Un tempo, la placca continentale che comprende il subcontinente indiano era un vero e proprio velocista in grado di percorrere circa 20cm in un anno, una formula uno rispetto al lentissimo incedere delle altre placche continentali.
A differenza delle sue omologhe, la placca che avrebbe dato origine all’India iniziò a muoversi al quadruplo della velocità, compiendo circa 20cm di strada ogni anno, fino a collidere con estrema violenza contro l’area meridionale della placca asiatica, originando le altissime vette della catena montuosa dell’Himalaya.
Utilizzando una nuova tecnica e un’innovativa strumentazione in grado di analizzate con precisione le onde sismiche e la loro velocità nell’attraversare la litosfera e i primi tratti del mantello, i ricercatori sono stati in grado di calcolare con precisione lo spessore della placca indiana. Grazie a 35 stazioni sismiche dislocate sul subcontinente indiano, si è scoperto che lo spessore medio della placca indiana si aggira intorno ai 100km, quasi un terzo rispetto allo spessore dell’antico supercontinente Gondwanaland.
Questa fondamentale scoperta, utile per capire e approfondire i meccanismi legati alla deriva dei continenti, sarà pubblicata domani sulla prestigiosa rivista scientifica Nature.
Nella loro analisi, i ricercatori guidati dal prof. Rainer Kind (GeoForschungsZentrum, Germania) ipotizzano che la placca indiana sia così sottile poiché, quando ancora apparteneva a Gondwanaland, poggiava su una zona particolarmente calda del mantello che fuse i suoi strati rocciosi più profondi, riducendone lo spessore. Alleggerita da buona parte della propria zavorra, la placca sarebbe poi stata in grado di muoversi molto più rapidamente sul tapis-roulant creato dal mantello.
La scoperta del team di ricercatori tedeschi e indiani apre un nuovo capitolo nello studio della teoria della tettonica a zolle. Per la prima volta, infatti, i geologi sono riusciti a dimostrare un collegamento diretto tra spessore delle placche e velocità di traslazione durante la loro deriva. E la bellezza della catena montuosa dell’Himalaya non poteva essere testimonianza migliore…