I pipistrelli primitivi non vedevano al buio

Una delle caratteristiche più note dei pipistrelli è la loro capacità di “vedere” nella completa oscurità grazie a un sofisticato sistema di ecolocalizzazione, basato sull’emissione e la rilevazione della rifrazione degli ultrasuoni. Partendo da questo dato acquisito, da tempo gli scienziati cercavano di capire se la peculiarità dei pipistrelli si fosse sviluppata prima o dopo la loro evoluzione verso il volo. Una recente scoperta potrebbe finalmente dare una risposta a questo interrogativo.

Il fossile di Onychonycteris finneyi, vissuto 52 milioni di anni faLa scoperta di un nuovo fossile, resa nota nel corso del meeting annuale della Society of Vertebrate Paleontology e recentemente pubblicata sulla rivista scientifica Nature, suggerisce che i pipistrelli abbiano prima imparato a volare e poi a utilizzare l’ecolocalizzazione. I paleontologi sono giunti a questa conclusione osservando attentamente il reperto fossile, focalizzando la loro attenzione sul cranio del piccolo mammifero volante. Leggi tutto “I pipistrelli primitivi non vedevano al buio”

Un mammifero corazzato

Vicino a Salar de Surire, in Cile, esiste il più alto sito di resti fossili al mondo. Collocato a un’altitudine di circa 4.000 metri, questo luogo è da ormai un decennio fonte di continue e sorprendenti scoperte sui grandi mammiferi che popolarono la Terra milioni di anni fa.
Dopo un accurato studio su un ritrovamento del 2004, il prof. Darin Croft (Case Western Reserve University) ha recentemente dichiarato di avere scoperto una nuova specie di gliptodonte, una sorta di “mammifero corazzato”, battezzato Parapropalaehoplophorus septentrionalis. L’importante scoperta è stata pubblicata nell’ultimo numero della rivista scientifica Journal of Vertebrate Paleontology.

Ricostruzione grafica di un gliptodonte della specie Parapropalaehoplophorus septentrionalis [credit: © Velizar Simeonovski]I gliptodonti sono una particolare specie di mammiferi corazzati, ormai estinti, parenti dei moderni armadilli. A differenza di questi ultimi, però, i gliptodonti erano dotati di una corazza completamente rigida e potevano raggiungere enormi dimensioni; si stima che i più grandi esemplari raggiungessero le due tonnellate di peso, quanto un’automobile.
La nuova specie Parapropalaehoplophorus septentrionalis pesava “appena” un quintale e fornisce importanti informazioni sull’estinzione dei gliptodonti, fenomeno che avvenne quasi in contemporanea con l’arrivo dell’uomo nelle Americhe. «Quando abbiamo trovato questo fossile, non immaginavamo di aver scoperto una nuova specie. Sapevamo che si trattava di un importante ritrovamento, grazie all’integrità del fossile, ma solamente dopo un’attenta comparazione con le specie già conosciuto abbiamo capito l’importanza della nostra scoperta» ha dichiarato con entusiasmo Croft.

Scheletro di gliptodonte, la specie scoperta in Chile era notevolmente più piccola [credit: atlasdebuenosaires.gov.ar]Questa nuova specie di gliptodonte rientra nel gruppo di 18 mammiferi preistorici scoperti nell’area di Salar de Surire. Le altre specie includono armadilli, marsupiali, roditori ed alcuni ruminanti. Secondo le indagini condotte da numerosi paleontologi, la flora di questa zona del Chile non doveva essere particolarmente ricca in epoca preistorica, costringendo molti dei mammiferi dell’area a lunghe ore di ricerca per trovare un po’ di cibo. Diciotto milioni di anni fa, l’altipiano non si trovava a 4000 metri di altitudine, ma a livello dell’Oceano. La ricostruzione di quell’ecosistema preistorico potrà fornire nuovi importanti elementi per comprendere gli stadi evolutivi dei primi grandi mammiferi che popolarono il Pianeta.

