Perché le tartarughe possono vivere così a lungo?

Le tartarughe sono tra gli esseri viventi più antichi della Terra, sopravvissuti a un’epoca addirittura precedente a quella in cui comparirono i dinosauri. Le tartarughe palustri e marine, come dice il loro stesso nome, passano la maggior parte della loro vita in acqua, mentre le testuggini entrano nelle acque solamente per bere o raffreddare la loro temperatura corporea.

Testuggine delle Isole Galapagos [credit: newt.com]La maggior parte di questi rettili vive fino a tarda età e numerosi aneddoti e fonti storiche testimoniano efficacemente la longevità di questi animali. Nel 1766, l’esploratore francese Marc-Joseph Marion du Fresne portò sull’isola di Mauritius un esemplare di testuggine, catturata 28 anni prima nell’Oceano Indiano. Adattatasi perfettamente all’ecosistema dell’isola, l’animale morì nel 1918, a 152 anni dal proprio sbarco alle Mauritius. La testuggine visse quindi fino alla considerevole età di 180 anni. Sono noti numerosi casi di testuggini ultracentenarie: alcune superarono abbondantemente i due secoli di età.

Tartaruga marina [credit: answersingenesis.org]Uno dei segreti che rende questi animali così longevi risiede nella particolare capacità dei loro organi interni di non degenerare con l’età. Inoltre, le loro richieste energetiche sono estremamente basse, buona parte del cibo che metabolizzano viene quindi utilizzato per “restaurare” e ottimizzare le principali funzionalità organiche. La rigenerazione cellulare in questi rettili è lenta, ma costante, e consente una crescita lungo tutto l’arco di vita.

Le cause principali di morte prematura sono quasi sempre esterne. Un piccolo di tartaruga può essere facilmente predato da numerosi uccelli, da alcuni pesci e da piccoli mammiferi. Spesso su una nidiata di cento esemplari ne sopravvive uno soltanto. Durante i primi mesi di vita, i gusci dei neonati non costituiscono ancora una reale protezione, i tempi di indurimento del carapace sono molto lunghi e in alcuni casi può occorrere un intero anno perché sia portato a compimento.

Charles DarwinIl guscio è la principale difesa per questo tipo di rettili. Quando avvertono un pericolo nascondono testa e zampe all’interno del carapace. La pianta delle loro zampe è molto callosa e “tappa” perfettamente le fenditure presenti nel guscio. Per questi animali il cibo non è quasi mai un problema. Grazie al loro metabolismo estremamente lento, tartarughe e testuggini possono rimanere a digiuno di cibo e acqua per molto tempo.

Le testuggini hanno un solo grande nemico: l’uomo. Si stima che tra il 1831 e il 1868, i balenieri abbiano catturato almeno 10.000 esemplari dalle Isole Galapagos, un paradiso naturale nel Pacifico orientale. Gli individui di queste isole raggiungevano i 250kg di peso e un diametro del guscio di oltre un metro e mezzo. Osservandone particolari e peculiarità nella crescita, Charles Darwin elaborò la sua fondamentale teoria dell’evoluzione. E chissà, forse su quelle isole le testuggini più anziane si ricorderanno ancora di quel buffo ometto barbuto che le osservava…

Quando i delfini deviano i loro click

delfinoI delfini, e i loro simili che utilizzano le onde sonore per comunicare e orientarsi in acqua, sono in grado di deviare le emissioni dei loro sonar unendo due suoni insieme. A rivelarlo è un gruppo di ricerca, che ha recentemente approfondito le tecniche di comunicazione e navigazione di alcuni membri della famiglia dei delfinidi.

I ricercatori sanno ormai da tempo che gli odontoceti – il sottordine dei cetacei che comprende delfini, capodogli e orche – utilizzano il loro sonar come navigatore e valido sistema di orientamento durante la caccia. Attraverso un sistema che ricorda quello dei pipistrelli, questi animali emettono alcuni suoni ad alta frequenza (i click) le cui onde vengono rimbalzate dagli oggetti che incontrano lungo il loro cammino consentendo agli odontoceti di rilevare ostacoli o prede davanti a loro. Fino a ora, i biologi credevano che i click potessero essere inviati solamente nella direzione in cui era orientata la testa dell’animale, come avviene con i fari delle automobili.

Nel 2008, però, un gruppo di ricerca guidato da Patrick Moore (Space and Naval Warfare Systems Command della marina statunitense) scoprì come alcune specie di delfini fossero in grado di lanciare i loro click sia a destra che a sinistra con una inclinazione massima di 20 gradi rispetto alla posizione del loro muso senza muovere la testa. Una scoperta molto importante, anche se Moore non fu in grado di spiegare come facessero questi animali a direzionare i loro suoni ad alta frequenza. Leggi tutto “Quando i delfini deviano i loro click”

Brookesia, il camaleonte da record

Camaleonte
Brookesia

Lunghi poco più di un centimetro, i camaleonti appartenenti al genere Brookesia sono tra i rettili più piccoli al mondo. Noti agli etologi da pochi decenni, questi camaleonti vivono principalmente in Madagascar.

Fino ad oggi sono state identificate 26 specie differenti di Brookesia, ma alcuni ricercatori non escludono l’esistenza di ulteriori esemplari ancora sconosciuti. Questi camaleonti popolano aree molto ristrette e, a causa delle loro minuscole dimensioni, incontrano spesso grandi difficoltà di sopravvivenza nelle folte foreste del Madagascar.

