La presenza di questi enormi oceani non è certo una sorpresa per gli astronomi, che da tempo consideravano la possibilità che alcuni corpi celesti celassero sotto le calotte di ghiaccio, spesse alcune decine di chilometri, grandi quantità di acqua allo stato liquido. Nel caso di Titano, la scoperta è stata resa possibile dal lavoro di ricerca di Ralph Lorenz (Johns Hopkins University, Maryland – USA) svolto sulla base dei dati forniti dalla sonda spaziale Cassini.
Lorenz e il suo team, hanno cercato di capire se la velocità di rotazione di Titano fosse cambiata negli ultimi tempi. Per fare ciò, i ricercatori sono partiti da alcuni modelli matematici per prevedere il comportamento del satellite nell’ipotesi in cui l’enorme placca di ghiaccio che lo sormonta fosse in grado di scivolare sulle sue acque interne. In questo caso, infatti, la superficie ghiacciata avrebbe potuto influenzare notevolmente la velocità di rotazione di Titano.
Pubblicata sull’odierno numero della rivista scientifica Science, la scoperta ha destato scalpore tra gli astrofisici. La presenza di grandi quantità di acqua allo stato liquido è una delle principali condizioni per lo sviluppo di forme, anche primordiali, di vita. Gli eventuali inquilini di Titano non potrebbero comunque palesarsi alle ottiche di sonde e telescopi: lo spessore della placca di ghiaccio che ricopre parte del satellite supera abbondantemente i 70 Km di profondità, un diaframma impenetrabile.
Le acque nascoste dai ghiacci potrebbero inoltre celare pochi nutrienti, o essere frammiste ad altri elementi chimici che impediscono il formarsi di forme anche estremamente elementari di vita. Lo scrigno di ghiaccio di Titano potrebbe dunque preservare acqua e nulla più, oppure un incredibile segreto…