Terremoti e radon, attenti alla pseudoscienza

Le notizie delle ultime ore sul violento terremoto che ha colpito alcune aree dell’Abruzzo, con epicentro vicino a L’Aquila, sono accompagnate dalle numerose polemiche intorno all’effettiva prevedibilità del sisma da poco avvenuto. Tra dichiarazioni, smentite e notizie poco corrette si è creato un caos informativo che rischia di creare fraintendimenti e convinzioni errate in chi è meno esperto sul delicato argomento. Senza la presunzione di trovare una verità sulla vicenda, provo a fare un po’ di chiarezza con lo stile semplice e divulgativo che da sempre contraddistingue bloGalileo.

Rappresentazione grafica dell'interno della Terra (credit: Wikipedia)

Per comprendere la diatriba sulla prevedibilità di un sisma occorre svolgere qualche passo indietro nei meccanismi che generalmente scatenano un terremoto. Apparentemente placido, il nostro Pianeta racchiude sotto la crosta terrestre un cuore a dir poco irrequieto, dove il materiale magmatico (rocce fuse dal calore, acqua e altri fluidi sottoposti ad alta pressione) si muove in continuazione dal basso verso l’alto, rendendo il mantello (la porzione del pianeta compresa tra la crosta terrestre e il nucleo) una sorta di enorme tapis-roulant in grado di far muovere le 14 enormi placche che giacciono sulla sua superficie. Queste placche, grandi anche come un intero continente, si scontrano e si allontanano tra loro in prossimità dei loro margini e determinando così buona parte della conformazione del nostro pianeta. La collisione tra la placca indiana e quella euroasiatica, per esempio, ha determinato la formazione della catena montuosa dell’Himalaya.

Banalizzando molto, possiamo dire che il meccanismo di un terremoto ricorda quello di una molla in carica. In prossimità dei margini delle placche si accumulano dunque enormi forze, che vengono trattenute dagli strati di roccia più superficiali solitamente rigidi e scarsamente elastici. Quando le forze accumulate superano il punto di rottura degli strati più superficiali, i margini delle placche interessate scaricano la loro energia potenziale dando vita a un terremoto. Lo sciame sismico, ovvero l’insieme delle scosse in un dato periodo temporale, corrisponde al tempo necessario per il raggiungimento di un nuovo “equilibrio” tra una data area dei margini delle placche. Quando le forze non sono più in grado di contrastare la resistenza degli strati più superficiali, il fenomeno si attenua e la molla inizia nuovamente a caricarsi.

Sismografo

Raccogliendo attraverso i sismografi (le macchine che rilevano le scosse) i dati sui terremoti, il loro andamento nella storia e conoscendo la dislocazione dei margini delle placche, i centri di ricerca sono in grado di indicare quali siano le aree geografiche maggiormente a rischio dal punto di vista sismico. Utilizzando una semplice mappa colorata (in genere dal verde al rosso), si segnalano i punti in cui i terremoti hanno maggiori probabilità di manifestarsi, suggerendo così l’adozione di misure antisismiche per la messa in sicurezza degli edifici. La prevenzione è infatti  la miglior arma per difendersi dagli eventi sismici, poiché a oggi è impossibile prevedere con certezza il momento in cui si manifesterà un terremoto.

Nonostante siano state svolte numerose ricerche per trovare validi sistemi di predizione, al momento le sole informazioni statistiche si sono rivelate valide per identificare periodi di massima entro i quali può avvenire un terremoto. Le variabili in campo sono moltissime e sono principalmente legate alla sostanziale imprevedibilità nelle modalità di caricamento della molla del sisma: le forze che portano a un terremoto non si accumulano con costanza e secondo alcuni sono influenzate su scala globale dal movimento di tutte le 14 placche. I sismologi possono dunque dire che un terremoto si sta preparando, ma non certo stabilire con certezza un momento in cui potrà avvenire.

Durante il recente sisma in Abruzzo hanno destato scalpore le dichiarazioni di Giampaolo Giuliani su un nuovo sistema per predire con circa 6 – 24 ore di anticipo un terremoto. Giuliani, che a differenza di quanto si è scritto non è uno scienziato laureato in geofisica o sismologia, ma un tecnico, sostiene di aver previsto il terremoto in largo anticipo studiando le concentrazioni di radon, un gas che solitamente emerge in quantità superiori alla norma durante i sismi a causa della rottura e compressione delle rocce negli strati più superficiali del Pianeta. Una teoria in realtà ormai datata e che in tutto il mondo non ha prodotto alcuna evidenza scientifica affidabile.

Il virtuale rapporto tra radon e terremoti è stato indagato durante gli ultimi decenni negli Stati Uniti, in Cina e persino in Giappone, una delle aree più a rischio dell’intero globo dove  si concentra il 20% degli eventi sismici più violenti ogni anno. Nessuna delle ricerche condotte ha portato a risultati validi e scientificamente rilevanti. Nel 1995, dell’argomento se ne occupò anche il New York Times con un articolo approfondito, che sottolineava come le ricerche intorno a radon e terremoti fossero già all’epoca giunte a un punto morto poiché in molti casi il terremoto si manifesta anche con livelli più bassi del gas radioattivo e in maniera del tutto imprevedibile, senza alcun segnale premonitore legato al radon.

Anche consultando gli archivi online delle principali riviste scientifiche al mondo, come Nature e Science, si nota la presenza di numerosi articoli di ricerca sul radon e tutti contraddistinti da condizionali o esplicite dichiarazioni di inconsistenza dei risultati. Ciò testimonia come il misterioso studio di Giuliani giunga dopo decenni di ricerche in tema e non appaia come nulla di così nuovo in ambiente scientifico.

Nella lunga storia dei terremoti, la presenza di individui che dichiarano di aver previsto il sisma è una vera costante statistica, più della presenza del radon. Questi personaggi lanciano spesso continui allarmi e, per il calcolo delle probabilità, finiscono infine per azzeccare una previsione. Ma un tale modo di procedere non ha nulla di scientifico e rischia di rientrare in quella pericolosa realtà che è la pseudoscienza, che spesso alimenta false speranze sull’onda emotiva generata da grandi tragedie o eventi dolorosi legati alla malattia (pensiamo all’emblematico caso Di Bella).

A quanto si è appreso sinora, Giuliani non ha mai prodotto una documentazione scientifica organica e sistematica per illustrare alla comunità degli scienziati i risultati ottenuti con il suo sistema, che non ha dunque subito alcun controllo o revisione da parte di altri esperti in sismologia. La mancanza di sufficienti risorse per comprendere il sistema messo a punto da Giampaolo Giuliani induce a una parziale sospensione del giudizio, ma spinge anche inevitabilmente verso una buona dose di scetticismo, considerati i precedenti. Il metodo scientifico non si basa sulle combinazioni, ma prevede la produzione di dati, documenti ed evidenze riscontrabili e riproducibili nel tempo. Da decenni alcune centinaia di team di ricerca in tutto il mondo seguono questi criteri per comprendere anche il funzionamento dei terremoti. Il loro è un lavoro paziente, meticoloso e preciso, continuamente vagliato dalla comunità scientifica e non da un giornalista televisivo magari poco preparato o avido di sensazionalismo.