I nuovi neuroni ottimizzano i ricordi

neuroni credit: bio.sci.osaka-u.ac.jpQuando alcuni anni fa i ricercatori appurarono che il cervello umano genera  neuroni anche in età adulta, una scoperta che cambiò buona parte del paradigma delle neuroscienze, numerosi scienziati iniziarono a interrogarsi sui compiti assolti da queste nuove cellule neuronali. Una recente ricerca sembra aver ora risolto l’enigma: i nuovi neuroni aiutano il cervello a cancellare gli ultimi scampoli dei vecchi ricordi nella memoria a breve termine per fare posto a nuove cose da ricordare.

Buona pare dei principali processi legati alla memoria avvengono nell’area dell’ippocampo. Semplificando un poco, in questa porzione del cervello i ricordi si accumulano per poi essere progressivamente eliminati o, nel caso di eventi di particolare rilievo, inviati verso specifiche aree della neocorteccia per diventare ricordi a lungo termine. Partendo da queste conoscenze, i ricercatori guidati da Kaoru Inokuchi (University of Toyama, Giappone) hanno cercato di comprendere il ruolo dei nuovi neuroni nel processo di trasferimento dei ricordi verso la neocorteccia. Leggi tutto “I nuovi neuroni ottimizzano i ricordi”

Chi dorme conserva i ricordi

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Com’è noto, la stanchezza non aiuta la memoria: la carenza di sonno per una notte passata in bianco, per esempio, può renderci smemorati e “assenti” il giorno seguente. Secondo una nuova ricerca scientifica, la mancanza di sonno distrugge una specifica molecola presente nei circuiti della memoria del nostro cervello rendendo difficoltosi i meccanismi legati ai ricordi.

I ricercatori hanno scoperto che la privazione del sonno interrompe l’accumulo dei ricordi, un processo che comporta la formazione di nuove connessioni tra i neuroni o il rafforzamento dei collegamenti già in atto. Tale meccanismo impiega solitamente alcune ore per giungere a termine e richiede un complesso e intricato sistema molecolare per poter funzionare. Leggi tutto “Chi dorme conserva i ricordi”

Neuroni a basso consumo energetico

La massa del cervello umano è pari generalmente al 2% dell’intera massa corporea, eppure consuma circa il 20% delle energie a disposizione di ogni individuo. Stando ai risultati di una recente ricerca, però, il nostro cervello è probabilmente meno ingordo di quanto ipotizzato: solo una piccola porzione di quel 20% viene infatti utilizzata per i segnali elettrici dei neuroni.

neuroni credit: bio.sci.osaka-u.ac.jp

I primi a elaborare una teoria organica sulla trasmissione dei segnali elettrici nei neuroni furono i ricercatori britannici Andrew Huxley e Alan Hodgkin verso la fine degli anni Trenta, studiando l’apparato neuronale dei calamari, molto più semplice di quello umano perché meno “miniaturizzato”. Dopo aver effettuato una lunga serie di misurazioni, i due scienziati elaborarono un modello secondo il quale l’energia richiesta per trasmettere un potenziale d’azione (banalizzando un poco, un impulso nervoso) all’interno di un assone (il filamento che fuoriesce da un neurone) di calamaro è da tre a quattro volte superiore rispetto alla quantità di energia che sarebbe necessaria se l’assone fosse perfettamente efficiente. In pratica, l’assone ha un’efficienza pari al 25% – 30%. Leggi tutto “Neuroni a basso consumo energetico”

Cervello: due metà sono meglio di uno intero

In numerosi animali le due metà del cervello si occupano di compiti sostanzialmente differenti tra loro. Negli esseri umani, per esempio, il lato sinistro è generalmente deputato al linguaggio, mentre il lato destro si occupa principalmente delle nostre capacità visive e spaziali. Molti altri compiti sono presi in carico rispettivamente dai due emisferi cerebrali, ma per quale motivo sussite questa divisione?

credit: Charlie Moores

Secondo un filone di ricerca, relativamente recente ma ormai ampiamente accettato dalla comunità scientifica, la spartizione dei compiti tra emisfero destro ed emisfero sinistro del cervello (lateralizzazione celebrale) è ampiamente diffusa tra i vertebrati e consente di risolvere problemi complessi con maggiore rapidità e accuratezza. Una ulteriore conferma a questa teoria sembra ora giungere dallo studio realizzato da Culum Brown e Maria Magat (Macquarie University, Sidney – Australia) che ha coinvolto una quarantina di pappagalli appartenenti a otto diverse specie. Leggi tutto “Cervello: due metà sono meglio di uno intero”

Enigma depressione: il gene della discordia

depressioneNon giungono buone notizie dal fronte della ricerca sulla depressione. Dopo una attena analisi di un precedente studio, un gruppo di ricercatori ha messo seriamente in dubbio la possibilità di un collegamento tra una variante genetica scoperta nel 2003 e l’insorgenza degli stati depressivi negli individui predisposti.

Circa sei anni fa,  attraverso l’analisi di 847 volontari il ricercatore Avshalom Caspi aveva scoperto che gli individui portatori di una versione corta (allele corto) del gene trasportatore della serotonina (un neurotrasmettitore implicato nella regolazione dell’umore) avevano molte più probabilità di entrare in stati depressivi rispetto a coloro con gli alleli lunghi. Si ipotizzava infatti che le condizioni avverse della vita potessero portare in qualche modo il gene a produrre meno serotonina, determinando così la depressione. Una scoperta rivoluzionaria, che portò molto ottimismo nella comunità scientifica, da tempo alla ricerca di cure più efficaci per contrastare gli stati depressivi.  Leggi tutto “Enigma depressione: il gene della discordia”

Vittoria e illusione della vincita pari sono per il nostro cervello

Vincita mancata di poco alla slot machine
Vincita mancata di poco alla slot machine

Prima ancora che una slot machine si fermi, il cervello del giocatore prova ad anticipare mentalmente la potenziale vincita. Se la combinazione si avvicina di poco a quella vincente, esempio due coppie di ciliegie allineate e una no, tale fenomeno fa sì che il cervello si comporti come nel caso di una vittoria, inducendo così il giocatore a tentare ancora e con convinzione la sorte.

Questo effetto è noto da tempi ai produttori di slot machine, che naturalmente lo sfruttano per creare macchine da gioco in grado di fermarsi con frequenza a un passo dalla vincita. Le perdite per un soffio ricorrono infatti nel 30% dei casi nelle slot machine, un numero ottimale per fare in modo che i giocatori d’azzardo prolunghino il loro gioco con l’illusione di essere ormai prossimi alla vittoria.

Partendo da questi presupposti, un team di ricerca coordinato da Luke Clark (University of Cambridge, UK) ha creato una versione semplificata di una slot machine attraverso un programma per computer. I ricercatori hanno poi chiesto a 15 volontari – per la maggior parte di sesso maschile e con un’età media di 26 anni – di giocare con il software mentre un dispositivo per la risonanza magnetica funzionale ne rilevava l’attività cerebrale. Il gioco al computer consisteva nel fermare una delle due ruote della slot machine virtuale, decorate con sei simboli ciascuna tra cui una arancia, una bottiglia del latte e un elefante. Una volta fermata una delle due ruote, i volontari dovevano osservare lo schermo fino all’arresto della seconda ruota. Leggi tutto “Vittoria e illusione della vincita pari sono per il nostro cervello”