Un bagliore nella notte di Venere

Venere (credit: nasa.gov)
Venere (credit: nasa.gov)

La sonda spaziale Venus Express della ESA (Agenzia Spaziale Europea) ha recentemente rilevato un intenso bagliore nell’atmosfera del pianeta Venere. Questa luce, rilevabile nello spettro dell’infrarosso, sembra sia stata causata da alcune reazioni di ossido d’azoto, dimostrando ai ricercatori come l’atmosfera di questo pianeta (il più vicino alla Terra) sia caratterizzata da turbolenze e forti venti capricciosi, spesso del tutto imprevedibili.

Il particolare bagliore è stato registrato dal Visible and Infrared Thermal Imaging Spectrometer (VIRTIS), uno spettrometro installato su Venus Express e appositamente calibrato per vedere nell’infrarosso. L’evento è stato rilevato in due momenti distinti dalla sonda e costituisce la prima osservazione diretta di un fenomeno del genere, una scoperta che potrebbe contribuire ad affinare le nostre conoscenze sull’atmosfera del pianeta.

Secondo gli astrofisici, infatti, uno studio approfondito dei parametri del bagliore causato dall’ossido di azoto consentirà di ottenere nuovi dettagli sulla temperatura, la direzione dei venti e la composizione chimica dell’atmosfera di Venere. La particolare luce notturna rilevata da Venus Express è sostanzialmente causata dai raggi ultravioletti emessi dal Sole, che irradiando l’atmosfera comportano la rottura di numerose molecole che assumono strutture più semplici. Leggi tutto “Un bagliore nella notte di Venere”

Pasti a base di bachi da seta per gli astronauti

Base Terra chiama Mission to Mars. Che cosa avete per cena?
Bachi da seta, Houston.

Un dialogo del genere potrebbe un giorno diffondersi realmente nello Spazio, almeno secondo un gruppo di ricercatori cinesi. Il baco da seta potrebbe infatti rivelarsi un’ottima risorsa per offrire pasti energetici agli astronauti impegnati nelle lunghe missioni spaziali.

Bozzoli bachi da seta
Bozzoli bachi da seta

Coprire le enormi distanze che separano la Terra da Marte (tra 100 e 56 milioni di Km a seconda del periodo) comporta lo studio di nuove soluzioni per la sopravvivenza degli astronauti nel corso del loro viaggio. Da tempo si ipotizza la creazione di piccoli ecosistemi a bordo delle navicelle spaziali per offrire ossigeno e cibo senza un grande dispendio di energia. Nel corso degli anni, per gli astronauti si sono ipotizzati menù a base di pollame, pesce o addirittura di larve di ricci di mare. Tutti questi esseri viventi hanno dimostrato di comportare non pochi effetti collaterali: il pollame richiede molto cibo e spazio, generalmente poco disponibili sulle navi spaziali, e produce numerose scorie; i pesci e i ricci di mare sono invece estremamente sensibili alle condizioni dell’acqua in cui vivono e un minimo sbalzo potrebbe portarli a morire rapidamente, lasciando così senza risorse per sopravvivere gli astronauti. Leggi tutto “Pasti a base di bachi da seta per gli astronauti”

Per 16 anni nel cuore della nostra Galassia a caccia di stelle

Il centro della Via Lattea (credit: Credit: ESO/S. Gillessen et al.)
Il centro della Via Lattea (credit: ESO/S. Gillessen et al.)

Spesso la costanza viene ripagata. Lo sanno bene gli astrofisici del Max Planck Institut (Monaco) che hanno condotto studi e rilevazioni per 16 anni su una trentina di stelle situate nell’area centrale della nostra galassia, la Via Lattea. La ricerca ha consentito di affinare le conoscenze sul buco nero “Sagittarius A” e sulle stelle collocate vicino al suo perimetro.

Utilizzando dispositivi di rilevazione basati sull’infrarosso, necessari per penetrare la fitta coltre di polvere interstellare presente in quell’area della Galassia, i ricercatori guidati da Reinhard Genzel sono stati in grado di osservare i movimenti di 28 stelle utili per comprendere e monitorare le caratteristiche di Sagittarius A. Secondo gli astrofisici, i dati raccolti negli anni costituirebbero una chiara dimostrazione empirica dell’esistenza dei buchi neri supermassici, ovvero caratterizzati da una massa di milioni e miliardi di volte superiore a quella del Sole.

