Diagnosticare l’Alzheimer dalle proteine del sangue

Una ricerca condotta su alcuni pazienti affetti da Alzheimer ha rilevato l’esistenza di alcune specifiche proteine nel sangue che potrebbero essere utilizzate per diagnosticare il “morbo dell’oblio” in maniera precoce ed efficace.
L’unico metodo finora utilizzato dai medici per diagnosticare l’Alzheimer prevede una serie di analisi mirate ad escludere altre possibili patologie. A oggi, infatti, non esiste un test definitivo per questa terribile malattia, se non l’analisi post mortem dei tessuti cerebrali e dei marcatori del morbo.

Area in cui è riscontrabile la presenza dell’Alzheimer nel cerebro umanoDopo numerosi anni di studio, il neurologo Tony Wyss-Coray (Stanford University School of Medicine in California) ha recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Medicine i sorprendenti risultati delle sue ricerche sui biomarcatori dell’Alzheimer, la “firma” del morbo riscontrabile negli individui affetti dalla malattia.
Grazie all’impegno del suo gruppo di ricercatori, Wyss-Coray ha identificato una combinazione particolare di 18 proteine in grado di indicare la presenza – anche nei primissimi stadi – del morbo di Alzheimer. Se i prossimi test confermeranno l’importante scoperta, sarà possibile diagnosticare la malattia con un banalissimo esame del sangue. Le persone positive al test potrebbero così iniziare da subito le terapie, oggi sempre più mirate, tese a rallentare i devastanti effetti dell’Alzheimer.

Neuroni sani a confronto con neuroni danneggiati dal morbo di Alzheimer [photo credit: GHI]Per raggiungere questo promettente risultato, i ricercatori guidati da Wyss-Coray hanno esaminato le proteine presenti in 259 campioni di sangue, provenienti da individui affetti o meno dalla malattia. Il team di ricerca ha poi focalizzato la propria attenzione sulle 120 proteine maggiormente utilizzate dalle cellule per comunicare tra loro, e su un gruppo di 18 aggregati proteici rinominato communicode. “Abbiamo pensato che queste proteine, presenti nel sangue, potessero portare qualche traccia dal cervello sulla presenza o meno della malattia” ha dichiarato un entusiasta Wyss-Coray.
I ricercatori hanno notato che un set di 18 proteine “addette alle comunicazioni” si presentavano con livelli di concentrazione molto differenti tra gli individui affetti da Alzheimer e tra quelli sani. Comparando i risultati dei test effettuati su 20 pazienti, cui era già stato diagnosticato il morbo, il team di ricerca ha dimostrato come la forte concentrazione del set di 18 proteine sia un indicatore molto affidabile per rilevare la presenza dell’Alzheimer.

La scoperta di Wyss-Coray potrebbe condurre presto a un nuovo test per verificare, in maniera molto più affidabile e diretta, la presenza dell’Alzheimer. La diagnosi precoce del morbo è fondamentale per arginare da subito i suoi effetti devastanti.
Nonostante ad oggi non esista una cura definitiva per il morbo, i numerosi protocolli terapeutici affinati in questi ultimi anni consentono di rallentare drasticamente la corsa dell’Alzheimer che porta chi ne è affetto a un inesorabile oblio.

Tornare a ricordare

Microscopio Tra le tante malattie degenerative il morbo di Alzheimer è sicuramente una delle più devastanti non solo per chi ne è affetto, ma anche per famigliari e amici che si vedono trasformati in sconosciuti dal malato che non è più in grado di riconoscerli.
L’Alzheimer distrugge progressivamente le cellule cerebrali, costringendo chi ne è affetto a un lento e inesorabile oblio tale da precludere qualsiasi possibilità di svolgere una vita normale. In Italia sono circa mezzo milione le persone affette da questo terribile morbo, che colpisce 18 milioni di individui in tutto il mondo.

Dopo numerosi anni di studio, un team di scienziati della St Andrew’s University (Gran Bretagna) è finalmente riuscito nella difficile impresa di fermare gli effetti degenerativi dell’Alzheimer costringendo la stessa malattia a recedere. Naturalmente questo incredibile risultato è stato ottenuto in laboratorio, occorreranno ancora alcuni anni prima che questa cura sperimentale possa diventare un farmaco per il trattamento precoce della malattia.
La chiave del successo di questa nuova cura risiede in una particolare proteina, progettata e sintetizzata ad hoc in laboratorio, basata sulla struttura tridimensionale di altre due proteine responsabili dei devastanti effetti degenerativi dell’Alzheimer. “Incollandosi” a una di queste due proteine, la proteina inibitrice ideata dal team di scienziati inglesi impedisce alle proteine del morbo di unirsi e di iniziare la complessa catena biochimica che porta alla progressiva morte delle cellule cerebrali dei malati di Alzheimer.

“Il nostro lavoro di ricerca non si ferma” ha dichiarato con soddisfazione Frank Gunn-Moore, uno degli artefici della scoperta, al Guardian. “Continueremo lo sviluppo della nostra proteina inibitrice fino a ottenere un farmaco. Occorreranno ancora alcuni anni di sperimentazione, ma la strada è ormai tracciata”.
La cura contro l’oblio potrebbe dunque essere più vicina di quanto immaginiamo.