Solo una parte dei polmoni degli alligatori svolge la fondamentale incombenza della respirazione: una sorta di struttura a nido d’ape che trasferisce l’ossigeno respirato al sangue dell’animale. La porzione restante di polmone è divisa in due larghe sacche particolarmente flessibili che fungono da semplici serbatoi d’aria.
Gli alligatori respirano con un meccanismo del tutto simile a quello degli esseri umani, utilizzando i muscoli compresi tra tessuto polmonare e cassa toracica. A differenza dell’uomo, però, gli alligatori aspirano l’aria anche attraverso un particolare muscolo diaframmatico, che si estende lungo il corpo dell’animale dal bacino alle costole prossime al fegato. Quando l’alligatore cammina, il bacino fa funzionare il muscolo diaframmatico come una sorta di pistone, tirando le sacche dei polmoni all’indietro che si riempiono così d’aria.
L’ipotesi formulata da Uriona sarebbe stata confermata dagli esperimenti successivi, condotti applicando piccoli pesi alla coda o al muso degli alligatori. Nel caso di una parte posteriore eccessivamente pesante, gli animali hanno applicato una maggiore forza sul muscolo diaframmatico per contrastare lo sbilanciamento e rendere la testa ugualmente più pesante.
L’innovativa ricerca, che fotografa per la prima volta questa particolare strategia del nuoto negli alligatori, è stata recentemente pubblicata sulla rivista scientifica Journal of Experimental Biology. Secondo le ipotesi formulate alla University of Utah, il muscolo diaframmatico si sarebbe evoluto nel corso degli ultimi 245 milioni di anni differenziando sensibilmente la propria funzione tra gli alligatori e i coccodrilli. Altri ovipari, come i pinguini, potrebbero sfruttare la medesima strategia per bilanciare il loro corpo in acqua. Ipotesi affascinante, cui i ricercatori cercheranno presto di dare una concreta risposta.