Come si costruisce uno degli edifici più alti al mondo?

Il metodo più veloce per costruire un edificio di cemento molto alto è quello di utilizzare le casseforme scorrevoli, un particolare metodo ideato specificamente per ciminiere, silos e le gigantesche piattaforme petrolifere. Uno degli esempi più spettacolari di edifici costruiti con questa tecnica è sicuramente quello della CN Tower di Toronto, in Canada, alta più di mezzo chilometro: 553 metri.

Base della CN Tower, la torre fu costruita tra il 1973 e il 1976 [credit: cntower.ca]Il modo più diffuso per costruire un alto muro di cemento è quello di versare del cemento liquido in una forma chiamata cassaforma, un particolare stampo che riporta in negativo le peculiarità della muratura da erigere. Quando il cemento si è consolidato, si rimuove la cassaforma e la si colloca al di sopra del muro appena costruito, in un procedimento che ricorda molto il gesto di impilare una moneta sopra l’altra.
La tecnologia della cassaforma scorrevole consente di velocizzare sensibilmente il processo di costruzione, assicurando la cassaforma a una struttura di acciaio non a contatto con il muro in costruzione. Potete immaginare la cassaforma scorrevole come un gigantesco ascensore che, piano dopo piano, costruisce la struttura portante dell’edificio.

CN Tower in fase di costruzione, l’enorme struttura che la sormonta è la cassaforma scorrevole [credit: ewh.ieee.org]Nel caso della CN Tower furono utilizzati particolari martinetti idraulici, in grado di sollevare progressivamente la cassaforma di circa 25 millimetri per volta. Così facendo, la torre fu costruita alla velocità record di sei metri al giorno. La conformazione della CN Tower e le caratteristiche del progetto rendevano ideale l’utilizzo del metodo a cassaforma scorrevole, che non può invece essere utilizzato per edifici particolarmente elaborati con una struttura poco lineare e raccolta.
Posa dell’antenna sulla CN Tower [credit: cntower.ca] La costruzione della CN Tower ha richiesto l’utilizzo di materie prime di altissima qualità, a partire dal cemento che doveva essere in grado di aderire e asciugare molto rapidamente pur offrendo il massimo della compattezza possibile. Anche se a prima vista la tecnica della cassaforma scorrevole appare molto semplice, gestire la movimentazione di questo enorme ascensore non è per nulla facile. Una volta iniziato il lavoro non si può più interrompere, la costruzione avviene dunque a ciclo continuo sia di notte che di giorno. Numerosi tecnici verificano costantemente l’andamento della costruzione, il cemento impiega infatti molte ore per asciugare, ma deve essere comunque in grado di sopportare il peso della struttura soprastante. Durante la costruzione, il cemento ancora tenero della CN Tower subì persino l’influsso della rotazione terrestre deformandosi: gli ingegneri dovettero gestire l’emergenza con enormi cavi di acciaio per riportare alla forma corretta la torre.

Il metodo di costruzione jackblock utilizza i martinetti come la tecnica della cassaforma scorrevole, ma al contrario. In questo caso, infatti, si costruisce per primo il piano più alto, dopodiché lo si solleva in modo da poter costruire sotto di esso il piano successivo e così via fino alla completa costruzione dell’edificio. Il jackblock consente di lavorare da subito anche all’interno dell’edificio, riducendo al minimo la necessità di sollevare materiali e strumenti, che sono sempre impiegati a livello del suolo. Questa tecnica richiede strumentazioni molto robuste, a cominciare dai martinetti che arrivano a sopportare pesi superiori alle 30.000 tonnellate.

Come si fa una matita?

matitaa.jpg Il tipo di matite che usiamo ogni giorno ha un’origine relativamente recente. Prima di scoprire e affinare pennelli e inchiostro, le antiche civiltà (Egizi, Greci, Romani) utilizzavano dei particolari dischetti in piombo per tracciare linee, ideogrammi e lettere su papiri e pergamene (ancora oggi la mina delle matite viene chiamata lead, cioè piombo, nei paesi anglosassoni).

Nel Trecento molti artisti europei utilizzavano bastoncini di piombo, argento o zinco per tracciare schizzi e abbozzi delle loro opere. Due secoli dopo, lo svizzero Konrad von Gesner descrive per la prima volta in uno dei suoi testi un particolare bastoncino per scrivere, racchiuso in un involucro cilindrico di legno. Nel 1564 a Borrowdale, nord dell’Inghilterra, la scoperta della grafite pura sancì la fine del piombo usato fino ad allora per scrivere e disegnare. Per ottenere la mina si miscelano grafite, acqua e argilla La grafite è un minerale e rappresenta uno degli stati allotropici (cioè la capacità di un elemento di presentarsi sotto diverse forme) in cui si può presentare il Carbonio. Grazie alla sua conformazione laminare, se trascinata su un foglio la mina di grafite rilascia uno strato sottilissimo di minerale che – penetrando nelle porosità della carta – assicura un segno sufficientemente netto e duraturo.

La guaina che racchiude la mina è generalmente costituita da un cilindro cavo di legno tenero, adatto alle lamette dei comuni temperini. Il più utilizzato è il cedro bianco, per le matite professionali si utilizza di preferenza il legno molto pregiato ottenuto da alberi di 150-200 anni. Punta dura o morbida? Per produrre la mina delle matite, la grafite viene miscelata con argilla pura, la stessa utilizzata per la produzione della porcellana.
I due ingredienti vengono combinati in proporzioni diverse per produrre mine più o meno nere e di durezza variabile.

