I batteri della pioggia

PioggiaPrima che una nuvola possa produrre una precipitazione, come pioggia o neve, è necessario che si formino particelle di acqua e ghiaccio. Ciò richiede la presenza degli aerosoli: minuscole particelle che svolgono la funzione di nucleo attorno al quale possa avvenire il fenomeno di condensazione. Generalmente queste particelle hanno origine minerale, ma alcuni particolari microbi che vivono nell’aria – come batteri, funghi e persino minuscole alghe – possono svolgere ugualmente questa funzione. A differenza degli aerosoli minerali, i microorganismi possono catalizzare (cioè favorire e accelerare) la formazione del ghiaccio anche a temperature vicine agli zero gradi centigradi.

L’effetto di questi “nucleatori di ghiaccio” sulle precipitazioni atmosferiche è stato per molto tempo un vero e proprio mistero, poiché identificare tali microorganismi nelle nubi era estremamente complicato. A distanza di numerosi anni, un gruppo di ricercatori guidati dal microbiologo Brent Christner, Louisiana State University (Baton Rouge, USA), sono riusciti a catalogare alcuni di questi microbi in grado di catalizzare le precipitazioni atmosferiche. La catalogazione è stata effettuata studiando alcuni campioni di neve fresca raccolti a diverse altitudini nel Nord America, in Antartide e in Europa.
Ogni campione è stato filtrato per isolare le microparticelle, che sono state poi inserite in alcune provette contenenti acqua pura. I ricercatori hanno poi abbassato gradualmente la temperatura dei contenitori per valutare a quanti gradi l’acqua iniziasse a congelarsi. Il team di Christner ha così scoperto che all’aumentare della temperatura necessaria per congelare ogni campione corrispondeva un maggior numero di nucleatori, così come aumentavano le probabilità che essi fossero di natura biologica. Leggi tutto “I batteri della pioggia”

Depurare l’acqua con i batteri, il segreto della biorimediazione

I batteri non godono spesso di una reputazione molto positiva e sono spesso additati dai “profani” come la principale causa di infezioni e malattie. Alcuni ricercatori della University of Nottingham potrebbero presto invertire questa associazione di idee grazie al loro innovativo filtro, in grado di depurare l’acqua sfruttando le capacità di alcune particolari colonie di batteri.

Batteri coinvolti nel processo di biorimediazioneGli organismi unicellulari isolati dal team di ricerca sono infatti in grado di digerire e rendere innocue numerose sostanze contaminanti disciolte in acqua, grazie a un particolare processo chiamato “biorimediazione”. Terminato il processo, le colonie di batteri vengono separate dal liquido tramite una serie di filtri, che restituiscono così un’acqua completamente purificata e innocua per l’ambiente.
Questa nuova tecnologia potrebbe presto consentire la produzione di filtri estremamente funzionali ed economici per depurare le acque di scarto dei processi industriali, o per rendere l’acqua potabile in quelle aree in cui è più difficile l’approvvigionamento idrico. Leggi tutto “Depurare l’acqua con i batteri, il segreto della biorimediazione”

Le leggi del caos regolano il plancton

onda.jpgLa vita di tutti i giorni è governata in buona parte dal caos, ma per un gruppo di ricercatori questa condizione non è necessariamente negativa. Studiando il plancton, quella galassia di minuscoli organismi che vivono negli oceani, alcuni scienziati hanno dimostrato come le varie specie che lo compongono mutino continuamente anche in presenza di condizioni costanti: una comunità di microorganismi perennemente instabile, dove nessuna specie riesce a dominare le altre per più di tanto tempo.

Una trentina di anni fa molti biologi giunsero alla conclusione che fosse il caos a regnare tra le specie animali e vegetali del nostro Pianeta. Alcuni studi condotti in laboratorio su diverse colonie di batteri sembravano aver escluso questa possibilità, trovando una certa sistematicità nei cicli di vita almeno nel breve e nel medio periodo. Nonostante ciò, le recenti ricerche basate sui dati raccolti in numerosi anni sembrerebbero confermare la tesi del caos nel lungo periodo.
Il prof. Reinhard Heerkloss, della Università di Rostock (Germania), ha confinato in un cilindro altro 74 centimetri e largo 45 una novantina di litri di acqua non filtrata proveniente dal Mar Baltico. Con pazienza certosina, dal 1989 al 1997 lo scienziato ha registrato ogni tre giorni un dettagliato inventario della vita presente nel cilindro, mantenendo per tutti gli 8 anni le medesime condizioni di temperatura, aerazione, luce e salinità dell’acqua. Leggi tutto “Le leggi del caos regolano il plancton”

Presto obbligatori i siti di stoccaggio di CO2 in Europa?