La caccia a una semplice zanzara deve essere un piccolo safari per questi rettili…

Quattro ventose per un pipistrello

Il Madagascar è un vero e proprio paradiso in terra per gli etologi, che riescono spesso a identificare nuove specie animali endemiche dalle curiose caratteristiche e utili per comprendere i meccanismi legati all’evoluzione.

Oltre al camaleonte Brookesia, un simpatico rettile del quale parlammo qualche tempo fa, tra le specie più curiose dell’isola africana spicca il Pipistrello dai piedi a ventosa. Meglio noto come Myzopoda aurita, questo strano mammifero fu scoperto verso la fine degli anni ’70 del diciannovesimo secolo dalla zoologo francese Henri Milne-Edwards e dal suo collega naturalista Alfred Grandidier.

Pipistrello dai piedi a ventosa
Pipistrello dai piedi a ventosa

Questo particolare pipistrello si distingue per una inconsueta particolarità: le sue zampe terminano con una sorta di ventosa, a forma di ferro di cavallo, che gli assicura una migliore presa sulle superfici particolarmente lisce. Lungo poco meno di 6 centimetri e pesante meno di 10 grammi, il Myzopoda aurita utilizza le sue quattro ventose per aderire alle grandi foglie della rigogliosa vegetazione del Madagascar.

Nonostante sia stato scoperto più di un secolo fa, sulle abitudini di questo simpatico animale non esistono numerosi studi. Si sa che si nutre prevalentemente di insetti e che conduce una vita notturna, come molti altri suoi cugini al di fuori dell’isola.

Gli zoologi ritenevano si trattasse dell’unica specie appartenente al genere Myzopoda, ma si sbagliavano. Nel corso del 2007, infatti, una spedizione in Madagascar ha scoperto una nuova specie di Pipistrello dai piedi a ventosa, battezzata Myzopoda schliemanni. Secondo i ricercatori, una specie sarebbe con ogni probabilità l’evoluzione dell’altra, ma stabilire con certezza la specie d’origine non sarà molto semplice. I pipistrelli del genere Myzopoda sono considerati a rischio di estinzione come molte altre specie del Madagascar. L’isola sta subendo un costante e devastante disboscamento con notevoli conseguenze per la flora e per la fauna. Se il fenomeno continuerà ancora a lungo, il paradiso in terra degli etologi potrebbe presto sparire.

Quelle barriere per pipistrelli chiamate autostrade

Bab3Alcuni pipistrelli sembrano nutrire una vera e propria repulsione per le autostrade. Un gruppo di ricercatori ha infatti scoperto come taluni pipistrelli preferiscano non sorvolare le grandi arterie di scorrimento che collegano le città. Il nuovo studio getta nuova luce sull’impatto delle autostrade sull’ambiente non solo in termini di inquinamento e pone nuove sfide per la loro progettazione.

Correndo per centinaia di chilometri, le autostrade costituiscono una barriera impenetrabile per le specie animali. La lunga lingua di asfalto e cemento taglia spesso a metà un ecosistema, impedendo alla fauna di godere interamente dello spazio offerto da un determinato territorio. Tale impedimento era noto già da tempo ai ricercatori, che nel corso degli anni hanno suggerito la costruzione di tunnel adatti per consentire il transito degli animali in sicurezza da un lato all’altro delle autostrade, ma nessuno studio si era mai occupato delle specie volanti fortemente legate al territorio in cui vivono, come i pipistrelli.

I ricercatori Gerald Kerth (Università di Losanna, Svizzera) e Markus Melber (Università di Würzbur, Germania) hanno così deciso di approfondire la questione, studiando il comportamento di due specie di pipistrelli a rischio di estinzione che vivono nella foresta di Guttenberg nell’area settentrionale della Baviera. La foresta in questione è attraversata dalla BAB3, una grande autostrada sulla quale circolano giornalmente oltre 80mila veicoli. Leggi tutto “Quelle barriere per pipistrelli chiamate autostrade”

All’orangotango Bonnie piace fischiare da autodidatta

Deve essere stata una grande sorpresa sentire Bonnie fischiettare per la prima volta. Bonnie non è infatti una cantante di prima fila di un gruppo country, ma una femmina di orangotango di circa 30 anni ospite da tempo dello Smithsonian National Zoo negli Stati Uniti.

I ricercatori dell’importante istituzione non avevano idea che il primate sapesse fischiare, mentre pare lo sapessero bene alcuni custodi dello zoo, dai quali Bonnie ha appreso del tutto spontaneamente il segreto nel corso dei suoi anni di vita. L’importanza di questa scoperta in differita è notevole: la femmina di orangotango dello Smithsonian risulta essere il primo primate al mondo ad aver spontaneamente imitato i suoni prodotti da un’altra specie, e nel caso specifico dagli uomini.

Bonnie non è in grado di produrre una sequenza melodiosa di note, ma pare proprio si diverta a fischiettare. Se invitata a fischiare dai ricercatori, la lontana cugina del genere umano risponde felice soffiando l’aria tra le sue labbra e producendo così un suono. Per raccontare il dono di Bonnie, un gruppo di ricerca ha recentemente dedicato uno studio alla ospite dello zoo pubblicato sulla rivista scientifica Primates, documentando anche le sue doti da insegnante di musica. A quanto pare, infatti, la femmina di orangotango è riuscita a insegnare a un suo simile, Indah, a fischiare.

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