Giapeto, la luna bifronte

Giapeto è l’unica luna bicolore finora conosciuta nel nostro sistema solare. [photo credit: NASA/JPL/Space Science Institute]Era il 25 ottobre del 1671 quando l’astronomo Gian Domenico Cassini osservò per la prima volta Giapeto, il terzo satellite naturale (per dimensione) di Saturno.
Quasi tre secoli e mezzo dopo, la medesima luna è stata osservata e fotografata da una sonda spaziale della NASA, naturalmente intitolata a Cassini, il grande astronomo italiano.

Area di transizione tra emisfero chiaro ed emisfero scuro di Giapeto [photo credit: NASA/JPL/Space Science Institute]Grazie a questa magnifica immagine, scattata nei primi giorni di settembre di quest’anno e da poco rilasciata dalla NASA, si può apprezzare la particolare conformazione di Giapeto, chiara e scura sia di giorno che di notte, così come è apparsa ai sofisticati sensori della sonda Cassini.
La superficie di Giapeto ha infatti una particolare colorazione a due toni. Un emisfero è perennemente scuro, con lievi torni che virano al rosso, mentre l’altra metà della luna e perennemente chiara e brillante. Già nel diciassettesimo secolo Gian Domenico Cassini aveva rilevato questa particolarità del satellite, che rendeva Giapeto visibile solo su un lato di Saturno e non sull’altro.

Il lato chiaro di Giapeto [photo credit: NASA/JPL/Space Science Institute]Per secoli sono state proposte numerose ipotesi per spiegare la particolare colorazione “bigusto” del satellite. A chi ipotizzava una causa endogena, dovuta alla conformazione geologica della luna, si contrapponevano coloro convinti che la doppia colorazione fosse dovuta ai materiali raccolti da Giapeto nel corso della sua orbita intorno al pianeta Saturno.
Il volo ravvicinato, appena a 1640km di altezza, da poco effettuato dalla sonda Cassini ha fornito immagini dettagliatissime che potranno finalmente contribuire alla risoluzione dell’enigma legato a Giapeto. Il lato chiaro del satellite parrebbe infatti ricoperto da uno strato di ghiaccio bianchissimo, “sporcato” da materiali scuri probabilmente fuoriusciti dall’interno stesso della luna.
Lo Yin e Yang del Cosmo è servito…

Il mostruoso ragno dei cammelli

Appartenente all’ordine dei Solifugae, il “ragno dei cammelli” appartiene alla classe degli aracnidi ed è un parente prossimo delle migliaia di ragni appartenenti all’0rdine delle Araneae.
Questi inquietanti “cugini” dei ragni prediligono aree climatiche molto calde e secche e popolano buona parte dei deserti orientali ed occidentali. Riconoscibili dalle loro possenti mandibole, i “ragni dei cammelli” sono dotati di due lunghi pedipalpi (collocati in prossimità del loro organo buccale) che svolgono una funzione sensoria analoga alle antenne degli insetti.
Ghiotti di termiti e coleotteri, i “ragni dei cammelli” sono molto abili nella caccia, tanto da essere in grado di paralizzare prede molto succulente e più grandi di loro come alcune specie di rettili.

Alcuni soldati statunitensi “a tu per tu” con i ragni dei cammelliI “ragni dei cammelli” sono diventati un vero incubo per i soldati statunitensi in missione in Iraq. Eppure, nonostante il loro aspetto poco rassicurante, questi parenti dei ragni sono totalmente innocui per l’uomo. Come la maggior parte degli aracnidi, allo scontro diretto prediligono di gran lunga la fuga…

Passeggiata tra le stelle

Salvo casi eccezionali, le missioni spaziali degli Shuttle sono diventate normale routine cui i media dedicano lo spazio stretto necessario. Eppure, lassù a migliaia di chilometri dalla Terra, le squadre di astronauti compiono incredibili missioni dense di pericoli e incognite.
La maggior parte delle recente escursioni nel Cosmo è dedicata alla costruzione della Stazione Spaziale Internazionale (ISS), la più grande base extraterrestre mai costruita. Durante queste missioni lo Shuttle si trasforma in un vero e proprio cargo per portare i nuovi moduli, le stanze della base spaziale, in orbita e costituire così l’intricato puzzle della ISS.