Un dinosauro velocista

Edmontosauro [credit: leute.server.de]Essere un dinosauro erbivoro non era la cosa più semplice nelle antiche ere preistoriche. Per sopravvivere ai grandi predatori, come il famigerato T-rex, occorreva essere dei veri maestri nel nascondersi o dei campioni nella corsa per sfuggire alle sue temibili grinfie. Strano ma vero, alcuni paleontologi hanno recentemente scoperto una nuova specie di dinosauro erbivoro in grado di fare entrambe le cose. Almeno a giudicare dai suoi resti fossili.

Dakota, questo il soprannome attribuito al dinosauro, era in grado di correre a una velocità di 15 chilometri all’ora in più rispetto al suo nemico ed era dotato di una pelle molto particolare, in grado di mimetizzarsi perfettamente con la vegetazione. I paleontologi che hanno effettuato la scoperta sono rimasti letteralmente sorpresi dal livello di conservazione del dinosauro. Evento più unico che raro, i resti del lucertolone si sono come mummificati, preservando così non solo le ossa, ma anche la pelle e numerosi tessuti molli. «È qualcosa di meraviglioso potersi avvicinare e osservare la pelle che lo riveste. Questa non è una semplice “impronta” della pelle, è tessuto fossilizzato. C’è un’enorme differenza tra le due cose» ha dichiarato entusiasta Phil Manning, paleontologo alla Manchester University, che ha condotto le ricerche.

Pelle fossilizzata di Dakota [credit: Tyler Lyson © 2007 National Geographic]L’incredibile stato di conservazione dei resti ritrovati sta consentendo ai ricercatori di comprendere molte cose sul movimento e sulla fisionomia del dinosauro. Questa “mummia di dinosauro” di 3.600 kg è un esemplare della famiglia Hadrosauridae, morto all’incirca 65 milioni di anni fa, poco prima della completa estinzione dei dinosauri, avvenuta probabilmente a causa dell’impatto di un meteorite sulla Terra.
Generalmente i tessuti molli e la pelle non fanno parte dei ritrovamenti fossili, sono parti ricche di acqua che tendono a degenerare molto rapidamente senza lasciare praticamente traccia. In questo caso specifico, invece, una fortunata combinazione chimica degli elementi costituenti il fango che ricoprì il cadavere del dinosauro rallentò la decomposizione dei tessuti, consentendone la fossilizzazione.

Struttura ossea di Edmontosauro [credit: trieboldpaleontology.com]L’esemplare, appartenente alla famiglia degli Hadrosauri, fu ritrovato nel 1999, ma ne fu sottovalutata l’importanza per numerosi anni. Soltanto nel 2004 ricerche più approfondite portarono alla luce i resti di pelle fossilizzata, rendendo Dakota un dinosauro estremamente interessante per i paleontologi. Con ogni probabilità l’esemplare è un Edmontosauro vissuto nella aree acquitrinose ricche di vegetazione del Nord Dakota.
Grazie alle prime misurazioni effettuate sui resti fossili, i paleontologi sono riusciti a stabilire con maggiore precisione le caratteristiche di questo tipo di dinosauro. A differenza di quanto si fosse precedentemente immaginato, gli esemplari di Edmontosauro erano estremamente veloci: con i loro 45 km all’ora erano in gradi di correre molto più rapidamente del temibile Tyrannosaurus Rex.

