Un ominide con la tubercolosi

Un nuovo importante ritrovamento di ossa fossili potrebbe svelare alcuni segreti dei lontani antenati del genere umano. La scoperta è avvenuta vicino a Denizli, una città della Turchia, in cui sono stati ritrovati i resti di un cranio umano risalente a circa mezzo milione di anni fa. Nonostante i pochi frammenti ritrovati, il fossile rivela il più antico caso finora conosciuto di tubercolosi della Storia.

Il cantiere di Denizli (basso) e i resti fossili del cranio (in alto) [Credit: John Kappelman/University of Texas, Austin]Il Medio Oriente è stato per migliaia di anni un importante crocevia per le prime popolazioni nomadi di umani. «Da alcuni anni, ci è ormai chiaro che i primi ominidi si siano dispersi per l’Europa passando dalle regioni occidentali dell’Asia e dall’Africa, rendendo l’attuale territorio della Turchia un punto di passaggio obbligato» ha dichiarato il paleoantropologo Philip Rightmire alla rivista scientifica Science.
Sulla base di queste conoscenze, antropologi e paleontologi hanno intensificato per anni le ricerche dei diretti antenati dell’uomo, Homo erectus, in Turchia. Ironia della sorte, i resti fossili di Danizli non sono stati ritrovati dai ricercatori, ma da un gruppo di operai impegnati in un cantiere. Allertato un team di ricerca internazionale già presente in Turchia, i responsabili del cantiere hanno permesso la fondamentale scoperta, riportata sull’ultimo numero della rivista specializzata American Journal of Physical Anthropology.

Homo erectus e Homo sapiens sapiens a confronto [credit: outofafricaintoasia.tripod.com]Secondo i ricercatori che hanno curato lo studio, i resti fossili apparterrebbero a un esemplare di Homo erectus, o – con meno probabilità – di un Homo Heidelbergensis, un diretto parente dell’uomo di Neanderthal.
Un’analisi approfondita dei frammenti cranici ha messo in evidenza i tipici segni causati dal Leptomeningitis tuberculosa, un batterio che causa una particolare forma di tubercolosi che aggredisce le membrane cerebrali. Secondo i ricercatori, le cicatrici fossilizzate rappresenterebbero una forma primordiale di questa malattia nell’uomo. La presenza della tubercolosi può fornire, inoltre, numerosi indizi sull’aspetto fisico di questo individuo vissuto mezzo milione di anni fa. L’ominide doveva essere molto probabilmente di carnagione scura, un vero e proprio handicap per i primi esseri umani che migrarono verso nord. La minore quantità di esposizione al sole comportava, infatti, una sensibile carenza di vitamina D con un inevitabile abbassamento delle risorse immunitarie. In queste condizioni il batterio della tubercolosi avrebbe trovato un ottimo terreno su cui attecchire e proliferare.

La scoperta di Denizli apre nuove affascinanti prospettive per lo studio dell’evoluzione umana. Per la prima volta, infatti, i paleoantropologi potranno mettere in relazione le migrazioni verso nord con il progredire di alcune patologie, sopravvissute fino ai giorni nostri. Un passaggio fondamentale per comprendere appieno il lento processo evolutivo che in centinaia di migliaia di anni ha portato all’Homo sapiens sapiens. L’ultima tappa della nostra evoluzione.

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