La Nobel Assembly ha ufficializzato il conferimento del premio nobel per la medicina a Mario R. Capecchi, Martin J. Evans e Oliver Smithies. Mentre si è giustamente parlato molto delle biografie dei tre premiati, minore attenzione è stata dedicata alla scoperta che è valsa loro il più ambito premio in ambito scientifico. Proviamo quindi a scoprire qualcosa di più su questa scoperta da Nobel.
Attraverso studi e approcci differenti, i tre ricercatori insigniti con il premio Nobel sono stati artefici di una serie di scoperte senza precedenti legate alle cellule staminali e alla ricombinazione del DNA, il nostro patrimonio genetico, nei mammiferi. Le loro scoperte hanno portato alla creazione di una nuova tecnologia, il “gene targeting”, che potrà essere impiegata in medicina per lo sviluppo di nuove e rivoluzionarie terapie.
Utilizzato per disattivare singoli geni (i portatori delle istruzioni per costruire gli organismi viventi), il “gene targeting” consente di creare praticamente qualsiasi tipo di modifica al DNA, consentendo ai genetisti di valutare la funzione di ogni singolo gene.
Modificare i geni con la ricombinazione omologa
Come sappiamo ormai da tempo, le informazioni per lo sviluppo e la vita degli organismi viventi sono contenute nella doppia elica del DNA. Questo libretto delle istruzioni è raccolto nei cromosomi, i contenitori del codice genetico ereditati a coppie dal padre e dalla madre. La “ricombinazione omologa” è il momento in cui il cromosoma maschile si fonde con quello femminile. Questo scambio di DNA consente l’estrema variabilità genetica rendendo ogni organismo praticamente unico al mondo.
Capecchi e Smithies partirono da questi presupposti, lavorando per anni sulla ricombinazione omologa nell’intento di modificare i geni dei mammiferi in maniera estremamente mirata.
Con i suoi studi, Capecchi dimostrò che la ricombinazione omologa poteva essere influenzata inserendo “pezzi di DNA” nei cromosomi. Il neo-Nobel per la medicina riuscì a riparare geni danneggiati intervenendo nella ricombinazione omologa con nuove istruzioni genetiche. Partendo dagli incredibili risultati ottenuti da Capecchi, Smithies scoprì che le porzioni di DNA endogeno (cioè inserito in laboratorio nelle cellule) potevano essere utilizzate in diversi tipi di geni a prescindere dalla loro funzione. Ciò suggerì che tutti i geni potessero essere modificati durante la fase di ricombinazione omologa.
Cellule embrionali staminali: l’anello mancante
Le tipologie di cellule inizialmente studiate da Capecchi e Smithies non potevano però essere usate per creare animali con specifiche mutazioni ottenute in laboratorio. E qui entra in scena Martin Evans, il terzo Premio Nobel di quest’anno per la medicina.
Evans aveva studiato per molto tempo un particolare tipo di cellule embrionali del carcinoma dei ratti (EC) che, nonostante provenissero da un tumore, potevano generare praticamente qualsiasi tipo di cellula. Evans decise di utilizzare le cellule di EC come un “cavallo di Troia” per introdurre nuovo materiale genetico nella linea di evoluzione del tumore nei ratti. Dopo alcuni tentativi fallimentari, Evans si rese conto che l’introduzione di nuovo materiale genetico poteva avvenire a uno stadio precedente in alcune cellule non ancora specializzate: le cellule embrionali staminali. L’anello mancante delle ricerche di Capecchi e Smithies.
Topo knockout
Tra il 1986 e il 1989 i tre scienziati lavorano alacremente per la creazione del primo organismo vivente creato grazie al “gene targeting”. Capecchi e Smithies avevano trovato la strada per arrivare a questo risultato, mentre Evans l’automobile per compiere il tragitto identificato dai due colleghi.
Con la nascita negli anni Ottanta del primo topo “knockout”, cioè con l’espressione di un gene soppressa in laboratorio, i tre genetisti dimostrarono di essere in grado di determinare l’espressione genica in un organismo vivente. Una scoperta senza precedenti e dall’inestimabile valore scientifico.
La rivoluzione del “gene targeting”
Il “gene targeting” permette ormai da anni di approfondire le nostre conoscenze su molteplici aspetti della vita dei mammiferi. Questa tecnologia, affidabile e relativamente semplice da ottenere in laboratorio, è stata impiegata da centinaia di centri di ricerca in tutto il mondo, in un numero vastissimo e svariato di sperimentazioni.
Grazie a Capecchi, Smithies, Evans e al loro “gene targeting” è stato possibile scoprire la funzione di centinaia di geni implicati nello sviluppo dello stadio fetale dei mammiferi.
Le ricerche di Capecchi hanno fatto luce sul ruolo dei geni coinvolti nello sviluppo degli organi e della struttura anatomica dei mammiferi, contribuendo a risolvere molti misteri legati alle malformazioni prenatali.
Con i suoi studi, Evans è riuscito nell’ardua impresa di creare mappature genetiche ad hoc per studiare molte patologie umane sui ratti, ottenendo importantissimi risultati nella terapia genica di alcune malattie come la fibrosi cistica.
Come Evans, anche Smithies ha sfruttato il “gene targeting” per creare organismi ideali per lo studio di particolari patologie, come la talassemia, l’ipertensione e l’arteriosclerosi.
Il “gene targeting” interessa ormai quasi tutti i campi della medicina. Il suo impatto sulla ricerca genica e lo sviluppo di nuove cure per il cancro e molte malattie ereditarie è destinato ancora a crescere nei prossimi anni.
L’intera comunità scientifica, e noi tutti, dobbiamo moltissimo agli incredibili risultati ottenuti con caparbia e tenacia da Capecchi, Smithies ed Evans. E un Premio Nobel non poteva che essere il miglior “grazie” possibile.
Io nn capisco perchè in Italia tuto questo nn succede.
Grazie tutto..solo cosi’possiamo aiutare la gente che soffre..CON LA RICERCA.
Complimenti! Hai scritto un pezzo che colma vistose lacune informative e che sarebbe degno di una grande rivista scientifica e, giocado in casa, di Tuttoscienze.
Bravo! Pierbacco