Queste magnifiche immagini immortalano i momenti salienti dell’ultima escursione spaziale dell’equipe di astronauti della missione STS-118. Trasformati in veri e proprio meccanici del Cosmo, questi uomini coraggiosi hanno lavorato per numerose ore sospesi nell’assenza di gravità, con la loro vita affidata a un braccio meccanico che li assicurava allo Shuttle.
Fotografie da brivido, quasi commoventi, che ci raccontano una routine fuori dal comune.

Astronauta con un modulo della ISS, sullo sfondo la TerraPasseggiata spaziale, in basso a destra si notano i due fili cui sono “appese” le vite dei due astronautiNella “pancia” dello Shuttle

Il muso dello Shuttle EndeavourLo Shuttle attraccato alla base spaziale internazionale

Attraverso un angusto tunnel gli astronauti raggiungo la ISS dallo ShuttleTempo per un saluto…

L’assenza di gravità ha i suoi vantaggi…Astronauta con corpo centrale della ISSIl cantiere stellare della base spaziale internazionale

Uno squalo primitivo… nel terzo millennio

Un raro esemplare di Chlamydoselachus anguineus, un squalo primitivo appartenente alla famiglia Chlamydoselachidae, è stato recentemente avvistato al largo delle coste giapponesi durante le riprese di un documentario sulla fauna marina.
Debilitato e gravemente malato, lo squalo è stato condotto all’Awashima Marine Park di Shizuoka (a sud di Tokio) dove è morto dopo pochi giorni nonostante le amorevoli cure dei responsabili dello zoo marino.

Il curioso esemplare di Chlamydoselachus anguineus ritrovato al largo delle coste giapponesi [photo credit: Getty Images]Originaria delle coste sud africane, questa particolare specie di squalo è riconoscibile grazie alle prominenti branchie, che si gonfiano vistosamente nelle fasi di respirazione, e al corpo lungo e affusolato che raramente supera i due metri di lunghezza. Per la sua particolare fisionomia, il Chlamydoselachus anguineus assomiglia a un’anguilla molto cresciuta.

Chlamydoselachus anguineusNonostante il basso numero di esemplari, questa specie di squalo popola tutti gli oceani, vivendo a ridosso delle scarpate continentali a una profondità che oscilla tra i 120 e i 1.500 metri.
L’origine e le abitudini di vita del Chlamydoselachus anguineus sono ancora un mistero. Per molto tempo si è immaginato che questa specie di squali fosse ormai estinta da migliaia di anni, ma i ritrovamenti di alcuni esemplari nel diciannovesimo secolo sconfessarono questa ipotesi.
Secondo alcuni ricercatori, tra cui il biologo marino Leonard Compagno, il Chlamydoselachus anguineus sarebbe ovoviviparo come numerose altre specie di squali. Le uova sarebbero dunque fecondate all’interno della femmina che, dopo una gestazione di 18 mesi, “partorirebbe” da 2 a 12 cuccioli per ogni nidiata.
Tesi che soltanto un altro fortuito avvistamento potrà confermare…

L’affascinante – a volte pauroso – micromondo degli insetti

Unseen Companions è il titolo di un libro di recente pubblicazione in Gran Bretagna, interamente dedicato a quel mondo parallelo degli insetti che quotidianamente condivide con noi il nostro Pianeta azzurro.
David e Madeleine Spears e Paul Cook hanno realizzato magnifiche fotografie di quei minuscoli animaletti che, spesso per ignoranza o atavici retaggi, temiamo e ci terrorizzano. Utilizzando potenti microscopi, i curatori del libro hanno effettuato primi piani di rara bellezza, rivelando particolari inediti e sconosciuti sugli insetti. Ecco alcuni dei loro scatti.
[Tutte le immagini sono tratte da: UNSEEN COMPANIONS: big views of tiny creatures e sono © dei rispettivi proprietari]

Le “pinze” della Forficula ingrandite 75 volte, da cui deriva il nome italiano “forbicetta”Molto diffusa in Europa, la Forficula auricularia è un artropode appartenente all’ordine dei dermatteri. Lungo poco più di un centimetro, questo insetto onnivoro è molto famelico, tanto da infestare intere piantagioni in tutto il mondo. La femmina della Forficula auricularia depone una cinquantina di uova ogni autunno in piccoli nidi sotterranei. Entra poi in uno stato di letargo fino alla primavera successiva, quando inizia a badare ai suoi piccoli appena usciti dalle minuscole uova. Nella fotografia potete osservare le “pinze” della Forficula ingrandite 75 volte.

