I primi tentativi di produrre caffè solubile risalgono alla fine del diciannovesimo secolo. Si trattava di prove molto empiriche e spesso fallimentari che, nella maggior parte dei casi, portavano alla produzione di una bevanda molto blanda e priva del caratteristico aroma dei chicchi bruniti.
Benché lo scienziato giapponese Satori Kato sia ritenuto il primo ad aver inventato il caffè solubile intorno al 1901, il prodotto venne commercializzato solamente intorno al 1910 e per mano di un altro valido inventore. Nel 1906 l’ingegnere George Washington fece una curiosa scoperta durante un lungo viaggio in Guatemala. L’omonimo del primo presidente statunitense si accorse che un deposito marrone rimasto su una caffettiera, lasciata troppo a lungo sul fuoco, aveva un sapore molto gradevole e simile al normale caffè. Washington attribuì il fenomeno all’altitudine e al conseguente basso punto di ebollizione dell’acqua che aveva consentito al liquido di evaporare senza decomporre parte degli aromi del caffè.
A tre anni dalla curiosa scoperta, l’ingegnere belga fondò la G. Washington Coffee Refining Company a New York, creando il primo vero “instant coffee” della storia. Il successo della bevanda istantanea non tardò ad arrivare e i tristi eventi bellici del primo conflitto mondiale contribuirono alla fama del caffè solubile, utilizzato al fronte dai soldati americani.
Il tipo granuloso viene invece prodotto per liofilizzazione: il concentrato viene surgelato e rotto in granuli, che vengono poi riscaldati all’interno di una camera in cui è stato ricreato il vuoto. L’acqua contenuta nei granuli congelati può così evaporare anche a temperature molto basse, lasciando i granuli “secchi” e pronti per il confezionamento. Basteranno un po’ di acqua calda e qualche minuto di attesa per un caffè corroborante… e istantaneo.