Una nebulosa nella nube

La Piccola Nube di Magellano è una galassia nana in orbita intorno alla via Lattea, la galassia in cui si trova il nostro Pianeta. Grazie alla propria luminosità, una delle regioni più note della Piccola Nube di Magellano è l’area NGC 346 qui ritrattata in una immagine da poco rilasciata dall’ESO (European Southern Observatory).

NGC 346 - credit: ESO
NGC 346 - credit: ESO

Distante oltre 210mila anni luce, NGC 346 ha un’estensione pari a circa 200 anni luce ed è classificata come un ammasso di stelle, ovvero un insieme stellare nato dalla medesima nube di materia collassata. La regione della Piccola Nube di Magellano deve la propria luminosità ai gas presenti al suo interno “accesi” dalle stelle che giacciono nella nebulosa.

La maggior parte delle stelle di NGC 346 hanno un’eta giovane di pochi milioni di anni e si sono formate grazie ai violenti venti originati dall’esplosione di una stella massiva, che portò grandi quantità di materia a comprimersi fino a formare i nuovi corpi celesti. Il crogiolo di stelle è stato immortalato dal Wide Field Imager (WFI) del telescopio MPG/ESO dell’osservatorio di La Silla in Cile.

Grazie alla particolare definizione dell’immagine, resa possibile dall’utilizzo di un telescopio da 2,2 metri, gli astrofisici potranno approfondire le loro conoscenze sulle dinamiche che portano alla formazione di nuove stelle, comprendendo meglio i fenomeni che accendono il Cosmo.

Una Cupola per la Stazione Spaziale Internazionale

Ad alcuni giorni dal magnifico scatto fotografico dello Shuttle Endeavour, dalla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) giunge una nuova emblematica immagine.

credit: NASA.gov
credit: NASA.gov

La fotografia mostra per la prima volta la vista offerta dal modulo Cupola da poco trasportato nello spazio e unito alla ISS. Cupola è stato costruito dall’italiana Thales Alenia Space, ha un diametro di circa 2 metri ed è alto un metro e mezzo circa. Grazie alle sei finestre laterali e all’oblò centrale, il modulo consentirà agli astronauti della ISS di effettuare alcuni controlli a vista della stazione spaziale, monitorare le fasi di attracco dei veicoli spaziali e offrirà naturalmente un punto di osservazione privilegiato per ammirare la Terra.

L’immagine da poco giunta dallo spazio ricorda l’inquadratura di un film di fantascienza anche a causa del panorama sullo sfondo. Il terreno di colore rosso ricorda il suolo marziano, ma è in realtà una porzione del Deserto del Sahara ripreso nel corso di una delle tante orbite compiute dalla ISS intorno al nostro pianeta. Lassù, gli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale compiono 15,72 orbite intorno alla Terra al giorno. Gli spunti per l’osservazione dal modulo Cupola non mancheranno di certo.

Tra Terra e cielo

A volte la Scienza incrocia l’arte e la poesia sul proprio cammino.

credit: NASA.gov
credit: NASA.gov

Durante lo scorso 9 febbraio, un astronauta della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) ha immortalato lo Shuttle Endeavour intento a compiere la propria danza di avvicinamento per agganciarsi alla ISS. Fa da sfondo al particolare incontro l’orizzonte del nostro Pianeta.

Lo scatto è stato da poco diffuso dalla NASA ed è destinato a diventare una delle immagini maggiormente emblematiche della missione spaziale STS-130 iniziata lo scorso 8 febbraio e destinata a terminare il 21. La nuova visita dello Shuttle consentirà di installare il Nodo 3 della Stazione Spaziale Internazionale e Cupola, un innovativo modulo che offrirà agli occupanti della ISS una vista a 360° per controllare le passeggiate spaziali degli astronauti, le operazioni di attracco e l’osservazione di alcuni corpi celesti, Terra compresa naturalmente.

Challenger, 24 anni dopo un nuovo video dell’incidente

Nella mattina del 28 gennaio del 1986, lo Space Shuttle Challenger si disintegrava nei cieli della Florida ad appena 73 secondi dal lancio e dall’inizio della missione STS-51L. Un guasto a una guarnizione nella porzione inferiore del razzo a propellente solido destro portò a una violenta fuoriuscita di fiamme che, insieme alle notevoli forze aerodinamiche in atto, portò a un cedimento strutturale fatale per lo Shuttle e l’equipaggio.

