In un futuro non troppo lontano, i ricercatori potrebbero essere in grado di utilizzare semplici test del sangue per identificare le tipologie di tumore cerebrale al posto delle tradizionali e spesso invasive biopsie. Tale possibilità deriva da una recente scoperta molto importante, che ha gettato nuova luce su come le cellule tumorali comunichino con l’ambiente che le circonda.
Le cellule, infatti, comunicano in continuazione con ciò che le circonda attraverso i segnali elettrici e lo scambio di materiale proteico. Per garantirsi una buona possibilità di sopravvivenza e proliferazione, le cellule tumorali inviano spesso ai vasi sanguigni degli impulsi per segnalare la loro presenza e farli crescere nella loro direzione. Molti tipi di cellule, tra cui spiccano anche quelle legate al cancro, sono solite comunicare tra loro tramite l’emissione di piccole “bolle” di materiale cellulare chiamate microvescicole. Queste minuscole bolle contengono al loro interno le informazioni, in genere sotto forma di proteine e lipidi, destinate ad altre cellule in grado di decodificare il messaggio e comportarsi di conseguenza.
Partendo da questo presupposto, i ricercatori dell’Harvard Medical School di Boston (USA), guidati da Johan Skog, hanno deciso di esaminare con maggiore attenzione le microvescicole prodotte dalle cellule del tumore cerebrale, il glioblastoma. Precedenti analisi avevano evidenziato all’interno delle microvescicole la presenza di alcune sequenze di RNA, le istruzioni genetiche per ricreare il materiale cellulare. Insieme alla neurologa Xandra Breakefield, Skog ha così pensato di sviluppare un nuovo tipo di test per rilevare le informazioni genetiche contenute nell’RNA delle microvescicole.
Analizzando una trentina di campioni di cellule tumorali congelate, i ricercatori sono stati in grado di identificare nell’RNA le istruzioni per un particolare recettore legato in maniera univoca al glioblastoma. La catena di informazioni genetiche è stata rilevata in circa metà dei campioni analizzati e nel 28% dei campioni di sangue prelevati dai pazienti affetti da tumore cerebrale. Un risultato importante, benché all’apparenza l’incidenza statistica del 28% possa apparire relativamente bassa. Secondo i ricercatori, che hanno pubblicato gli esiti del loro studio sulla rivista Nature Cell Biology, i risultati su campioni freschi e non congelati potrebbero rivelarsi ancora più promettenti. L’RNA, infatti, tende a degradarsi molto rapidamente con il passare del tempo.
Una comparazione tra le proteine contenute nelle microvescicole e quelle del tumore vero e proprio ha dimostrato, inoltre, come le piccole bolle di informazioni rilasciate dalle cellule tumorali contengano dati molto preziosi per identificare la tipologia di cancro e la sua possibile reazione alle terapie. L’importante scoperta potrebbe dunque portare presto a nuovi esami diagnostici, consentendo ai medici di comprendere con maggiore precisione le mutazioni genetiche di ogni singolo tumore, così da approntare procedure di cura personalizzate, mirate ed efficaci.
L’integrazione con gli attuali strumenti diagnostici, come le scansioni con la risonanza magnetica, potrà consentire agli oncologi di approfondire ulteriormente le loro conoscenze su ogni singolo paziente, permettendo ove possibile un buon risparmio di tempo e fornendo un quadro clinico più accurato prima di procedere ad eventuali procedure più invasive come le biopsie. In attesa dei prossimi sviluppi, è comunque doveroso non farsi prendere da facili entusiasmi: i risultati molto promettenti delle prime sperimentazioni andranno ancora approfonditi prima di tramutarsi in protocolli e procedure diagnostiche. La ricerca in questo delicato settore ha comunque compiuto un nuovo importante passo in avanti.