identificato una combinazione particolare di 18 proteine in grado di indicare la presenza – anche nei primissimi stadi – del morbo di Alzheimer. Se i prossimi test confermeranno l’importante scoperta, sarà possibile diagnosticare la malattia con un banalissimo esame del sangue. Le persone positive al test potrebbero così iniziare da subito le terapie, oggi sempre più mirate, tese a rallentare i devastanti effetti dell’Alzheimer.

Neuroni sani a confronto con neuroni danneggiati dal morbo di Alzheimer [photo credit: GHI]Per raggiungere questo promettente risultato, i ricercatori guidati da Wyss-Coray hanno esaminato le proteine presenti in 259 campioni di sangue, provenienti da individui affetti o meno dalla malattia. Il team di ricerca ha poi focalizzato la propria attenzione sulle 120 proteine maggiormente utilizzate dalle cellule per comunicare tra loro, e su un gruppo di 18 aggregati proteici rinominato communicode. “Abbiamo pensato che queste proteine, presenti nel sangue, potessero portare qualche traccia dal cervello sulla presenza o meno della malattia” ha dichiarato un entusiasta Wyss-Coray.
I ricercatori hanno notato che un set di 18 proteine “addette alle comunicazioni” si presentavano con livelli di concentrazione molto differenti tra gli individui affetti da Alzheimer e tra quelli sani. Comparando i risultati dei test effettuati su 20 pazienti, cui era già stato diagnosticato il morbo, il team di ricerca ha dimostrato come la forte concentrazione del set di 18 proteine sia un indicatore molto affidabile per rilevare la presenza dell’Alzheimer.

La scoperta di Wyss-Coray potrebbe condurre presto a un nuovo test per verificare, in maniera molto più affidabile e diretta, la presenza dell’Alzheimer. La diagnosi precoce del morbo è fondamentale per arginare da subito i suoi effetti devastanti.
Nonostante ad oggi non esista una cura definitiva per il morbo, i numerosi protocolli terapeutici affinati in questi ultimi anni consentono di rallentare drasticamente la corsa dell’Alzheimer che porta chi ne è affetto a un inesorabile oblio.