Ma la scoperta più sorprendente non riguarda tanto la velocità di questo dinosauro, quanto le informazioni anatomiche fornite dai suoi tessuti fossilizzati, che potrebbero cambiare radicalmente la nostra visione di questi giganti del passato.
Analizzando i resti di Dakota, i paleontologi hanno scoperto che le vertebre di questi mastodonti erano separate da almeno un centimetro di tessuto. Le dimensioni degli esemplari riprodotti nei musei di tutto il mondo sarebbero dunque sottostimate: un dinosauro con 200 vertebre sarebbe lungo due metri in più rispetto alla ricostruzione effettuata con i tradizionali canoni finora utilizzati dai paleontologi. Una differenza di non poco conto. [fonte principale: Guardian]

Scoperto scorpione marino più grande di un uomo

La scoperta di un enorme artiglio fossilizzato, appartenuto a uno scorpione di mare, confermerebbe la teoria secondo cui alcuni esemplari di queste creature marine raggiungessero la considerevole dimensione di due metri e mezzo di lunghezza, superando di gran lunga l’altezza media degli esseri umani. Questa scoperta effettuata su alcune rocce risalenti a 390 milioni di anni fa, suggerisce che ragni, insetti e artropodi fossero molto più grandi in passato di quanto non si fosse già immaginato.

Lo scorpione marino superava i 2,5 metri di lunghezza [credit: Simon Powell]Simon Braddy, professore alla University of Bristol e coautore della ricerca basata sulla recente scoperta, ha dichiarato che: «Da tempo avevamo ipotizzato l’esistenza di giganteschi millepiedi, enormi scorpioni e scarafaggi, ma non avevamo ancora potuto capire quanto fossero realmente grandi». Lo studio effettuato da Braddy e i suoi colleghi è stato recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Biology Letters della Royal Society.
Il resto fossile dell’artiglio è stato ritrovato in una cava nei pressi di Prüm da Markus Poschmann (Mainz Museum) che ha descritto il ritrovamento:«Stavo separando alcuni pezzi di roccia con martello e scalpello quando ho improvvisamente notato una macchia scura appartenente a materiale organico su una lastra di pietra. Dopo averla ripulita, ho capito che si trattava di una parte di un artiglio. Ho raccolto, pulito e asciugato i pezzi, poi li ho incollati insieme».

Markus Poschmann con il suo ritrovamento [credit: Markus Poschmann]L’artiglio apparteneva a uno scorpione marino (Eurypterid), probabilmente un esemplare di Jaekelopterus rhenaniae che visse tra i 460 e i 255 milioni di anni fa sulla Terra. La misura di 46 centimetri dell’artiglio ha consentito, fatte le dovute proporzioni, di stimare in due metri e mezzo la lunghezza complessiva dello scorpione: un metro in più rispetto alle precedenti stime per questo genere di artropode, tra i più grandi che abbia mai popolato il nostro Pianeta. Secondo numerosi paleontologi, gli scorpioni marini sarebbero gli antenati degli odierni scorpioni e della maggior parte degli aracnidi fino a oggi conosciuti.
Si ipotizza che il gigantismo preistorico cui furono soggette molte specie animali, tra cui proprio gli artropodi, fosse causato dagli alti livelli di ossigeno presenti all’epoca nell’atmosfera, ma non vi è ancora un’assoluta certezza in materia. Secondo Braddy, le enormi dimensioni di alcuni artropodi registrate nella preistoria potrebbero essere legate alla scarsa competizione con il phylum dei vertebrati, che si sarebbe inasprita nel corso dei milioni di anni successivi.

Un ragno di 50 milioni di anni fa rivive… sugli schermi di un computer

Il fossile di un ragno di 50 milioni di anni fa è stato riportato in vita grazie a una sorprendente ricostruzione tridimensionale sui computer della University of Manchester (Gran Bretagna).

Lungo appena un millimetro, il ragno Cenotextricella simoni è vissuto circa 53 milioni di anni fa. Nell’immagine in basso a destra sono visibili gli organi interni del piccolo aracnide [credit: prof. David Penney]Pubblicata sull’ultimo numero della rivista scientifica Zootaxa, la ricerca guidata dal prof. David Penney si è avvalsa della VHR-TC, una tomografia assiale computerizzata ad altissima definizione, per dissezionare un minuscolo fossile di ragno (poco più di un millimetro) rimasto imprigionato in una goccia d’ambra.
L’esemplare ricostruito al PC appartiene a una nuova specie, denominata dai ricercatori Cenotextricella simoni. Risalente a circa 53 milioni di anni fa, questo piccolo ragno è stato ritrovato in una sfera di ambra rinvenuta in un’area del bacino parigino in Francia.

