Il cuore umano continua a generare nuove cellule durante l’età adulta, anche se con estrema lentezza. L’importante scoperta giunge da una recente ricerca che ha consentito di riscontrare, per la prima volta, una effettiva rigenerazione cellulare del muscolo più importante del nostro organismo.
Fino a ora si sapeva, infatti, che il cuore fosse in grado di generare nuovi cardiomiociti (la base per costruire i suoi fasci muscolari) ma la crescita era stata osservata solamente in vitro e mai direttamente sul muscolo cardiaco. Le nuove evidenze portate all’attenzione della comunità scientifica dalla ricerca di Jonas Frisén (Karolinska Institute, Stoccolma – Svezia) sembrano dare una prima risposta agli interrogativi sulla rigenerazione del cuore, fugando alcuni dubbi sulle capacità del cuore di rinnovare i propri apparati cellulari.
Per giungere alla sua scoperta, Frisén ha deciso di declinare in un modo particolare il famoso esame del carbonio-14 utilizzato generalmente per datare l’età degli antichi reperti. Dopo la Seconda guerra mondiale, i numerosi test atomici condotti sul Pianeta portarono a una diffusione di inquinamento da carbonio-14 nell’atmosfera. Grazie al ciclo dell’acqua e ai venti, l’isotopo si depositò progressivamente sulle piante, trasferendosi così anche all’interno dell’organismo dei consumatori di frutta e vegetali. Con la fine dei test intorno ai primi anni del 1960 i livelli di radiocarbonio nell’atmosfera iniziarono a ridursi divenendo presto del tutto marginali.
Le tracce lasciate dal carbonio-14 nel DNA delle cellule intente a moltiplicarsi corrispondono alla quantità di isotopi di radiocarbonio che si trovavano in un dato momento nell’atmosfera. Conoscendo quest’ultimo dato è dunque possibile datare le cellule, determinato in maniera sufficientemente precisa la loro età. Utilizzando questo sistema, Frisén ha notato come le persone nate prima del 1955, dunque prima del periodo più intenso di test atomici, avessero livelli di C14 nei loro cardiomiociti più alti rispetto ai livelli di radiocarbonio riscontrati nell’atmosfera nell’anno della loro nascita. Dunque alcune di quelle cellule cardiache dovevano essersi moltiplicate in un periodo successivo alla nascita, quando i livelli di C14 erano ormai aumentati a causa dei test nucleari.
Insieme al suo team di ricercatori, Frisén ha successivamente elaborato un modello matematico per approfondire la sua ricerca, ottenendo risultati sorprendenti. I calcoli hanno consentito di scoprire che un cuore di 50 anni contiene mediamente più del 50% delle cellule che aveva al momento della nascita, e che la rigenerazione delle cellule cardiache tende a rallentare considerevolmente con il passare del tempo. Un cuore di 25 anni rigenera infatti circa l’1% dei suoi cardiomiociti in un anno, mentre un cuore di 75 anni meno della metà. La ricerca sarà ora estesa ulteriormente per indagare la rigenerazione cellulare del tessuto cardiaco negli individui che hanno subito un infarto.
La scoperta di Frisén, da poco pubblicata sulla rivista scientifica Science, apre ora nuovi importanti scenari per la ricerca intorno al cuore. Scoprire il meccanismo che innesca la rigenerazione delle cellule cardiache potrebbe portare a una nuova generazione di farmaci in grado di stimolare la produzione di nuovi cardiomiociti. Occorrerà ancora molto tempo prima di raggiungere un protocollo di cura: non è infatti ancora chiaro quali siano le cellule che controbuiscono alla produzione dei nuovi cardiomiociti. La strada verso i segreti del cuore è ancora lunga, ma appare ora più chiara la meta.