Nel sangue viaggiano i segreti dei tumori

Cellula cancerogena al microscopio elettronico
Cellula cancerogena al microscopio elettronico

In un futuro non troppo lontano, i ricercatori potrebbero essere in grado di utilizzare semplici test del sangue per identificare le tipologie di tumore cerebrale al posto delle tradizionali e spesso invasive biopsie. Tale possibilità deriva da una recente scoperta molto importante, che ha gettato nuova luce su come le cellule tumorali comunichino con l’ambiente che le circonda.

Le cellule, infatti, comunicano in continuazione con ciò che le circonda attraverso i segnali elettrici e lo scambio di materiale proteico. Per garantirsi una buona possibilità di sopravvivenza e proliferazione, le cellule tumorali inviano spesso ai vasi sanguigni degli impulsi per segnalare la loro presenza e farli crescere nella loro direzione. Molti tipi di cellule, tra cui spiccano anche quelle legate al cancro, sono solite comunicare tra loro tramite l’emissione di piccole “bolle” di materiale cellulare chiamate microvescicole. Queste minuscole bolle contengono al loro interno le informazioni, in genere sotto forma di proteine e lipidi, destinate ad altre cellule in grado di decodificare il messaggio e comportarsi di conseguenza.

Partendo da questo presupposto, i ricercatori dell’Harvard Medical School di Boston (USA), guidati da Johan Skog, hanno deciso di esaminare con maggiore attenzione le microvescicole prodotte dalle cellule del tumore cerebrale, il glioblastoma. Precedenti analisi avevano evidenziato all’interno delle microvescicole la presenza di alcune sequenze di RNA, le istruzioni genetiche per ricreare il materiale cellulare. Insieme alla neurologa Xandra Breakefield, Skog ha così pensato di sviluppare un nuovo tipo di test per rilevare le informazioni genetiche contenute nell’RNA delle microvescicole. Leggi tutto “Nel sangue viaggiano i segreti dei tumori”

Acido solfidrico: da veleno a cura per il cuore

Nonostante possa rilverarsi un pericoloso veleno, a basse concentrazioni l’Acido Solfidrico (H2S) potrebbe diventare presto un ottimo alleato dell’uomo per combattere l’infarto.

Modello struttura H2S Acido solfidrico
Modello struttura H2S Acido solfidrico

Un gruppo di ricercatori della Emory University School of Medicine (Atlanta, USA) ha, infatti, scoperto come l’acido solfidrico possa contribuire ad attenuare i devastanti effetti dovuti a un arresto cardiaco. Il team di ricerca ha analizzato alcuni particolari enzimi presenti nel nostro organismo che sintetizzano piccole dosi di acido solfidrico, utilizzate per regolare la pressione sanguigna e contrastare le infiammazioni. Una difesa prodotta naturalmente dal nostro organismo che ha incuriosito non poco i ricercatori, determinati ad approfondire gli effetti dell’acido solfidrico sull’apparato cardiocircolatorio.

Attraverso una serie di esperimenti in laboratorio su alcune cavie, il team di ricerca ha riscontrato come una somministrazione regolare di acido solfidrico mitiga nei soggetti predisposti a infarto gli effetti di un attacco cardiaco. Dopo quattro settimane, le cavie trattate con l’acido solfidrico hanno fatto registrare un sensibile miglioramento della loro capacità cardiaca rispetto al gruppo di controllo. Il medesimo risultato è stato poi ottenundo inducendo l’organismo dei topolini a produrre autonomamente più H2S. Leggi tutto “Acido solfidrico: da veleno a cura per il cuore”

Svegliare i batteri, servire loro la colazione e distruggerli

Escherichia coliNella maggior parte dei casi, gli antibiotici uccidono i batteri vitali e intenti a colonizzare l’organismo, mentre si dimostrano molto meno efficaci nei confronti dei microbi latenti e temporaneamente inattivi. Stando ai risultati di una innovativa ricerca, una corretta dose di alcuni nutrienti potrebbe essere in grado di attivare questi batteri “dormienti”, consentendo agli antibiotici di sterminare definitivamente un’intera colonia.

Nel corso di un processo infettivo, i batteri possono rallentare o arrestare temporaneamente la loro crescita. Questa fase di immobilità viene generalmente raggiunta quando le sostanze nutrienti tendono a scarseggiare, condizione molto frequente negli organismi soggetti a infezione. Sul numero, una certa percentuale di batteri (molto variabile) va incontro a una profonda latenza che può durare anche settimane. Ne è un chiaro esempio la cistite, un’infezione batterica che affligge le vie urinarie e che è spesso molto difficile da eradicare completamente.
Partendo da queste conoscenze, i ricercatori della Hebrew University di Gerusalemme, guidati dalla biologa Nathalie Balaban, hanno provato a scoprire quale sia il meccanismo che porta alla latenza batterica. Leggi tutto “Svegliare i batteri, servire loro la colazione e distruggerli”

Una proteina spazzina pigra è la causa principale della cataratta

È una delle principali voci nel bilancio annuale della spesa pubblica per la sanità e colpisce milioni di persone. La cataratta, ovvero la progressiva opacizzazione del cristallino (la lente naturale presente nel nostro occhio), affligge circa il 42% della popolazione tra i 70 e gli 80 anni in buona parte dei paesi sviluppati, con punte del 68% tra gli anziani al di sopra delle 80 primavere.