Contenuto non disponibile
Consenti i cookie cliccando su "Accetta" nel banner"

A distanza di 24 anni circa da quel tragico mattino, il Courier Journal di Louisville (Kentucky – USA) ha pubblicato un filmato amatoriale realizzato all’epoca dal videoamatore Jack R. Moss. Il video venne realizzato tra le abitazioni di un’area residenziale di Winter Haven, ma non fu mai diffuso dal suo autore. Lo scorso dicembre, a una settimana circa dalla propria morte, l’88enne Moss ha deciso di donare il filmato allo Space Exploration Archive, una organizzazione non-profit di Lousiville.

Il documento video non ha subito alcuna forma di editing e rappresenta dunque fedelmente i tempi e la sequenza del tragico incidente, ma da un punto di vista nuovo rispetto alla riprese raccolte nel 1986 dalla NASA. L’audio del filmato, realizzato nel formato BETA, consente di ascoltare il dialogo tra Moss, la propria compagna e alcuni vicini intenti a osservare il lancio del Challenger. Dopo pochi secondi, l’autore del filmato nota qualcosa di strano e riceve conferme dai vicini, che probabilmente hanno già assistito ad altri lanci (quella di Moss è una seconda casa). Poco dopo giungono le prime conferme: lo Shuttle si è disintegrato nel corso del lancio.

In seguito all’incidente, il presidente Ronald Reagan decise di rimandare di una settimana il tradizionale discorso sullo stato dell’Unione e diede l’annuncio del disastro alla nazione, terminando il proprio messaggio con una citazione di John Gillespie Magee:

Non li dimenticheremo mai, né l’ultima volta li vedemmo, questa mattina, mentre si preparavano per il loro viaggio, salutavano e “fuggivano dalla scontrosa superficie della Terra” per “sfiorare il volto di Dio”.

Fine dei giochi: la NASA parcheggia Spirit

Niente da fare, Spirit non è riuscito a liberarsi dalla morsa delle sabbie marziane. Attraverso un messaggio pubblicato nella sezione Free Spirit, la NASA ha confermato l’impossibilità di sbloccare il rover nonostante i numerosi sforzi profusi dal team incaricato di liberare il celebre robot inviato su Marte. La decisione dell’ente spaziale americano giunge a un paio di mesi di distanza dalle prime manovre eseguite per rimettere in moto Spirit.

Il Rover Spirit (credit: NASA)
Il Rover Spirit (credit: NASA)

Nel corso degli ultimi sei anni, il rover ha fornito un’enorme serie di dati e informazioni sul suolo marziano, aiutando i ricercatori a comprendere meglio le caratteristiche del Pianeta Rosso. Ora per Spirit scatta il piano B, già previsto dagli esperti della NASA nel caso di un insuccesso: il dispositivo diventerà una stazione di rilevazione fissa e potrà fare affidamento sulla propria fotocamera panoramica e sul proprio spettrometro per inviare nuove informazioni verso la Terra. Ma prima di diventare una sorta di stazione meteo marziana, Spirit dovrà affrontare l’inverno. Leggi tutto “Fine dei giochi: la NASA parcheggia Spirit”

L’impronta di un gatto spaziale

Nel film del 1978 Il gatto venuto dallo spazio, un gatto extraterrestre estremamente intelligente porta scompiglio sulla Terra mentre è alla ricerca di una soluzione per tornare sul proprio pianeta. La pellicola è naturalmente di fantasia e, fino a oggi, avvistamenti di felini extraterrestri non ce ne sono stati. Eppure il cosmo ospita le tracce di un gatto: si tratta della grande nube detta “Nebulosa Zampa di Gatto” e catalogata con il meno entusiasmante codice NGC 6334. L’ammasso di gas e polveri, crogiolo di numerose stelle, si trova nei pressi del centro della Via Lattea ed è stato da poco ritratto dall’European Southern Observatory (ESO).

NGC 6334 - Nebulosa Zampa di Gatto (credit: ESO)
NGC 6334 - Nebulosa Zampa di Gatto (credit: ESO)

La Nebulosa Zampa di Gatto deve il proprio nome alla conformazione della nube costituita da gas incandescenti che ricorda molto le impronte solitamente lasciate dai gatti. Questa regione di polveri e gas fu notata per la prima volta nel 1837 dall’astronomo britannico John Herschel, che riuscì a identificare con relativa precisione la parte più luminosa della nube. Leggi tutto “L’impronta di un gatto spaziale”