Modello molecolare dell’anidride carbonica [photo credit: Wikipedia]L’Unione Europea potrebbe presto costringere le nuove centrali, che utilizzano combustibili fossili per la produzione di energia, a dotarsi di appositi siti di stoccaggio (CSS) per la conservazione dell’anidride carbonica. La proposta dovrebbe essere presentata la prossima settimana e vincolerà la costruzione di nuovi centrali elettriche alla presenza di spazi idonei per la compressione e il mantenimento della CO2. I costruttori saranno quindi tenuti a dimostrare la sussistenza dei prerequisiti necessari al mantenimento di un CSS prima di ottenere il permesso definitivo per l’installazione della nuova centrale. Una volta ratificata dal Parlamento Europeo, la direttiva potrebbe essere adottata già nei primi mesi del 2009.

Secondo gli esperti consultati dalla Commissione Europea, i CSS potrebbero contribuire a un sensibile abbattimento delle emissioni di anidride carbonica, che potrebbe aggirarsi intorno a 1/3 entro il 2050 se correttamente utilizzati. Con il provvedimento al vaglio del Parlamento Europeo, il Vecchio Continente si pone all’avanguardia nello sviluppo e utilizzo dei siti di stoccaggio per la CO2. L’impiego di appositi incentivi dovrebbe favorire l’adozione dei CSS, tecnologia ancora molto costosa e non priva di difetti.

Centrale elettrica dotata di CSSIsolare l’anidride carbonica dai gas di scarico emessi da una centrale è un processo estremamente costoso e che diminuisce sensibilmente l’efficienza delle centrali a carbone. Anche a causa di questi motivi, i CSS non sono ancora utilizzati dagli Stati europei. Norvegia e Gran Bretagna hanno da tempo elaborato alcuni progetti pilota, che dovrebbero essere realizzati nei prossimi anni.
Il procedimento più utilizzato per la rimozione della CO2 dai gas di scarico è quello della post-combustione. L’anidride carbonica viene isolata, compressa e stoccata in apposite cisterne. Attraverso il trasporto su gomma, via mare o gasdotto, la CO2 viene poi stoccata definitivamente in appositi siti. Leggi tutto “Presto obbligatori i siti di stoccaggio di CO2 in Europa?”

Il fiume che creò una montagna

Non sempre l’erosione comporta l’abbassamento di una montagna. È quanto sostiene un gruppo di ricercatori, che ha da poco studiato un particolare caso in cui un fiume non ha scavato, ma creato una montagna: un chiaro esempio di come la combinazione di clima, movimenti tettonici ed erosione possa portare a risultati a dir poco sorprendenti e controintuitivi.

Il fiume Yarlung Tsangpo ha scavato una profonda gola nel massiccio Namche Barwa-GyalaIl fiume Yarlung Tsangpo scorre attraverso le montagne dell’Himalaya in Tibet ed è uno dei fiumi più alti e impervi del mondo. Durante il suo lungo corso, oltre 1.700 km, il fiume percorre un dislivello di circa 3000 metri portando con sé, nella sua rapida corsa, terra e detriti. In prossimità del massiccio Namche Barwa-Gyala, il fiume percorre una gola profonda 5.000 metri, scavata dalle sue acque nel corso dei millenni. E proprio in questo punto altamente scenografico, i ricercatori sono giunti a una scoperta curiosa quanto inaspettata.

Movimento della placca indiana verso il continente asiaticoMentre la maggior parte delle cime dell’Himalaya lungo il corso del fiume Yarlung Tsangpo sono cresciute in maniera uniforme nel corso degli ultimi 50 milioni di anni, il massiccio di Namche Barwa-Gyala è cresciuto dieci volte più rapidamente. Alcune sue vette hanno già raggiunto i 7700 metri di altezza in meno di due milioni di anni, secondo le rilevazioni del gruppo di ricercatori che ha pubblicato la singolare scoperta sulla rivista scientifica GSA Bulletin della Geological Society of America.
Il singolare fenomeno, che i geologi hanno classificato come “aneurisma tettonico”, è avvenuto poiché nel suo rapido fluire il fiume Yarlung Tsangpo ha scavato ed eroso un consistente “spicchio” di un quadrante della placca indiana. Questo fenomeno di alleggerimento ha consentito a una piccola parte della placca di sollevarsi con maggiore rapidità rispetto alle altre sue aree, spingendo sempre più in alto le vette del massiccio Namche Barwa-Gyala.