Le orbite delle stelle rilevate al centro della Galassia sembrano infatti confermare la presenza di un elemento estremamente massivo, pari a circa 4 milioni di volte la massa del Sole, un indizio sufficiente per concludere che in quell’area della Via Lattea vi sia un buco nero vero e proprio. Le osservazioni hanno inoltre consentito agli astrofisici di misurare con maggiore accuratezza la distanza della Terra del centro della Galassia. Stando alle rilevazioni condotte osservando per 16 anni l’area, il nostro Pianeta dovrebbe trovarsi a circa 27.000 anni luce dal centro della Galassia. Leggi tutto “Per 16 anni nel cuore della nostra Galassia a caccia di stelle”

È il laser il nuovo alleato dei cacciatori di crateri

Nel nord ovest del Canada è stato da poco scoperto un nuovo cratere, creato circa 1100 anni fa da una meteora che impattò violentemente sul suolo terrestre nell’area vicina alle odierne foreste di Alberta. La scoperta è stata resa possibile da alcuni dispositivi per il telerilevamento, che potrebbero presto aiutare i ricercatori a scoprire altre aree in cui precipitarono meteore di piccole dimensioni.

Ciclicamente, alcuni asteroidi e comete relativamente piccoli vengono attratti dalla gravità terrestre e si schiantano al suolo producendo crateri larghi circa 40 metri, non sempre facilmente rilevabili. I detriti che non si polverizzano al momento dell’impatto col suolo costituiscono una risorsa molto importante per i geologi e gli astrofisici: gli elementi raccolti hanno contribuito alla ricostruzione degli eventi che portarono alla formazione del nostro sistema solare, per fare un singolo esempio.

Ritrovare i resti delle meteore non è però semplice. Le dimensioni ridotte fanno sì che i crateri si erodano rapidamente, nascondendo così alla vista il punto di impatto di un corpo celeste con il suolo terrestre. La vegetazione e i corsi d’acqua spesso contribuiscono a questo fenomeno di occultamento, rendendo pressoché introvabili i crateri intorno ai 40 metri di diametro. I dati sui ritrovamenti confermano chiaramente la difficoltà nel rintracciare i siti degli impatti: ne sono stati ritrovati solamente cinque, con età che affondano nella notte dei tempi fino a circa 12mila anni or sono. Leggi tutto “È il laser il nuovo alleato dei cacciatori di crateri”

Lo Spazio è forse più dolce del previsto, anche per la vita

Area in cui è stata identificata la molecola di RNA
Area in cui è stata identificata la molecola di RNA

Un gruppo di astronomi è riuscito a identificare un componente dell’RNA, il vettore attraverso il quale il DNA copia e ricopia le basi azotate che lo compongono, all’interno di un’area altamente massiva legata alla formazione di nuove stelle nella Via Lattea. Stando alle prime informazioni, la molecola si sarebbe formata insieme a tutti gli altri componenti che generalmente contribuiscono alla creazione di un pianeta, suggerendo dunque la presenza di alcuni degli ingredienti fondamentali per la vita in altre aree del Cosmo.

La nuova importante scoperta, riferita sul numero di questa settimana di Astro-ph, apre nuove importanti domande sulla possibilità di trovare la vita in altre aree dell’Universo. Utilizzando i radiotelescopi dell’IRAM, un team di astrofisici europei ha scoperto la presenza di glicoaldeide-a, uno degli zuccheri semplici alla base dell’RNA, all’interno del nucleo di quello che potrebbe essere un disco gassoso denso di polveri di una stella in formazione nell’area G31.41+0.31 della Via Lattea a circa 26mila anni luce dalla Terra. Leggi tutto “Lo Spazio è forse più dolce del previsto, anche per la vita”

Fotografati per la prima volta quattro pianeti extrasolari

L'immagine ritrae due pianeti extrasolari ("b" e "c") per la prima volta senza alcuna simulazione grafica
L'immagine ritrae due pianeti extrasolari ("b" e "c") per la prima volta senza alcuna simulazione grafica

Per anni gli astronomi hanno ipotizzato la presenza di pianeti in orbita intorno ad altre stelle. Dopo oltre un decennio di ricerche, per la prima volta sono stati identificati visivamente alcuni pianeti extrasolari. La fondamentale scoperta è stata annunciata dalla rivista scientifica Science, che riporta due lavori di ricerca distinti che hanno portato alla luce le immagini di quattro pianeti in orbita intorno a due stelle. Un passo avanti estremamente importante per lo studio del cosmo, che potrebbe presto aprire la strada a nuove teorie sulla formazione dei pianeti al di fuori del nostro sistema solare.

Fino ad ora, infatti, la presenza degli esopianeti era stata evidenziata solamente da alcuni indizi indiretti come le forze gravitazionali o le oscillazioni nella luminosità delle stelle condizionate dai moti planetari. Nessuno era mai riuscito a “vedere” materialmente un pianeta extrasolare. Grazie all’implementazione delle ottiche di nuova generazione dei telescopi terrestri, in grado di compensare l’effetto di distorsione dell’atmosfera, un gruppo di astronomi guidati da Christian Marois (National Research Council dell’Herzberg Institute of Astrophysics – Canada) è riuscito a identificare tre oggetti nei pressi di una stella lontana 128 anni luce dalla Terra e denominata HR 8799. Un gruppo della University of California di Berkeley è invece riuscito a identificare un esopianeta a circa 25 anni luce dal nostro Pianeta. Leggi tutto “Fotografati per la prima volta quattro pianeti extrasolari”