Un primo piano di Chorthippus brunneus, ingrandido 60 volteLa cavalletta comune è soltanto una delle oltre diecimila specie conosciute di questi famelici ortotteri. Contraddistinta da un paio di antenne molto corte, è dotata di mascelle estremamente potenti in grado di triturare rapidamente i vegetali di cui si nutre. Specifiche ghiandole provvedono alla secrezione di enzimi per favorire e accelerare i processi digestivi. Una femmina di cavalletta depone mediamente 500 uova.

Il Bombus terrestris è molto diffuso in tutta EuropaIl Bombus terrestris è il bombo più diffuso in Europa. È riconoscibile dalla colorazione biancastra dell’ultimo segmento del suo addome e dalla dimensione media, non superiore ai 1½–2 cm. Ottimi “piloti”, questa specie di bombi si avventura anche oltre un raggio di 13km di distanza dal nido. In questo bel primo piano possiamo apprezzare l’acconciatura punk del Bombus. I piccoli peletti servono per racimolare quanto più polline possibile.

Sopra i 1500 metri, alcune specie di acaro non sopravvivono all’altitudineTra i primi animali ad aver colonizzato la Terra, gli acari prolificano sul nostro pianeta da quasi 300 milioni di anni. Quelli della polvere colonizzano le nostre case da migliaia di anni. Microscopici e impossibili da notare ad occhio nudo, gli acari casalinghi vivono poco meno di un mese, ma hanno cicli riproduttivi molto veloci. Una femmina depone mediamente 80 uova, mentre i cadaveri degli acari morti sono considerati un pasto prelibato dai colleghi infestatori. Nella fotografia un gruppo di acari è a caccia di forfora e particelle di sudore su un lenzuolo. Niente paura, l’immagine è a un ingrandimento di ben 350 volte.

Grande appena due millimetri, questa formica risulta ingradita di 230 volteLa Monomorium pharaonis è una minuscola formica, grande appena 2 millimetri. Nativa dell’Africa settentrionale, ha nei secoli colonizzato l’intero pianeta, prediligendo negli ultimi tempi gli ospedali, dove prolifera infestando sotterranei, servizi igienici, tubature e condizionatori. Una colonia raggiunge una popolazione media di 2000 individui, guidati da una regina molto autoritaria. Un intero ciclo di vita dura generalmente 38 giorni, ma in particolari condizioni taluni esemplari raggiungono la veneranda età di 45 giorni.

Dotato di sei zampette, il pidocchio si aggrappa alla preda con dei potenti arpioniQuesto esserino, decisamente spaventoso, è un comunissimo pidocchio. Il Pediculus humanus capitis è uno dei parassiti più diffusi tra gli esseri umani, non infesta altri animali perché dopo millenni di evoluzione si è unicamente specializzato sul sangue umano. Il loro ciclo di vita non è molto lungo, circa un mese, ma ogni femmina è in grado di deporre fino a 150 uova nel giro di poche settimane. L’inquietante fotografia ritrae un pidocchio ingrandito 80 volte.

Il moscerino della frutta, ingradito 350 volteQuesto profilo molto espressivo è della Drosophila melanogaster, il comune moscerino della frutta. Lungo appena 2,5 mm, questo moscerino ha un metabolismo molto veloce e un ciclo di vita relativamente breve per un insetto, appena due settimane. Le femmine si premurano di deporre le proprie uova, circa 400, all’interno della frutta. La Drosophila è uno degli insetti più studiati al mondo. Grazie al suo ciclo di vita breve e al codice genetico “semplificato”, questo moscerino è diventato una vera e propria star nei laboratori che studiano e analizzano il DNA.

Secondo gli entomologi esistono quasi 3.000 varietà di zanzare, che ricoprono buona parte delle aree climatiche del pianetaLa Culex pipiens è la specie più diffusa di zanzara. Milioni di anni fa le zanzare erano circa tre volte più grandi di quanto non siano oggi. L’apparato visivo è pressoché rimasto invariato e si basa ancora sull’infrarosso. A differenza di quanto si possa immaginare, le zanzare non sono tanto attratte dal sudore, quanto dall’aria che emettiamo quando espiriamo.