Rappresentazione grafica dell’interno della Terra [credit: Wikipedia]Il geologo Noah Finnegan della Cornell University (USA), che ha coordinato la ricerca, non ha dubbi: «C’è un’evidenza inconfutabile che l’erosione abbia consentito alla montagna di crescere». Lo studio consolida le teorie secondo cui l’erosione rivesta un ruolo molto importante nelle dinamiche geologiche che interessano la crosta terrestre. L’Himalaya si conferma, ancora una volta, un’area cardine per lo studio e l’approfondimento delle dinamiche geofisiche del nostro irrequieto e al tempo stesso magnifico Pianeta. [fonte principale: Science]

Tempi duri per i pinguini d’Antartide

Grazie alla loro goffa camminata e ai numerosi film di animazione a loro dedicati, i pinguini hanno fatto breccia nel cuore di milioni di persone instaurando una penguin-mania a livello planetario. Per queste star del regno animale non giungono, però, notizie incoraggianti dal recente rapporto Antarctic Penguins and Climate Change stilato dagli esperti del WWF.

Pinguino di Adelia [credit: wam.umd.edu]La ricerca dimostra chiaramente come le quattro principali popolazioni di pinguini che vivono sul continente antartico (Adelia, Imperatore, Pygoscelis antarcticus, Pygoscelis papua) siano sempre più a rischio. Le cause sarebbero da imputare al progressivo surriscaldamento globale, che starebbe riducendo sensibilmente gli spazi in cui i pinguini possono crescere i loro piccoli e le quantità di cibo per sfamare le numerose colonie di questi ovipari.
«Queste icone dell’Antartide dovranno fronteggiare una vera e propria battaglia senza precedenti per riuscire ad adattarsi ai cambiamenti climatici» ha dichiarato Anna Reynolds, responsabile del Global Climate Change del WWF.

[credit: wizardknot.com]La sola Penisola antartica si sta scaldando a una velocità cinque volte superiore rispetto al dato globale dell’innalzamento di temperatura. Buona parte dell’area meridionale dell’Oceano avrebbe subito la medesima sorte, riscaldandosi fino a una profondità di circa 3.000 metri.
I ghiacci originati dal mare ricoprono oggi il 40% in meno del territorio ricoperto appena 26 anni fa nella zona occidentale della Penisola antartica. Questo depauperamento delle riserve di ghiaccio ha ridotto sensibilmente la quantità di krill, la principale fonte di sostentamento per i pinguini che abitano sulla Penisola. Le colonie di Pygoscelis antarcticus hanno così subito numerosi sconvolgimenti e una progressiva diminuzione della popolazione che sarebbe ormai dimezzata. Una vera e propria tragedia, causata dalla scarsità di cibo che impedisce agli esemplari più giovani di sopravvivere.

La Penisola antartica è una delle zone del Pianeta che si sta riscaldano più rapidamente [credit: eagle1.american.edu]Le colonie della specie Imperatore starebbero conoscendo un destino simile, causato dagli inverni sempre più caldi e dai venti sempre più forti, che obbligano i pinguini a crescere i loro piccoli in uno spazio in costante diminuzione. Intere placche di ghiaccio sprofondano nel mare, affondando le uova nei periodi di cova e i piccoli, che difficilmente riescono a sopravvivere alla violenza delle acque.
Temperature meno rigide significa anche maggiore umidità nell’atmosfera, che comporta quindi nevicate più frequenti e violente a danno della specie Adelia, che necessita di aree prive di ghiaccio e neve per crescere i propri piccoli.

Il rapporto del WWF disegna una situazione sempre più insostenibile per le popolazioni di animali che abitano l’Antartide, uno dei primi continenti a subire in maniera significativa gli effetti del surriscaldamento globale. Alla luce di queste notizie, la scarsa determinazione dimostrata da molti paesi nella recente conferenza di Bali sul clima getta ulteriore amarezza e inquietudine per un Pianeta quasi alla deriva.