Come si fa il dentifricio?

dentifricioFino a circa metà Ottocento, potersi lavare i denti con prodotti sufficientemente adeguati costituiva un piccolo privilegio, accessibile a poche persone abbienti. Si utilizzavano generalmente delle particolari polveri dentifricie, costituite da corallo, ossi di seppia, gusci d’uovo o porcellana, il tutto macinato finemente. La polvere poteva essere tinta di rosso con la cocciniglia, una sostanza colorante estratta da una specie di insetto che porta il medesimo nome.

Le paste dentifricie di oggi – bianche, colorate o a strisce – contengono generalmente una decina di ingredienti. Alcuni svolgono una funzione di pulizia o di protezione dei denti, mentre altre sostanze vengono utilizzate per conferire alla pasta un sapore gradevole o la giusta consistenza per uscire omogeneamente dal tubetto/dispenser. L’ingrediente principale della parte bianca della pasta è il calcare (carbonato di calcio), finemente polverizzato, o un altro minerale come l’ossido di alluminio. Si tratta di polveri lievemente abrasive in grado di eliminare la pellicola opacizzante depositata sui denti dal cibo e dalle bevande, contenente sostanze in decomposizione che causano la formazione della placca dentaria. Come sbiancante, a volte, si usa l’ossido di titanio. Leggi tutto “Come si fa il dentifricio?”

Come si fa un fiammifero? E come funziona?

Un poco di attrito accende la fiamma, ma come funzionano e vengono prodotti i fiammiferi?

fiammiferoIl principale antenato del fiammifero moderno fu creato dal farmacista inglese John Walker verso la fine degli anni Venti del 1800. I primi prototipi funzionavano discretamente bene, ma talvolta non riuscivano a innescare la fiamma. Pochi anni dopo un altro arguto inventore, Charles Suria, perfezionò il funzionamento dei fiammiferi inserendo nella loro capocchia il fosforo bianco. I fiammiferi di questo tipo venivano chiamati solitamente “luciferi” e furono il modello più utilizzato nel corso dell’Ottocento.

I luciferi si accendevano con facilità, ma avevano il terribile difetto di rilasciare gas tossici, rivelandosi mortali. Il fosforo bianco emetteva, infatti, vapori velenosi e una lunga esposizione a questi poteva condurre all’insorgenza di patologie molto gravi e spesso incurabili. Il tasso di mortalità nelle fabbriche che producevano i luciferi era estremamente alto, tanto da indurre nei primi anni del Novecento a bandire la produzione di fiammiferi contenenti fosforo bianco.

Entrato in vigore il divieto, per i fiammiferi si cominciò a utilizzare il sesquisolfuro di fosforo unitamente al clorato di potassio. Lo sfregamento su una superficie ruvida portava la capocchia a scaldarsi repentinamente innescando così la reazione chimica che portava alla produzione della fiamma. Un principio di funzionamento relativamente semplice e potenzialmente rischioso, poiché anche un attrito involontario poteva causare l’accensione del fiammifero e la conseguente generazione di un incendio incontrollato. Leggi tutto “Come si fa un fiammifero? E come funziona?”