Ormai da tempo, è noto ai ricercatori come le adolescenti ottengano punteggi più alti rispetto ai loro coetanei maschi nei test sul linguaggio, dimostrando una maggiore predisposizione per il parlare e per la memorizzazione delle parole. Partendo da questo presupposto, i ricercatori Douglas Burman e James Booth della Northwestern University di Evanston (Illinois – USA) hanno cercato di scoprire se le differenze riscontrate all’atto pratico nei test siano rilevabili anche nell’attività cerebrale.
I ricercatori hanno sottoposto un gruppo di 50 bambini, metà maschi e metà femmine tra i 9 e i 15 anni, ad alcuni semplici test legati alla parola. Per esempio, i due scienziati proponevano al gruppo una coppia di parole, chiedendo poi se facessero rima o meno. L’attività cerebrale dei soggetti a ogni test veniva scrupolosamente registrata attraverso una comune risonanza magnetica, in grado di rilevare l’afflusso di sangue alle varie aree del cervello dei partecipanti all’esperimento.
La coppia di scienziati ha così scoperto come le aree del linguaggio delle femmine siano molto più stimolate rispetto alla medesima area nei maschi. Per contro, le aree sensoriali deputate all’udito e alla visione sono risultate molto più attive tra i maschi che tra le femmine.
Se le prossime ricerche del team di scienziati dovessero confermare i risultati finora raggiunti, si avrebbe una chiara dimostrazione della differente capacità di assimilazione delle informazioni tra maschi e femmine nel corso dell’adolescenza. Protocolli pedagogici costruiti su questa differenza potrebbero quindi giovare ad ambo i sessi, rendendo l’apprendimento più semplice, ma allo stesso tempo più efficace.