L’ambra è il fossile della resina degli alberi di milioni di anni fa, talvolta al suo interno rimangono inglobati piccoli insetti e ragni [credit: David Penney]Per indagarne la conformazione e le fisionomia è stata utilizzata per la prima volta la tecnica della VHR-CT, in grado di restituire una fedele ricostruzione del fossile senza alcuno stress o rischio di danneggiamento per il reperto analizzato. La tecnica utilizzata dal prof. Penney apre una nuova era per lo studio dei resti fossili, specialmente per quelli di ridotte dimensioni imprigionati nell’ambra come nel caso del ragno rinvenuto in Francia.
“L’ambra offre uno sguardo su molti ecosistemi del passato. È in grado di trattenere un’enorme quantità di informazioni, non solo riguardo agli essere viventi che ha inglobato, ma anche sull’ambiente in cui essi sono vissuti” ha dichiarato entusiasta il prof. Penney, in partenza per l’Africa dove stabilirà un avanzatissimo laboratorio on the road per lo studio di nuovi fossili.

Scoperto gigantesco fossile di dinosauro in Patagonia

Dopo sette anni di duro lavoro, un gruppo di paleontologi brasiliani ed argentini ha dichiarato di aver scoperto i resti fossili di una nuova specie di dinosauro gigante, vissuto in Patagonia circa 80 milioni di anni fa durante il Cretaceo.
Il Futalognkosaurus, questo il suo nome, era alto quanto un palazzo di quattro piani, aveva un collo dieci volte più lungo di quello di una giraffa adulta ed è stato probabilmente il più grande dinosauro vegetariano della storia.

Rappresentazione artistica del Futalognkosaurus dukei [photo credit: Arthur Weasley]I resti fossili, molto ben conservati, della struttura scheletrica hanno consentito ai ricercatori di ricostruire con precisione la fisionomia del mastodontico dinosauro. Dalla testa alla lunga coda, il Futalognkosaurus misurava circa 33 metri, con un incredibile e lunghissimo collo lungo circa 17 metri.
Presentazione dei resti fossili del Futalognkosaurus durante una conferenza stampa [photo credit: AP] “Si tratta di una nuova specie mai rinvenuta prima” ha dichiarato entusiasta il paleontologo Juan Porfiri durante una conferenza stampa a Rio de Janeiro. “Il collo del Futalognkosaurus aveva dimensioni incredibili, con un ampio diametro e forti fasce muscolari per sorreggerlo.” I resti fossili della struttura ossea sono completi al 70% e testimoniano l’enorme mole di uno dei dinosauri più grandi al mondo finora conosciuti, il fossile della sola colonna vertebrale pesa più di otto tonnellate.

Il nome Futalognkosaurus Dukei deriva dalla lingua indigena dei Mapuche, gli abitanti del Regno di Araucanía – Patagonia, e significa “gran capo delle lucertole”. Il secondo nome, Dukei, deriva invece dalla compagnia statunitense Duke Energy Corp che ha finanziato buona parte degli scavi e del lavoro dei ricercatori in Argentina.

Resti fossili del Futalognkosaurus [photo credit: National Museum of Brazil]Paleontologi ed esperti di preistoria non hanno dubbi, i resti fossili di questo enorme dinosauro rinvenuti vicino al lago Barreales appartengono a una nuova specie ancora sconosciuta.
Con il ritrovamento del Futalognkosaurus, l’area geografica della Patagonia si dimostra ancora una volta un prezioso giacimento di fossili preistorici. In questa zona dell’America meridionale furono ritrovati i resti di altri due mastodontici dinosauri: l’Argentinosaurus, lungo circa 35 metri, e il Puertasaurus reuili, lungo quasi 40 metri.