Un elettrodo cerebrale per riportare la parola

Grazie a un elettrodo impiantato nel suo cervello, un uomo impossibilitato a muoversi e comunicare può ora produrre alcuni suoni vocalici tramite un sintetizzatore vocale. Un grande passo in avanti per questo tipo di ricerche, che potrebbe un giorno restituire la voce a chi è affetto da gravi paralisi.

L’importante risultato è stato conseguito da un gruppo di ricercatori guidato da Frank Guenther della Boston University (Massachusetts, USA) e grazie alla disponibilità di un paziente affetto da locked-in syndrome (sindrome da blocco), una patologia che comporta una paralisi pressoché totale della muscolatura, ma che non incide sulle capacità cognitive di chi ne è affetto. Prigioniero del proprio corpo, il paziente si mantiene dunque vigile e in grado di comprendere ciò che gli accade intorno.

Prima di impiantare l’elettrodo, Guenther e il suo team hanno svolto una serie di esami per capire se il cervello del paziente volontario fosse ancora in grado di produrre i segnali legati all’area del linguaggio, così come avviene in un individuo sano. Al paziente è stato richiesto di pensare ai suoni delle vocali, mentre una macchina per la risonanza magnetica funzionale rilevava l’attività cerebrale del soggetto. Verificata la presenza dei segnali cerebrali, i ricercatori hanno impiantato chirurgicamente un elettrodo nell’area del linguaggio del cervello del volontario. Concepito da Philip Kennedy della società Neural Signals di Duluth (Georgia, USA), l’elettrodo funziona a diretto contatto dei neuroni e ne stimola la crescita verso i suoi connettori così da assicurare una salda e duratura presa del dispositivo.

Nella fase successiva della ricerca, Guenther ha utilizzato un software frutto di un suo studio precedente e sviluppato nel corso degli ultimi quindici anni per interpretare e tradurre in parole i segnali provenienti dal cervello umano. Utilizzando i dati forniti dall’elettrodo, l’applicativo sviluppato dal ricercatore è stato in grado di trasformare i suoni vocalici pensati dal paziente in suoni veri e propri.

I risultati dell’importante studio sono stati comunicati recentemente al congresso della Society for Neuroscience tenutosi a Washington DC. Al momento il sistema è in grado di riprodurre correttamente tre suoni vocalici in tempo reale, ma secondo Guenther entro cinque anni potrebbe essere pronto un primo prototipo in grado di recepire, interpretare e riprodurre sonoramente un discorso pensato dal paziente. La prossima sfida per il team di ricerca nel breve periodo sarà legata alla riproduzione dei suoni delle consonanti, più complessi da interpretare per il software sviluppato da Guenther.

Regalare nuovamente la parola a chi ne è privo per gravi patologie o eventi traumatici non sarà semplice, ma i risultati ottenuti dal team di ricerca della Boston University sono senza precedenti e potrebbero portare presto a nuovi e importanti sviluppi.