Lo scarafaggio americano vive mediamente 12 mesiLa Periplaneta americana è la specie di scarafaggio più diffuso in America. Infesta milioni di case, prediligendo ambienti caldi e umidi, come i seminterrati e le fenditure nei muri vicino ai termosifoni o gli scarichi domestici. La sua grandezza può variare tra i 2 e i 4,5 cm e può sopravvivere per mesi senza toccare cibo. Il ciclo di vita di uno scarafaggio è molto lungo e, salvo disinfestazioni, può superare l’anno di vita. In un ciclo vitale una femmina depone circa 150 uova, i piccoli impiegano sei mesi per raggiungere l’età matura. Onnivori e famelici, prediligono le ore notturne per le loro scorribande. In mancanza di cibo non disdegnano di mangiarsi a vicenda…

Assassine Potenzialmente Innocue – API

ape1.jpgPer motivi antropologici, evolutivi e retaggi ormai ancestrali, la maggior parte degli essere umani guarda con estrema diffidenza – talvolta terrore – lo sterminato mondo degli insetti.
Nonostante in secoli di ricerca e scrupoloso metodo scientifico, grandi scienziati ed entomologi abbiano dimostrato le incredibili e affascinanti capacità degli insetti, continuiamo a temere o a guardare con disgusto questi piccoli abitanti del globo terrestre.
Visto che il tradizionale approccio divulgativo non ha fatto sempre faville in questo campo, proviamo ad avvicinarci con un po’ di ironia a uno degli insetti più temuti: l’ape.

Al mondo esistono circa 16.000 specie di api. A differenza di quanto si immagini, questo tipo di insetti è fortemente solitario, solo il 5% delle specie conosciute vive in società complesse e gerarchiche. Le api del miele sono in assoluto le più socievoli, un loro sciame può raggiungere le 80,000 unità.
I fuchi, ovvero le api di sesso maschile, hanno una sola occupazione in tutta la loro vita: riprodursi ciclicamente e senza sosta con l’ape regina. Solo in rari casi di “carestia”, le api operaie convincono – più o meno gentilmente – i fuchi a uscire dal favo per cercare cibo.
Per gestire correttamente una popolazione di 80,000 individui, le api sono costrette ad osservare scrupolosamente le leggi. I ruoli all’interno di un favo sono rigidamente suddivisi per il bene della comunità. La mortalità sul lavoro è molto alta e interi plotoni di api operaie svolgono l’esclusivo compito di portare i cadaveri al di fuori del favo.

ape2.jpgLa morte più infelice, ma dipende dai punti di vista, è quella che spetta ai fuchi. Terminato l’accoppiamento, i maschi delle api muoiono per il distaccamento in due parti del loro addome. Ciò avviene perché durante l’accoppiamento i fuchi lasciano il proprio organo riproduttore piantato nell’ape regina… Il ruolo dell’ape preposta alla riproduzione fu scoperto con certezza nella seconda metà del XVII secolo da Jan Swammerdam che – sezionando un’ape più grossa delle compagne – riuscì ad identificare un apparato ovarico.

miele.jpgLa Melittosphex burmensis è la più antica antenata delle api fino ad ora conosciuta. Ritrovata negli angusti anfratti di una miniera a nord della Birmania, questa decana visse 100 milioni di anni fa.
L’inquietante “bzzz” che sentite quando un’ape si avvicina è il suono emesso dalle ali che si muovono forsennatamente alla velocità di 11.400 battiti al minuto. Un’ape in forma, e con scarso vento contrario, riesce a volare alla considerevole velocità di 25 chilometri all’ora.
Per comunicare tra di loro, le api operaie compiono veri e propri balletti nell’aria. Se volando descrivono ampie circonferenze significa che il cibo è ormai vicino, una danza agitata a “zig zag” è invece usata per comunicare che il cibo è ancora distante.

Le api sono insetti molto puliti. Nell’aprile del 1984 vennero ospitate sullo Space Shuttle Challenger ben 3.300 api, confinate in una piccola teca trasparente. Ligie al loro dovere e nonostante l’assenza di gravità, le api hanno costruito un perfetto favo, ma nessuna di loro ha fatto alcun bisognino per l’intera durata del viaggio stellare, durato sette giorni. La legge per quel genere di cose è molto severa: si fanno solo al di fuori del favo. Senza deroghe.

E il miele?
Il termine “luna di miele” deriva da un’antica tradizione europea secondo la quale le spose dovevano consumare una coppa di una particolare bevanda, ottenuta dalla fermentazione del miele, per almeno un mese. Fortunatamente agli sposi non tocca la medesima sorte dei fuchi…
Durante la Prima guerra mondiale, il miele veniva utilizzato per trattare le ferite dei soldati. Questa viscosa sostanza ha infatti la capacità di assorbire l’umidità, contribuendo sensibilmente ai processi di rigenerazione cellulare della cute. Se ben conservato, il miele, tra l’altro, non va mai a male.

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