Uno dei primissimi modelli costruiti fu il laser a stato solido a rubino, un particolare dispositivo che si avvaleva di un cristallo di rubino (o di una bacchetta di rubino sintetico) contente lo 0,5 per mille di cromo, i cui atomi venivano stimolati per emettere la luce laser.
Banalizzando un poco, possiamo dire che il principio di funzionamento di un laser è basato su una lampada elettronica a spirale, avvolta attorno alla bacchetta di rubino, in grado di emettere intensi lampi di luce. Questi “flash” luminosi eccitano gli atomi di cromo, inducendoli a passare da uno stato a bassa energia ad uno ad altissima energia.
Dopo qualche millesimo di secondo, essi decadono, emettendo spontaneamente un fotone, un’entità che possiamo immaginare come un minuscolo pacchetto di energia. Quando uno di questi “pacchetti” incontra sulla propria strada un altro atomo di cromo nel suo stadio di massima energia, induce lo stesso a emettere un fotone identico. Le coppie di fotoni identici si muovono assieme nella stessa direzione, si dice dunque che essi si trovano “in fase”.
A differenza di quanto si possa immaginare, la potenza del laser non risiede nella quantità di energia, ma nella sua concentrazione. Il fascio è perfettamente rettilineo e i fotoni, tutti caratterizzati da una medesima lunghezza d’onda, colpiscono la stessa superficie verso cui il laser è orientato nel medesimo istante.
Un fascio laser può essere tanto potente da forare col suo calore una piastra di acciaio o abbastanza delicato da poter essere utilizzato per incidere la cornea nella microchirurgia oculare. Un piccolo miracolo di luce, nato appena 48 anni fa…