Un robot che non si lascia insabbiare

SandBot
SandBot

Ritrovarsi completamente insabbiati non è una bella sensazione, specie se si è un robot. L’impossibilità di muoversi su terreni particolarmente cedevoli costituisce un grave handicap per gli automi, cui da poco i ricercatori sembrano essere riusciti a porre rimedio.

Un gruppo di ricerca ha infatti realizzato un nuovo sistema di locomozione per i robot ispirato ad alcuni animali del deserto, consentendo così ai droidi di attraversare i terreni sabbiosi senza particolari problemi. Una volta perfezionate, queste nuove soluzioni tecnologiche potrebbero essere impiegate per i robot utilizzati nelle missioni spaziali per esplorare la superficie dei pianeti.

Nonostante siano concepiti per l’attraversamento di zone impervie e di terreni cedevoli, spesso i fuoristrada si insabbiano regalando esperienze non sempre piacevoli ai loro passeggeri. Ciò accade poiché i granelli di sabbia che costituiscono il suolo collassano a causa del peso dei veicoli creando generalmente buche invalicabili per le ruote. A questo si aggiunge l’impossibilità di fare attrito, cosa che impedisce al sistema di trazione degli automezzi insabbiati di riprendere la marcia.

Anche se in misura minore grazie ad alcuni accorgimenti tecnici, come pesi ridotti al minimo e un ampio numero di ruote, la medesima sorte spetta spesso ai robot, come efficacemente testimoniato dalle esperienze della Nasa con i suoi rover inviati su Marte. Per non affondare nel terreno sabbioso, i dispositivi del famoso ente spaziale devono muoversi a velocità molto basse, così da evitare la creazione di buche eccessivamente profonde nelle quali potrebbero rimanere intrappolati.

Partendo da questi presupposti, un gruppo di ricercatori guidato da Daniel Goldman (Georgia Institute of Technology, Atlanta – USA) si è ingegnato per realizzare un nuovo sistema di locomozione maggiormente efficace. Il team di ricerca ha notato come gli arti di numerosi animali del deserto, compresi scarafaggi e lucertole, non si muovano a una velocità costante, ma a precisi intervalli. In pratica, la loro velocità diminuisce quando i loro arti sono a contatto con la sabbia, mentre aumenta rapidamente nel momento in cui staccano le zampe dal suolo e le muovono nell’aria prima di poggiarle nuovamente per il passo successivo. Ciò consente alle specie studiate dai ricercatori di non rimanere insabbiate.

Scoperto il trucco escogitato dalla Natura, i ricercatori hanno riportato la medesima caratteristica nel loro sistema di locomozione robotizzato, creando un robot dotato di sei arti e chiamato con l’esplicativo nome di SandBot. Le zampe del robot sono animate a coppie con un movimento alternato che è più rapido quando le estremità degli arti artificiali si trovano nell’aria e più lento quando toccano il terreno.

Dopo un anno di tentativi, i ricercatori sono infine riusciti a ottenere un buon mix nella velocità delle zampe del loro robot, portandolo alla considerevole velocità di 30 centimetri per secondo, circa 15 volte più veloce rispetto al più rapido rover finora inviato su Marte. I ricercatori dovranno ora comprendere meglio le dinamiche legate ai granelli di sabbia, così da calibrare ancora meglio il loro robot che forse, un giorno, attraverserà le sconfinate lande del Pianeta Rosso.