Dopo numerose e alacri ricerche, un docente della Univeristy of Missouri ha identificato uno dei principali meccanismi alla base della formazione della cataratta. La scoperta, recentemente pubblicata sulla rivista scientifica The Journal of Biological Chemistry, potrebbe portare presto a un miglior trattamento e cura per questa particolare patologia.
K. Krishna Sharma, docente di oftalmologia, ha scoperto che un particolare tipo di proteina, implicata nella formazione della cataratta, perde progressivamente la propria funzionalità con l’avanzare dell’età. Man mano che questa proteina decade, alcune serie di minuscoli peptidi, catene molto corte di amminoacidi (i mattoncini che costituiscono le proteine), iniziano a stratificarsi accelerando la formazione della cataratta nell’occhio.
Secondo il professore, inibendo la formazione di questi peptidi si potrebbe rallentare in maniera significativa l’opacizzazione del cristallino, evitando così le operazioni in microchirurgia per effettuarne la sostituzione. Leggi tutto “Una proteina spazzina pigra è la causa principale della cataratta”

Scoperto il meccanismo che regola ottimismo e pessimismo

Che cosa rende una persona ottimista? Vedere quasi sempre le cose sotto il loro aspetto positivo è una semplice dote caratteriale o è legata alla fisiologia della nostra mente?
Secondo uno studio, la tendenza ad elaborare pensieri positivi sarebbe indotta e determinata da due specifiche regioni del nostro cervello.

Un gruppo di neurologi guidati da Elizabeth Phelps, New York University (NYC – USA), ha sfruttato le proprietà della risonanza magnetica funzionale per analizzare il cervello di 15 volontari, stimolati a pensare a vari eventi ipotetici, comprendenti momenti “sì” (come la vincita di un premio) e momenti “no” (come la rottura di un rapporto sentimentale). Per una metà dei test, i ricercatori hanno invitato i soggetti a visualizzare un evento, positivo o negativo, collocato nel futuro; nell’altra metà di test, invece, ai volontari è stato chiesto di immaginare eventi simili, ma riferiti al passato.

L’attività dell’amigdala e della rACC aumenta sensibilmente durante l’elaborazione di pensieri negativi [credit: T. Sharot and E. A. Phelps, via Science]Terminati i test, ai quindici soggetti è stato sottoposto un questionario, in cui i partecipanti hanno dimostrato di essere sufficientemente ottimisti sul loro futuro. Hanno inoltre sottolineato come i pensieri positivi sul loro futuro fossero molto più vividi e suggestivi, rispetto ai pensieri negativi sempre riferiti al domani. Questa sensazione era, in proporzione, molto più forte in quei soggetti che si erano già dimostrati molto ottimisti in una prima fase di test preliminari.
I risultati delle risonanze magnetiche hanno poi suggerito come il cervello possa creare queste attese positive/negative legate al futuro. Le analisi hanno registrato l’attività cerebrale dei soggetti, identificando due aree particolarmente attive – l’amigdala e una specifica area della corteccia cerebrale (rACC) – durante la creazione di pensieri legati a eventi futuri negativi. Leggi tutto “Scoperto il meccanismo che regola ottimismo e pessimismo”

Il curry sarà la futura cura per combattere le patologie cardiache?

Assumere curcumina, un ingrediente naturale presente nella spezia della curcuma, potrebbe ridurre drasticamente lo sviluppo di patologie cardiache, almeno secondo i ricercatori del Peter Munk Cardiac Centre of the Toronto General Hospital.

CurcumaDa poco pubblicata sulla rivista scientifica Journal of Clinical Investigation, la ricerca dimostra come il principale ingrediente del curry possa prevenire e curare i casi di ipertrofia al cuore e di malfunzionamento del muscolo cardiaco su alcuni topolini di laboratorio. Le proprietà della curcuma sono del resto molto conosciute nelle culture orientali: la medicina cinese e quella indiana prevedono l’impiego della spezia in numerosi preparati per lenire bruciature e tagli profondi.
A differenza di molti altri composti naturali, i cui effetti sono generalmente blandi, la curcuma agisce direttamente nel nucleo della cellula evitando una produzione abnorme e incontrollata degli apparati proteici. Per fare ciò, la sostanza agisce a livello dei cromosomi, interagendo dunque con la duplicazione cellulare. Leggi tutto “Il curry sarà la futura cura per combattere le patologie cardiache?”