Nel corso di milioni di anni di evoluzione, la natura ha trovato una soluzione molto ingegnosa per impedire agli ovipari di distruggere le loro uova nella fase della cova, quando vi si accomodano sopra con tutto il loro peso. Proprio come le uova, le lampadine hanno un profilo arrotondato sull’intera superficie. Quando se ne afferra una per avvitarla, o svitarla, la forza applicata dalle dita si trasmette dal punto di contatto in tutte le direzioni in maniera pressoché omogenea. In questo modo, l’intera superficie della lampadina subisce una “pressione media” facilmente sopportabile dal sottile strato di vetro.
Il filamento di tungsteno è alloggiato su un fusto di vetro, percorso al suo interno da due fili di metallo più spessi, che conducono l’energia elettrica alla molla posizionata sulla loro sommità. Quando questo supporto viene inserito nel bulbo della lampadina, un particolare procedimento provvede a eliminare l’ossigeno, per evitare che il filamento di tungsteno possa ossidarsi o bruciare troppo rapidamente. Il bulbo della lampadina viene poi riempito con un gas inerte, generalmente una miscela di argon e azoto, che rallenta drasticamente il processo di deterioramento del filamento dovuto al calore. Terminata questa operazione, il supporto e il bulbo vengono saldati insieme. Le moderne macchine industriali riescono a produrre più di 40 lampadine al minuto, destinate a far luce mediamente per un migliaio di ore.
Prima di fulminarsi, molte lampadine emettono un lieve sibilio cui segue una piccola esplosione. Ciò è dovuto alla rottura del filamento: per pochi istanti, infatti – nonostante il filamento sia interrotto – l’energia elettrica crea un arco voltaico, una sorta di “ponte” tra le due estremità del filamento. Questo subitaneo fenomeno causa l’emissione di un suono ad alta frequenza, che ricorda appunto un labile fischio.