Uscire sconfitti da un confronto fisico si rivela generalmente un’esperienza importante non solo per prendere coscienza dei nostri limiti, ma anche per comprendere la forza del nostro antagonista non commettendo nuovamente l’errore di trascinarlo subito in una nuova sfida. Ciò comporta naturalmente la nostra capacità di riconoscere all’istante la persona che ci ha sconfitto, così da tenercene alla larga ed evitare nuovi guai, salvo non aver seguito un corso accelerato di autodifesa. Quello che può apparire come un semplice meccanismo di riconoscimento nasconde in realtà un complesso processo cognitivo, che coinvolge la nostra mente su numerosi livelli. Una attività legata al riconoscimento del ruolo e del rango sociale di chi ci circonda, che secondo numerosi ricercatori difficilmente poteva essere riscontrata in forme di vita più semplici organizzate secondo criteri sociali come le vespe. Una recente ricerca sembra però smentire le prime supposizioni di questi entomologi.
Le vespe cartonaie (Polistes fuscatus) devono il loro nome alla conformazione che assumono i loro nidi, le cui pareti impastate con legno e saliva ricordano sottili fogli di cartone, in cui vivono in gruppi costituiti da alcune centinaia di loro simili e da talune regine. A differenza delle api, che nascono “già predestinate” per regnare, ogni vespa cartonaia può conquistare il comando del nido e controllare le sue simili. Ciò comporta un alto livello di litigiosità all’interno dei nidi, dove ciclicamente ogni vespa combatte per diventare la regina. Scontrarsi più di una volta con la medesima antagonista diverrebbe, naturalmente, controproducente, quindi le vespe trarrebbero un indubbio giovamento nel riconoscersi sempre l’una con l’altra.
Partendo da questo presuppoto, nel 2002 la ricercatrice Elizabeth Tibbets (University of Michigan, USA) condusse un attento studio, scoprendo così che le vespe tendono a essere maggiormente combattive quando si confrontano con individui provenienti da altri nidi. Procedendo nell’analisi del comportamento sociale di questi imenotteri, la Tibbets scoprì che molte vespe tendevano a sfruttare i particolari nella pigmentazione delle loro compagne per riconoscerle all’interno del nido e distinguerle dagli individui esterni.
Forte delle sue scoperte, Elizabeth Tibbets ha coinvolto il ricercatore Michael Sheehan in una nuova ricerca, tesa a scoprire se le vespe siano in grado di riconoscere i loro nemici così da evitare di combattere nuovamente con i medesimi individui. I due ricercatori hanno raccolto una cinquantina di vespe regine da altrettanti nidi molto distanti tra loro; dopodiché hanno inserito due vespe provenienti da nidi differenti in un contenitore lasciandole insieme per circa 24 ore. Come prevedibile, i due imenotteri hanno lottato strenuamente per affermare il loro reciproco dominio. I ricercatori hanno poi isolato le due vespe per una intera settimana per poi riunirle nuovamente nel medesimo contenitore. Il secondo incontro, però, non si è trasformato in una lotta tra i due individui, che hanno preferito starsene per conto loro senza stuzzicare l’antagonista già sfidato precedentemente (video).
Dopo aver effettuato l’esperimento con tutte le 50 vespe regine, i ricercatori sono giunti a una conclusione sorprendente: nonostante le loro limitate capacità cerebrali, le vespe riescono a riconoscere anche i nemici provenienti dagli altri nidi con cui si sono già battute, evitando così di ripetere all’infinito i medesimi combattimenti.
Le vespe non solo conservano una memoria dei loro tafferugli, ma imparano anche a riconoscere un’ampia varietà di loro antagoniste con una facilità su cui nessun entomologo avrebbe mai davvero scommesso. Benché possa apparire semplice, la scoperta di Tibbets e Sheenhan riveste un ruolo fondamentale per comprendere le logiche sociali di gruppo che governano un intero nido. I due ricercatori cercheranno ora di comprendere attraverso quali parametri (visivi, olfattivi…) le vespe riescono a riconoscere così facilmente i loro nemici che, ricordiamolo, non sono mai gli essere umani…
Bravo Anecòico! Un bel ritorno con un pezzo esauriente e piacevole, come sempre. Spitualmente un’appendice al «Tuttoscienze» che ci propone «La Stampa» il mercoledì, con articoli non sempre eccezionali.
Pierbacco
Durante una delle disinfestazioni sul tetto composto da tegole, ho osservato la fuga di una vespa molto grande che aveva in bocca una vespa più piccola.Vorrei sapere di cosa si tratta,se è una procedura normale di salvataggio o cosa altro. Non possiamo rimuovere le tegole poichè sono murate. Ripetiamo comunque il trattamento fino alla scomparsa delle vespe.
Perdonate ma sono ignorante in materia.