In una camera blindata della Trust Company of Georgia (USA) si trova il segreto di una delle bevande più popolari al mondo: la Coca-Cola. Pochissime persone hanno le autorizzazioni necessarie per accedere a uno dei più grandi segreti industriali che da oltre un secolo incuriosisce e affascina decine di milioni di persone.
Nel corso di quasi un secolo, in molti hanno provato a scoprire i segreti della Coca-Cola. L’americano William Poundstone condusse a tal proposito numerose e minuziose ricerche, pubblicando poi i risultati nel libro Big Secrets. Secondo Poundstone, gli ingredienti fondamentali numerati da 1 a 9 dalla Coca-Cola Company, e chiamati in gergo “merce”, sarebbero: 1. zucchero; 2. caramello; 3. caffeina; 4. acido fosforico; 5. estratti di foglia di coca (da cui viene eliminata la cocaina) e, in minore quantità, di noce di cola; 6. acido citrico e citrato di sodio; 7x. oli di limone, arancia, limetta, cassia (simile alla cannella), noce moscata e pochi altri; 8. glicerina; 9. vaniglia.
Anche se la maggior parte degli ingredienti della Coca-Cola possono essere identificati con alcune semplici analisi chimiche, l’ingrediente più importante e misterioso è il miscuglio di oli essenziali utilizzati al punto 7x. L’aroma della bevanda non è quindi semplicemente dato dalla somma di questi oli, poiché numerosi altri aromi si creano grazie all’interazione degli oli stessi. Questa fusione degli elementi chimici che costituiscono gli aromi rende praticamente impossibile la decodifica certa di ogni singolo olio essenziale. Grazie a questa peculiarità, il segreto della Coca-Cola continua a rimanere inviolato da oltre un secolo.
E ora un po’ di storia…
La nuova bevanda fu poi distribuita nelle farmacie di Atlanta e venduta come “tonico cerebrale”, bevibile sia liscia che con l’aggiunta di acqua. L’operazione commerciale riscosse un discreto successo: le farmacie ne vendevano mediamente una dozzina al giorno. Grazie ai buoni risultati, Pemberton riuscì a vendere la formula a Willis E. Venable e George S. Lowdones, che a loro volta vendettero i diritti a Woolfolk Walker e M. C. Dozier che l’anno seguente decisero di venderli ad Asa G. Candler.
Conducendo numerose prove per migliorare la bevanda, Candler provò a miscelare il tonico con dell’acqua gassata. Soddisfatto dal risultato ottenuto, pensò poi di far uscire la bevanda dalle farmacie per renderla una vera e propria bibita popolare. Benché almeno sette persone fossero a conoscenza della ricetta, fu proprio Candler a costruire il mito del segreto della Coca-Cola. Grazie alla sua geniale intuizione, nel 1892 Candler fondò con il socio Frank Robinson la Coca-Cola Company.
Gli affari andavano molto bene e i due soci furono presto costretti ad allargare il loro business. Per mantenere il segreto sulla composizione della bibita, Candler e Robinson decisero di numerare gli ingredienti per creare la Coca-Cola con una numerazione da 1 a 9. Ai direttori delle filiali veniva semplicemente comunicata la procedura di miscelazione, con le quantità per ogni singolo ingrediente.
Nel 1909 il governo federale degli Stati Uniti dispose il sequestro di 40 barili e 20 fusti di Coca-Cola, accusando l’azienda di violare le leggi vendendo un prodotto contenente “coca”. Seguì un lungo e durissimo processo che durò quasi dieci anni, in cui l’accusa non fu però in grado di produrre alcuna prova legata alla presenza di cocaina nella bibita. Durante il dibattimento, però, un fornitore rivelò con dovizia i particolari legati all’ingrediente n.5. Sotto giuramento, il testimone dichiarò che quell’ingrediente era ricavato dalle foglie di coca private della cocaina, e da un estratto di noce di cola.
I due componenti svelati dal fornitore non aiutarono più di tanto i cacciatori degli ingredienti segreti della Coca-Cola: foglie di coca e noce di cola influiscono infatti pochissimo sul gusto della bevanda. Da allora in molti hanno cercato di carpire il segreto della bevanda gassata più conosciuta al mondo, ma con scarsi risultati. Da alcuni anni il progetto condiviso “Open-Cola” cerca di risolvere il mistero sfruttando le potenzialità del Web. [fonte principale: Reader’s Digest]