Il tipo di mina più utilizzato è quello HB (iniziali di Hard and Black). Le matite più tenere e più nere (B e BB) contengono più grafite, quelle più dure (da H a 10 H) una quantità progressivamente crescente di argilla.

Le mine delle matite colorate non contengono grafite: sono formate da argilla e cera, colorate con pigmenti. Per ottenere la mina si crea un impasto di polvere di grafite e argilla, che viene successivamente cotto in un forno. A causa della sua struttura friabile, la grafite non può essere macinata in un mulino tradizionale. Si utilizza quindi un “mulino a dischi”, in cui alcuni getti di aria compressa contenenti particelle di grafite vengono fatti collidere con forza l’uno contro l’altro per ridurre in microscopici frammenti il minerale.

L’impasto di grafite, argilla e acqua viene poi spinto in un estrusore (il suo funzionamento è simile a quello di un’enorme siringa) che compatta l’impasto producendo poi i sottilissimi “bastoncini” che costituiranno la mina, l’anima della matita. Dopo essere stati essiccati, questi bastoncini di grafite e argilla vengono cotti a una temperatura di circa 1.200°C. Terminata la cottura, le mine vengono irrorate con una cera lubrificante per facilitare lo scorrimento sulla carta.

L’assemblaggio delle guaine che contengono le mine ricorda la preparazione di un panino. Il primo strato di pane è costituito da particolari tavolette di legno, spesse la metà rispetto al diametro finale della matita, in cui si praticano le scanalature destinate ad ospitare le mine. Collocata la grafite, il panino viene terminato incollando una seconda tavoletta di legno. Una macchina provvede poi a separare le matite, conferendo loro un taglio esagonale o circolare.

Tocco d’arte finale, la verniciatura della guaina di legno con vernici rigorosamente atossiche. Pare resistano in pochi a non mordicchiare una matita, specie se i conti di algebra non tornano…

E le biro? Scopri come funzionano! 

Come funziona una biro?

Ogni giorno vengono vendute decine di milioni di comunissime biroPrima dell’invenzione della penna stilografica, brevettata per la prima volta in Francia nel 1827, il calamo fu il normale strumento di scrittura per migliaia di anni. Per scrivere si utilizzava la base delle penne di numerosi uccelli di media taglia, come oche e alcune specie di rapaci.
La penna biro, lo strumento per scrivere più utilizzato al mondo, venne inventato circa settant’anni fa dalla mente geniale dell’inventore ungherese László József Bíró che, secondo la leggenda, avrebbe avuto l’intuizione di utilizzare una “punta a sfera” osservando alcuni bambini che giocavano a biglie in strada. Rifugiatosi in Argentina durante i sanguinosi anni della Seconda guerra mondiale, Bíró perfezionò la sua invenzione e – con l’aiuto del fratello Gybrgy – iniziò a produrre in serie la sua penna a sfera.
Per questioni economiche nel 1944 Bíró fu costretto a vedere il proprio brevetto a uno dei suoi finanziatori, che avviò un’intensa produzione di penne per l’aviazione Alleata. Rispetto ai normali strumenti per la scrittura, infatti, la penna a sfera aveva il vantaggio di non risentire delle variazioni di pressione dell’aria sugli aerei da combattimento.
Scomparso dalla scena, il nome di Bíró divenne una parola di uso quotidiano utilizzata da miliardi di persone in tutto il mondo per indicare la sua geniale invenzione.

Ma come funziona una biro?
La sfera di una biro ingrandita 80 volte [credit: Reader’s Digest] Il cuore di ogni penna a sfera è una minuscola pallina metallica, levigata con estrema precisione, in grado di trasferire sulla carta l’inchiostro denso e oleoso contenuto nel serbatoio della biro, una lunga cannuccia che sovrasta la sfera.
Perfettamente sferica, prodotta generalmente in acciaio dolce e inossidabile, questa pallina ha un diametro di appena un millimetro ed è molata (levigata) con un margine di errore inferiore al centomillesimo di millimetro. Realizzata anche in tungsteno e carbonio, a volte può essere volutamente ruvida per migliorare l’attrito con la carta e con l’inchiostro da stendere sul foglio.

Le “creste” nella punta consentono una diffusione omogenea dell’inchiostro sulla sfera [credit: Reader’s Digest]La sfera viene alloggiata nella punta della biro, un cono realizzato in acciaio e ottone in grado di lasciare sufficiente liberà di movimento alla sfera. Con un colpo molto preciso e delicato vengono poi ribattuti i bordi del cono per evitare che la pallina esca dal proprio alloggiamento.
L’inchiostro passa dalla cannuccia (il serbatoio) al cono dove, attraverso una ghiera di minuscole creste, “sporca” la sfera. La minuscola presa d’aria presente nel tubicino di ogni penna evita che all’interno del serbatoio si crei il vuoto, che impedirebbe all’inchiostro di scendere e depositarsi sulla sfera. Una particolare marca di biro utilizza il principio opposto, mantenendo sotto pressione il serbatoio dell’inchiostro. Ciò consente di utilizzare la penna a sfera anche dal basso verso l’alto… e in assenza di gravità nello Spazio.

Una biro al completo con la sua sfera, ai margini della punta si nota il bordo ribattuto per evitare l’uscita della pallina [credit: Reader’s Digest]Muovendo la biro sul foglio la pallina si comporta come un minuscolo rullo. Grazie alla rotazione deposita l’inchiostro proveniente dalla cannuccia sul foglio.
Sono decine di milioni le biro vendute ogni giorno in tutto il mondo. Mediamente una penna a sfera a punta sottile può produrre circa 3,5km di scrittura, con punta “standard” si raggiungono invece i 2,5 km.
Buona scrittura!